La doppia verità dei liberal



AMERICANA di Beppe Mila    9 Dicembre 2021       4

La storia dovrebbe essere maestra di vita ma sempre più spesso e sempre più in molti campi si è costretti invece a dire che la storia non insegna nulla. Il guaio è che questa affermazione ormai viene considerata come normale, senza tener presente che il pendolo della storia non è mai fermo e quello che oggi ci sembra la normalità prima o poi verrà stravolto ed ogni volta che questo accade si pagano delle conseguenze, quasi sempre gravi.

Oggi negli USA e nel mondo occidentale in generale, ma in quello anglosassone in modo particolare, stanno prendendo piede comportamenti e giudizi in campo sociale e razziale che un osservatore un minimo attento non può non considerarli pericolosi, gli esempi sono molteplici ma limitiamoci a tre episodi che hanno toccato l’opinione pubblica.

Primo fatto.

Tutti ricordiamo che l’estate e l’autunno 2020 videro l’esplosione planetaria delle proteste di Black Lives Matter per l’uccisione di George Floyd. Per una analisi lucida occorre tener presente che questo giovane afroamericano ha avuto una morte atroce e ingiusta, mai sufficientemente deprecata, ma che lo stesso in ogni caso aveva dei precedenti penali.

Secondo fatto.

Poche settimane fa si è commentata l’assoluzione del giovane ragazzo bianco di Kenosha che spaventato dai manifestanti di Black Lives Matter ha sparato e ucciso due bianchi. Ora si può discernere se sia giusto affidare la difesa di una proprietà privata a un civile membro di una milizia locale, ma sta di fatto che comunque egli era in quel posto perché poteva starci, ma giustamente qualche domanda è opportuno farla sulla sua presenza armato.

Terzo fatto.

La scorsa settimana mentre rientrava a casa, un giovane italiano di soli 30 anni, Davide Giri è stato brutalmente ucciso da un membro di una gang a New York a poche centinaia di metri dal campus universitario in cui risiedeva.

Chi era Davide Giri? Lo si potrebbe definire per davvero, senza ombra di smentita, un giovane uomo che incarnava “la meglio gioventù” italiana. Davide era originario di Alba, nel Cuneese, dove era molto conosciuto per le attività di volontariato svolte con la parrocchia di Santa Margherita a Mussotto (frazione di Alba). Aveva studiato ingegneria al Politecnico di Torino, dove si era laureato con il massimo dei voti, conseguito due master in Ingegneria elettronica presso Università straniere e attualmente stava frequentando la Columbia University di New York per un dottorato in ingegneria e scienze applicate. Si potrebbe aggiungere, visto che “Rinascita popolare” affonda le sue radici nel cattolicesimo sociale, che Davide era uno di noi.

Chi è il suo assassino? Vincent Pinkney, un afroamericano 25enne residente a Washington Heights, un’area di Harlem. La polizia lo ha riconosciuto come un membro di EBK, acronimo di Everybody Killas («uccidiamo tutti»), una gang la cui base operativa è nel quartiere di Queens. EBK è nata da altre bande criminali con le quali mantiene stretti rapporti: i Bloods, i Crips, i Nightingale e come quasi tutte si finanzia con i proventi della droga. Pinkney è stato arrestato 11 volte dal 2012 per gravi reati e nel 2018 è stato condannato a quattro anni di carcere per aver partecipato a una feroce aggressione in gruppo. Ma è stato liberato dopo solo due anni, libertà concessa probabilmente nel solco della politica molto tollerante e permissiva del sindaco Bill De Blasio che ha ribaltato di 90 gradi la politica di tolleranza zero instaurata da Rudolph Giuliani e mantenuta in modo più soft dal precedente sindaco Michael Bloomberg.

Ora due cose vanno dette e soprattutto se ne deve prendere atto.

A livello mondiale se le parti fossero invertite vi sarebbe stata una nuova ondata di proteste per il razzismo verso le persone di colore. Per Davide nessuno si è inginocchiato, e la sua uccisione è già stata archiviata.

La cosa peggiore e che spaventa, però è che il “New York Times”, giornale di riferimento per la città (e anche per il Paese), il grande giornale liberal, portatore di tante battaglie e conosciuto per tante inchieste ben fatte da parte dei suoi giornalisti, ha relegato questa notizia a poche righe interne e con informazioni lacunose, specie sull’omicida. In pochi lo hanno notato e hanno avuto da ridire.

