Che l’elezione del Presidente della Repubblica rappresenti, da sempre, una tappa politica importante ma anche ricca e gustosa di retroscena è ormai un dato di fatto. Ogni giorno che si avvicina al voto in Parlamento da parte dei “grandi elettori” si produce una novità, ci sono cose da raccontare inesplorate e sconosciute sino al giorno prima, tranelli da consumare, vendette da pianificare, rancori mai sopiti e, soprattutto, un esercito di franchi tiratori che muta continuamente. O meglio, i franchi tiratori ci sono sempre stati ma cambiano rapidamente perché il tutto è sempre e solo funzionale ai propri interessi. Politici, elettorali e personali.
Certo, quando c’era ancora la politica – cioè prima dell’avvento del populismo dei 5 stelle – i franchi tiratori, è paradossale dirlo ma è così, rispondevano anche a strategie politiche e di prospettiva politica. Con il decollo dell’”uno vale uno” e con un Parlamento composto da moltissime persone che puntano deliberatamente, se non quasi esclusivamente, allo stipendio di fine mese, è molto difficile prevedere qualsiasi epilogo. Certo, ogni elezione fa capo a sè ed è persin inutile ripercorrerle una ad una talmente sono note e conosciute. A cominciare dall’ultima, quella che ha portato alla rielezione di Giorgio Napolitano e poi alla scelta, saggia e responsabile, di Sergio Mattarella. Ma gli incidenti studiati, pianificati e progettati su Franco Marini prima e su Romano Prodi poi, rimarranno scolpiti nel malcostume della politica italiana. Uno squallore, che è nato all’interno del Pd e della sinistra italiana dell’epoca e di chi la dirigeva e che, da quel momento, ha quasi certificato uno squallore comportamentale da cui difficilmente si può tornare indietro.
Ma, per fermarsi all’oggi, quello che continua misteriosamente a mancare quando si discetta sul futuro Capo dello Stato è il “profilo” del candidato. Quando si dice profilo non si intende solo il grado di studio, le pubblicazioni fatte, la partecipazione ai dibattiti o la presenza nei salotti potenti e influenti della Capitale. No, il profilo del candidato al Quirinale riguarda una somma di elementi che si intrecciano l’un l’altro e che alla fine tratteggiano una personalità che tranquillizza gli italiani, che qualifica il nostro paese sulla scena internazionale e che, soprattutto, non è attaccabile sotto il profilo della credibilità personale. Pur senza moralismi e senza alcuna deriva giustizialista di stampo grillino.
Ecco, sotto questo aspetto il dibattito langue. È sostanzialmente vago. Si punta, semmai, sulla “divisività” di quel candidato, sulla eccessiva partigianeria di quello o sull’incapacità di poter rappresentare realmente il popolo italiano dall’altro ancora. Per carità, tutti temi importanti e di non secondaria importanza per un Capo dello Stato. Ma è indubbio che se il profilo del candidato è serio, qualificato, fedele da sempre ai principi e ai valori della Carta Costituzionale e politicamente non sprovveduto, difficilmente può essere messo in discussione. Per questo semplice motivo l’auspicio è che, d’ora in poi, accanto alla conta dei potenziali franchi tiratori e al tornaconto personale e politico di molti grandi elettori, ci si può concentrare prevalentemente, se non quasi esclusivamente, sul “profilo” e sulla “natura” dei vari candidati. Sarebbe, questo, l’unico modo anche per qualificare e nobilitare questo passaggio pur sempre decisivo ed importante della nostra storia politica e repubblicana.
Certo, quando c’era ancora la politica – cioè prima dell’avvento del populismo dei 5 stelle – i franchi tiratori, è paradossale dirlo ma è così, rispondevano anche a strategie politiche e di prospettiva politica. Con il decollo dell’”uno vale uno” e con un Parlamento composto da moltissime persone che puntano deliberatamente, se non quasi esclusivamente, allo stipendio di fine mese, è molto difficile prevedere qualsiasi epilogo. Certo, ogni elezione fa capo a sè ed è persin inutile ripercorrerle una ad una talmente sono note e conosciute. A cominciare dall’ultima, quella che ha portato alla rielezione di Giorgio Napolitano e poi alla scelta, saggia e responsabile, di Sergio Mattarella. Ma gli incidenti studiati, pianificati e progettati su Franco Marini prima e su Romano Prodi poi, rimarranno scolpiti nel malcostume della politica italiana. Uno squallore, che è nato all’interno del Pd e della sinistra italiana dell’epoca e di chi la dirigeva e che, da quel momento, ha quasi certificato uno squallore comportamentale da cui difficilmente si può tornare indietro.
Ma, per fermarsi all’oggi, quello che continua misteriosamente a mancare quando si discetta sul futuro Capo dello Stato è il “profilo” del candidato. Quando si dice profilo non si intende solo il grado di studio, le pubblicazioni fatte, la partecipazione ai dibattiti o la presenza nei salotti potenti e influenti della Capitale. No, il profilo del candidato al Quirinale riguarda una somma di elementi che si intrecciano l’un l’altro e che alla fine tratteggiano una personalità che tranquillizza gli italiani, che qualifica il nostro paese sulla scena internazionale e che, soprattutto, non è attaccabile sotto il profilo della credibilità personale. Pur senza moralismi e senza alcuna deriva giustizialista di stampo grillino.
Ecco, sotto questo aspetto il dibattito langue. È sostanzialmente vago. Si punta, semmai, sulla “divisività” di quel candidato, sulla eccessiva partigianeria di quello o sull’incapacità di poter rappresentare realmente il popolo italiano dall’altro ancora. Per carità, tutti temi importanti e di non secondaria importanza per un Capo dello Stato. Ma è indubbio che se il profilo del candidato è serio, qualificato, fedele da sempre ai principi e ai valori della Carta Costituzionale e politicamente non sprovveduto, difficilmente può essere messo in discussione. Per questo semplice motivo l’auspicio è che, d’ora in poi, accanto alla conta dei potenziali franchi tiratori e al tornaconto personale e politico di molti grandi elettori, ci si può concentrare prevalentemente, se non quasi esclusivamente, sul “profilo” e sulla “natura” dei vari candidati. Sarebbe, questo, l’unico modo anche per qualificare e nobilitare questo passaggio pur sempre decisivo ed importante della nostra storia politica e repubblicana.
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