In una bella intervista pubblicata su “La Stampa” alla nostra amica Rosy Bindi in merito a una sua possibile candidatura al Quirinale, il titolo recitava così: “Non sarò candidata perché i partiti non mi vogliono”. Ecco, come capitava un tempo quando il giornalismo non era solo una clava per demolire e distruggere le persone, con questo titolo si è riassunto il pensiero della nostra amica Rosy in merito alla discussione, sempre più complessa e articolata, sulla futura elezione del Presidente della Repubblica. Perché è proprio in quelle parole che si racchiude la partita del Quirinale. Ovvero, un candidato che sia sì votato dal Palazzo, cioè dai partiti, ma che sia anche e soprattutto una figura ben vista e ben accettata dalla pubblica opinione italiana. Anche se è sempre difficile e arduo misurare i sondaggi al riguardo… E questo anche per evitare quel malcostume e squallore a cui abbiamo assistito nel 2013 dove, tra franchi tiratori – mascalzoni abituali nella politica italiana – e richiesta di novità invocata dai populisti del momento, fu orchestrata una operazione di raro decadimento etico, politico, culturale e soprattutto istituzionale.
Ora, per far sì che questo squallore non si ripeta – anche se ci sono tutte le condizioni ambientali che riaccada vista la folta presenza in Parlamento di populisti e di protagonisti in cerca d’autore, cioè eletti senza un lavoro e soprattutto senza uno stipendio lauto come quello del parlamentare – occorre mettere in campo una proposta che sappia legare il più possibile le istanze, dettate più da ragioni economiche che non politiche, che provengono dai cosiddetti “grandi elettori” alle attese che salgono dalla società nel suo complesso. Certamente, però, il massiccio e crescente astensionismo elettorale da parte dei cittadini – anche e soprattutto alle elezioni amministrative dove si vota per l’ente più vicino al cittadino – non è una notizia di buon auspicio.
Tuttavia, se non vogliamo che si riaffacci il panorama infausto della scorsa elezione, il segreto consiste nel tradurre tutto ciò in una iniziativa politica chiara e trasparente. Certo, in contesti come quello contemporaneo caratterizzato da una straripante mediocrità della classe dirigente come ci ricordava sempre in una recente bella intervista Ciriaco De Mita, “la politica dovrebbe di norma essere accompagnata da personalità politiche”. Ma essendo questo elemento particolarmente carente, soprattutto nell’attuale fase storica, si rende sempre più indispensabile evitare che con questa importante elezione si contribuisca ad accrescere il distacco tra il cosiddetto “Paese legale” e il “Paese reale”, come si diceva un tempo. Perché, rispetto ad altri momenti storici, la scelta del futuro Presidente della Repubblica coincide con una fase drammatica per il nostro Paese ancora attraversato e caratterizzato, purtroppo, da una persistente pandemia che ha accresciuto le povertà, le disuguaglianze sociali e la disoccupazione, giovanile e non.
Per questi motivi, oggi più che mai, è utile mettere in campo intelligenza politica, coraggio, senso dello Stato e responsabilità istituzionale. Per evitare proprio quello che Rosy Bindi denunciava. E cioè, il “Palazzo” da un lato e il “popolo” dall’altro. Sergio Mattarella, nel suo ricco e fecondo mandato, ha saputo conciliare questi due mondi. E in questo consiste la sua grande, straordinaria esperienza come Presidente della Repubblica.
Ora, per far sì che questo squallore non si ripeta – anche se ci sono tutte le condizioni ambientali che riaccada vista la folta presenza in Parlamento di populisti e di protagonisti in cerca d’autore, cioè eletti senza un lavoro e soprattutto senza uno stipendio lauto come quello del parlamentare – occorre mettere in campo una proposta che sappia legare il più possibile le istanze, dettate più da ragioni economiche che non politiche, che provengono dai cosiddetti “grandi elettori” alle attese che salgono dalla società nel suo complesso. Certamente, però, il massiccio e crescente astensionismo elettorale da parte dei cittadini – anche e soprattutto alle elezioni amministrative dove si vota per l’ente più vicino al cittadino – non è una notizia di buon auspicio.
Tuttavia, se non vogliamo che si riaffacci il panorama infausto della scorsa elezione, il segreto consiste nel tradurre tutto ciò in una iniziativa politica chiara e trasparente. Certo, in contesti come quello contemporaneo caratterizzato da una straripante mediocrità della classe dirigente come ci ricordava sempre in una recente bella intervista Ciriaco De Mita, “la politica dovrebbe di norma essere accompagnata da personalità politiche”. Ma essendo questo elemento particolarmente carente, soprattutto nell’attuale fase storica, si rende sempre più indispensabile evitare che con questa importante elezione si contribuisca ad accrescere il distacco tra il cosiddetto “Paese legale” e il “Paese reale”, come si diceva un tempo. Perché, rispetto ad altri momenti storici, la scelta del futuro Presidente della Repubblica coincide con una fase drammatica per il nostro Paese ancora attraversato e caratterizzato, purtroppo, da una persistente pandemia che ha accresciuto le povertà, le disuguaglianze sociali e la disoccupazione, giovanile e non.
Per questi motivi, oggi più che mai, è utile mettere in campo intelligenza politica, coraggio, senso dello Stato e responsabilità istituzionale. Per evitare proprio quello che Rosy Bindi denunciava. E cioè, il “Palazzo” da un lato e il “popolo” dall’altro. Sergio Mattarella, nel suo ricco e fecondo mandato, ha saputo conciliare questi due mondi. E in questo consiste la sua grande, straordinaria esperienza come Presidente della Repubblica.
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