Parabola e attualità di “Rinascita popolare”



Giuseppe Davicino    17 Novembre 2021       1

L’elezione del nuovo presidente dell’Associazione Popolari, avvenuta a Torino lo scorso 13 novembre, è stata per me anche un’occasione per riflettere sulla straordinaria attualità della funzione della testata, “Rinascita popolare”, dalla quale credo si possa dire che l’Associazione sia sorta. La storia della rivista dei Popolari del Piemonte si intreccia con le vicende politiche del Paese che sono avvenute dopo la fine della Democrazia cristiana. Nei mesi concitati della transizione dalla DC al Partito popolare di Martinazzoli, a cavallo tra il 1993-94, il gruppo dirigente che intendeva traghettare nel PPI quei settori del cattolicesimo democratico e sociale che vedevano le insidie del bipolarimo e del maggioritario, ma anche l’impraticabilità di alleanze a destra, ebbe l’intuizione di dare vita a un luogo di dibattito e di confronto di idee di questa nostra area politica e culturale.

Nei 27 anni della sua storia, sulle colonne di “Rinascita popolare” sono stati dibattuti tutti gli snodi fondamentali della politica. Dalla scelta, lacerante per molti amici, nel 1995 fra Gerardo Bianco e Rocco Buttiglione, al percorso di costruzione dell’alleanza di centrosinistra dell’Ulivo prodiano. A cui seguì all’inizio di questo secolo il confronto fra l’anima più identitaria che riteneva preferibile la prosecuzione dell’esperienza del PPI e quella invece più propensa a confluire nella Margherita di Rutelli, poi a sua volta sfociata nel Partito Democratico.

Solo in questa fase subentra l’Associazione Popolari con il preciso scopo di mantenere viva l’identità cattolico-democratica e popolare, venendo meno un partito che a questa identità faceva esplicito riferimento. Anche in questa mutata situazione “Rinascita popolare” si rivela uno strumento adeguato per nuove sfide. Sulle sue colonne si confrontano i critici e i favorevoli alla “cura Monti”, all’applicazione dell’austerità, alla “riforma” Del Rio delle Province, e alle conseguenze politiche che tale ricetta sembra aver prodotto, il rafforzamento dei populismi e dei sovranismi secondo gli uni, l'aver evitato una possibile deriva, secondo gli altri.

Ma è, a mio avviso, nel 2016 che il dibattito su Rinascita Popolare raggiunge un’intensità e una fecondità particolarmente elevate in occasione del referendum costituzionale di Renzi. Amici che si trovavano da anni fianco a fianco in comuni obiettivi politici, si ritrovarono di colpo profondamente divisi sulla valutazione di ciò che stava accadendo. Per i sostenitori della riforma si trattava di uno strumento indispensabile per rendere più moderno ed efficiente il sistema, per i suoi critici si trattava invece di un mirato attacco ai cardini della Costituzione. Una tale diversità di giudizio non solo non ha impedito di proseguire il dibattito negli anni successivi, e di riflesso di svolgere la vita associativa dentro l’Associazione Popolari, ma ha contribuito a renderlo più autentico, facendo diventare, a mio parere, “Rinascita popolare” una rivista di area politica originale e in controtendenza rispetto a un progressivo venir meno dei differenti punti i vista e alla tendenza che si è imposta nel dibattito pubblico e sui media, a presentare le questioni cruciali di questo nostro tempo a senso unico, escludendo o addirittura creando un pregiudizio verso coloro che esprimono e argomentano valutazioni diverse.

Credo che questa caratteristica, dell’abitudine al dialogo e al confronto, renda più di altre assai attuale “Rinascita popolare” in questa nuova fase in cui i giudizi differenti su quanto sta accadendo, sui cambiamenti istituzionali “materiali”, sui cambiamenti del modello sociale, sulla cronica criticità del sistema economico-finanziario, sulla funzione delle nuove tecnologie, si riferiscono alla stessa tenuta del sistema, alla sua compatibilità con la Costituzione e con il quadro definito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come garanzia dal pericolo di riemersione di nuove forme di totalitarismo.

Una delle critiche più ricorrenti a Renzi, all’epoca del suo trionfo e della sua caduta, era che se avesse dato ascolto alle ragioni dei suoi critici ed avversari, avrebbe probabilmente potuto evitare un declino così marcato. Forse un giudizio simile, senza scomodare Aldo Moro, si può estendere alle questioni del presente. Nessuna posizione può mai prescindere dal riconoscimento della necessità del confronto con posizioni ad essa non riducibili. E proprio da questo processo prende forma la ricerca del bene comune, che altrimenti rimane monca e si riduce a sconsiderata proiezione degli interessi e delle strategie di pochi e più forti.


1 Commento

  1. Questo articolo di Davicino si aggiunge alle relazioni del presidente uscente Alessandro Risso e del nuovo presidente Franco Campia, che ho ascoltato di persona in Assemblea sabato 13 novembre. È stato bello poter dire: “Oh, sono tra gente che comprendo e apprezzo”.
    Innanzitutto per uno che arriva da un piccolo paese del Canavese come il sottoscritto, trovarsi in questi tempi dal vivo ad un incontro con altre persone è impagabile… perché al di fuori dell’estate nei paesini il distanziamento sociale vi era già prima del Covid, figurarsi ora.
    Secondariamente, tutti gli interventi sono stati da me più che apprezzati, mi sentivo veramente a casa, e mi è sembrato per un momento di vivere in un altro Paese. Credo che in Italia due punti fermi dovrebbero essere patrimonio comune: un minimo di matrice cattolica e un’attenzione verso il sociale. Questi due punti sabato a Torino si sono percepiti molto forti grazie all’impegno che in tanti continuano a dare.
    Questi tempi grami sono per tutti grande fonte di preoccupazione. Faccio un solo esempio. Quando la diatriba sui vaccini arriva al punto di diffondere una grande bugia come quella del malato di tumore non accettato da un ospedale perché i letti erano occupati dai no-vax malati, credo che dovremmo preoccuparci. Come tutti sappiamo è poi intervenuto l’ospedale stesso (di Genova) per smentire la notizia.
    Una società che nel suo DNA ha ormai metabolizzato questo modo di fare ha davanti a sé un solo futuro: quello di un ritorno ad un medioevo buio e profondo. Ed il percorso sarà rapido e per nulla indolore.
    Per questo che il lavoro di analisi corretta e puntuale fatto dai Popolari ha una importanza enorme, anche se oggi a molti può sembrare di poco conto. Non è per nulla vero: è una luce che continua ad esser limpida nonostante il vento cerchi di spegnerla.

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