Beppe Andreis, 86 anni, ci ha lasciati nella sua Piossasco, di cui fu giovanissimo sindaco tra il 1963 e il 1970. Silenziosamente, com’è era il suo stile di vita. Sobrio, gentile, saggio e riservato, ma profondo e intenso nella sua analisi, nel suo impegno, nel suo comportamento e nella sua coerente e permanente militanza sociale, politica e culturale. Beppe è stato tante cose nella sua vita. Innanzitutto un grande lavoratore. Nella sua Sinio, nelle Langhe dove è stato viticoltore e coltivava nocciole di prestigio. Le sue mani ruvide e callose lo confermavano, senza tanti giri di parole, cosa faceva nella vita. Ma il curriculum di Beppe e la sua popolarità tra la gente comune affondano le radici nel cattolicesimo sociale e popolare. Dirigente per lunghi delle ACLI a livello locale e regionale e nazionale dopo la formazione politica e culturale nell’associazionismo cattolico, Beppe aveva sempre saputo dimostrare – concretamente e con il suo atteggiamento mite e aperto al dialogo e al confronto ma fermo nelle sue convinzioni profonde – di come si può essere un dirigente del mondo associativo e del mondo politico senza mai perdere il contatto con la base, con la realtà, con le condizioni concrete che vivono tutti i giorni gli uomini e le donne. Beppe fu il segretario amministrativo nazionale delle ACLI durante la grande e qualificata presidenza di Giovanni Bianchi.
E anche in quella occasione dimostrò in modo tangibile, attraverso la sua proverbiale saggezza e ricca umanità, come si può essere fedele all’Associazione aclista e al messaggio della Chiesa.
E poi c’è l’impegno politico diretto e militante. Beppe diventa segretario regionale del Partito Popolare Italiano su richiesta di Franco Marini e con la condivisione di tutta la nostra comunità politica piemontese. Erano gli anni della “diaspora” Popolare con la spaccatura del PPI tra Franco Marini e Gerardo Bianco da un lato e Rocco Buttiglione dall’altro. Una stagione politica decisiva per il PPI e per la costruzione dell’Ulivo. Beppe alla segreteria regionale e il sottoscritto a quella provinciale di Torino. E anche in quegli anni la saggezza, la buona educazione, il rispetto delle persone e la disponibilità al dialogo e all’incontro avevano sempre il sopravvento su qualunque altra considerazione. E sempre di comune accordo con i nostri amici più autorevoli, Guido Bodrato e Gianfranco Morgando.
E Beppe è rimasto così, anche con l’età che avanzava e gli impegni diretti che inesorabilmente si riducevano. E questo perché Beppe non è mai cambiato nella sua vita, anche se sapeva percepire le trasformazioni che attraversavano la società. Un uomo fedele alla sua Chiesa, rispettoso del suo messaggio e del suo insegnamento; un laico cristiano fortemente impegnato nella società, nell’associazionismo e nella politica di ispirazione cristiana. Verrebbe quasi da dire un “uomo di altri tempi”. No, Beppe era un uomo moderno perché era un contemporaneo.
Per questo noi cattolici popolari e sociali lo ricordiamo. Beppe era, semplicemente e senza presunzione alcuna, un punto di riferimento per tutti noi. Per la sua intelligenza, per la sua saggezza e, soprattutto, per la sua intensa e profonda coerenza.
E anche in quella occasione dimostrò in modo tangibile, attraverso la sua proverbiale saggezza e ricca umanità, come si può essere fedele all’Associazione aclista e al messaggio della Chiesa.
E poi c’è l’impegno politico diretto e militante. Beppe diventa segretario regionale del Partito Popolare Italiano su richiesta di Franco Marini e con la condivisione di tutta la nostra comunità politica piemontese. Erano gli anni della “diaspora” Popolare con la spaccatura del PPI tra Franco Marini e Gerardo Bianco da un lato e Rocco Buttiglione dall’altro. Una stagione politica decisiva per il PPI e per la costruzione dell’Ulivo. Beppe alla segreteria regionale e il sottoscritto a quella provinciale di Torino. E anche in quegli anni la saggezza, la buona educazione, il rispetto delle persone e la disponibilità al dialogo e all’incontro avevano sempre il sopravvento su qualunque altra considerazione. E sempre di comune accordo con i nostri amici più autorevoli, Guido Bodrato e Gianfranco Morgando.
E Beppe è rimasto così, anche con l’età che avanzava e gli impegni diretti che inesorabilmente si riducevano. E questo perché Beppe non è mai cambiato nella sua vita, anche se sapeva percepire le trasformazioni che attraversavano la società. Un uomo fedele alla sua Chiesa, rispettoso del suo messaggio e del suo insegnamento; un laico cristiano fortemente impegnato nella società, nell’associazionismo e nella politica di ispirazione cristiana. Verrebbe quasi da dire un “uomo di altri tempi”. No, Beppe era un uomo moderno perché era un contemporaneo.
Per questo noi cattolici popolari e sociali lo ricordiamo. Beppe era, semplicemente e senza presunzione alcuna, un punto di riferimento per tutti noi. Per la sua intelligenza, per la sua saggezza e, soprattutto, per la sua intensa e profonda coerenza.
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