Perché su Pinkney i lettori del “New York Times” non sanno nulla, a parte l’età e il cognome?

Questa domanda la si è posta Federico Rampini, ora giornalista del “Corriere” dopo anni a “Repubblica”, che in un lungo articolo analizza la situazione. Rampini risiede negli USA ed è un profondo conoscitore di quel Paese.

L’interesse del quotidiano, e il vigore investigativo messo in campo – afferma Rampini – sarebbero stati diversi se le parti fossero state rovesciate. Se cioè la vittima fosse stata afroamericana e l’omicida un bianco; a maggior ragione se quel bianco fosse stato un membro di qualche organizzazione che predica e pratica la violenza, per esempio una milizia di destra. La tragedia sarebbe finita in prima pagina, un team di reporter sarebbe stato mobilitato per indagare l’ambiente dell’omicida, la sua storia e le sue motivazioni, secondo un copione visto tante volte.

Il “New York Times” – continua Rampini – ha scelto una reticenza che sconfina nell’autocensura, coerente con la linea editoriale degli ultimi anni. I canoni del giornalismo americano sono stati stravolti, in particolare durante gli anni di Donald Trump, quando nelle redazioni dei media progressisti è diventato un vanto praticare il “giornalismo resistenziale”. La ricerca di equilibrio o imparzialità è stata considerata una debolezza: il fine giustifica i mezzi.

In aggiunta il “New York Times” è il promotore di un’iniziativa, The 1619 Project, che riscrive l’intera storia americana come una derivazione dello schiavismo che condizionerebbe ancora oggi ogni istituzione compresa la scuola.

Poche voci all’interno della redazione dissentono e hanno il coraggio di opporvisi, nonostante ricordino che ogni volta che vi sono state derive a sinistra, poi la destra ha avuto un riscatto proporzionale e superiore. Una prima avvisaglia la si è già avuta con l’elezione a sindaco di New York di un ex capitano di polizia (per chi vuol saperne di più può rileggere l’articolo La rivincita delle divise blu).

Tornando all’inizio di questo articolo sarebbe bene prender atto che movimenti culturali, di pensiero o di denuncia come Metoo, Cancel Culture e The 1619 Project, seppur nati con intenti lodevoli, oggi contribuiscono a formare quella galassia nota come cultura Woke.

La cultura Woke, sintetizzando, è un atteggiamento di dogmatismo intollerante e censorio, verso chi non la pensa secondo i canoni del politicamente corretto.

In senso letterale Woke, significa “sveglio” e sta a significare di “stare all'erta” e “stare svegli” nei confronti di presunte ingiustizie sociali o razziali. Non è argomento da dibattere in poche righe; al momento, per rendere più facile comprenderne le fughe in avanti, è la cultura da cui poi sono derivate le distruzioni delle statue dei generali sudisti, l’imbrattamento di vernice rossa al monumento di Cristoforo Colombo, l’eliminazione della definizione ragazza o ragazzo sostituti con ragazz*, e tante altre cose.

Guardare con maggior attenzione alla cultura Woke, prima che il pendolo della storia cambi direzione, sarebbe cosa buona e saggia.


4 Commenti

  1. Egr. B. Mila,
    che dire della cosiddetta cultura politicamente corretta e degli esempi da Lei ricordati? Purtroppo questa è la cultura che sembra prevalere ovunque, anche qui da noi ed è la cultura generata e serva dell’ideologia. Tutte le ideologie sono ingannevoli e mortali, siano rosse, nere, verdi, gialle e multicolor. Esse sollevano l’ideologizzato dalla fatica di pensare e riflettere ed offrono soluzioni pre-preparate per ogni problema e di ogni tipo e compattano ampi gruppi di persone incolte, disponibili alla violenza, all’intolleranza e alla sopraffazione. Che dire? Resistere anche se ciò costa: pensi alle ghettizzazioni e alle perdite del posto di lavoro, già documentate. Resistere anche se in minoranza. Infatti da sempre le nuove generazioni mettono in discussione quelle precedenti, ma sul terreno da loro scelto. Quindi via i Simboli della generazioni passate per cancellarne la Memoria ed abolire la Tradizione.
    Mala tempora currunt!

  2. Non sono di certo un complottista (anche se i complotti esistono… Giulio Cesare non si tagliò mentre affettava il prosciutto, guardiamoci dal complottismo degli anticomplottisti di professione) ma mi chiedo se esista un disegno, un progetto politico dietro questi fenomeni. Frammenti del nuovo ordine mondiale di cui ogni tanto si favoleggia? Non è un caso che si tenti addirittura di superare valori e principi che affondano le loro radici nell’ordine naturale promuovendo una sorta di sovversione antropologica. Si tratta di fenomeni , si dice, tipicamente americani modellati su schemi mentali neopuritani capaci di innescare una caccia alle streghe, distopie maccartiste alla rovescia… In Italia abbiamo altre e più solide radici: siamo neoaristotelici, tomisti, illuministi (l’illuminismo milanese dei Verri, di Beccaria, di Manzoni), non vi è contraddizione vera fra fede e ragione (il card. Ratzinger elaborò analisi folgoranti al riguardo); tuttavia anche a casa nostra nei territori desolati e ignoranti dei social questa mentalità si sta aprendo una strada, occorre essere vigili: Woke contro i woke! Non dimentichiamo che qualche mano sacrilega imbrattò la statua dedicata a Montanelli, uomo felicemente controverso e felicemente libero.

  3. Beh, davvero credo che non passa iniziare questa risposta se non con l’avvertimento” Woke contro i woke”. Sembra a un giro di parole ma in realtà racchiude tutta questa problematica che purtroppo ci accompagnerà ancora per un bel po’. Grazie quindi ad Andrea Griseri e grazie anche a Santo Bressani Doldi per il suo invito a resistere “sempre” che condivido appieno. Detto questo mi fa piacere (non per narcisismo ma perchè sinora questo aspetto a mio avviso è stato preso sotto gamba) che inizi ad esserci attenzione verso le storture sempre più macroscopiche del politicamente corretto che ormai entrano di prepotenza nell’economia e soprattutto nel “green”. Bella parola, nata con propositi lodevoli ma che giorno dopo giorno propone sempre più soluzioni suicide e colpevolizzanti per il cosiddetto primo mondo. Vorrei ora dire qualcosa fuori dalle righe, sperando di non far sobbalzare la redazione. Mi assumo in toto sillaba per sillaba la responsabilità di quel che segue. E’ ovvio che questo sia un sito già di un certo livello e le radici di Rinascita che affondano nel popolarismo, sono gran belle radici. Pertanto chi ne fa parte o comunque guarda a questa pagina se non con simpatia almeno senza pregiudizi è una persona che ha un senso civico e un modo di pensare un p0′ diverso dalla massa generale pronta a seguire il mito e la moda del momento anche se questa dura il tempo di un tweet. Però seguendo forsennatamente l’ultimo flash sul video, si perdono le capacità cognitive… che è esattamente quello che il potere, qualsiasi potere, rosso, nero, tecnocratico, green vuole. Aggiungo: io penso che una persona nata in Italia, con istruzione media, impiego medio, etc. per principio dovrebbe esser una persona che a prescindere, nel suo animo porta dei valori cattolici e sociali, si badi bene, per me i valori cattolici non sono certo quelli delle gerarchie cattoliche, che specie ad alto livello oggi mi sembra siano impegnate in una corsa al pauperismo. Concludendo ritengo che, anche se non siamo una marea, Rinascita popolare ed il mondo da cui deriva e l’ambiente che vi ruota intorno rappresentano per davvero oggi una preziosa fonte di acqua non ancora contaminata.

  4. Ritorno su questo argomento perchè ritengo utile far notare quanto danno ha già fatto la cultura “woke” anche da noi. Un danno passato sotto silenzio totale.
    Nel famoso piano di PNRR sono destinati all’identità di genere 15 ml di euro ed alla sanità (la sanità vera, ovvero medici, ospedali, farmaci, etc.) sol 7 ml. Vi pare che oggi in Italia vi sia una emergenza di identità di genere tale da giustificare il doppio della spesa per la sanità? O forse sono io che non capisco perchè manchino posti letto, perchè le liste di attesa si misurano in anni, e cos’ via . Bene, tutto questo non ha avuto una sola parola di protesta da qualsiasi parte politica, dx, sx o centro. Anzi anche lo stimatissimo presidente Mattarella non ha detto nulla sugli esigui fondi per la sanità. Lo so che non elogiare Mattarella sembra quasi una bestemmia, però occorre sempre tener presente le parole di un altro grande figlio del Mediterraneo di qualche tempo fa, Pitagora. Egli diceva: i numeri misurano la realtà e permettono di comprenderne il significato. Grande realtà purtroppo.

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