Come San Paolo sulla via di Damasco. Questo, nel suo piccolo, è accaduto a Matteo Salvini riguardo al reddito di cittadinanza. Da tempo il capo della Lega va infatti dicendo che questa misura è del tutto inutile ed afferma di aver sbagliato ad accettarlo quando era ministro dell’Interno nel primo governo Conte assieme ai pentastellati.
Intanto onore al merito a Salvini: non sono molti i leader politici che ammettono i propri errori, veri o presunti che siano, per cui almeno dal punto di vista umano l’ex ministro (uno dei peggiori - spiace dirlo - che mai abbiamo avuto al Viminale) fa bella figura. A ben vedere però, il capo leghista non si è sbagliato allora ma si sta sbagliando adesso. Non quando – magari obtorto collo - approvò il reddito ma ora che lo vuole affossare ad ogni costo.
In quasi tutti i Paesi europei - almeno in quelli occidentali - esiste infatti uno strumento simile. In Francia si chiama reddito di inserzione, in Belgio assegno di reddito, Germania reddito minimo contro la povertà e via dicendo. Nulla di più normale che esista un sussidio concesso a chi sia indigente e con ogni probabilità non è neanche in grado di svolgere un normale lavoro. Semmai si tratta di capire cosa non ha funzionato in questa misura apportandovi le necessarie correzioni, come pare voglia fare l’attuale Legge finanziaria. Ad esempio favorendo le famiglie numerose anziché i single o differenziando, visto il diverso costo della vita, l’importo tra nord e sud del Paese. O anche non concederlo, tranne vi siano dei figli, a chi ha meno di trenta anni. Necessario poi collegare il sussidio allo svolgimento di lavori di pubblica utilità.
Evidente però che con il solo Rdc non si interviene sul mercato del lavoro e sulle dinamiche occupazionali che sono assai più complesse. Tra l’altro non si è mai capito perché sia siano tralasciati i normali centri per l’impiego, resi magari più efficienti assumendo nuovo personale, con una più specifica formazione in materia, per privilegiare la rete dei famosi navigator. Una struttura parallela a quella della pubblica amministrazione, fatalmente in antagonismo con questa e, come se non bastasse, pure più costosa.
In ogni caso, reddito di cittadinanza o meno, il lavoro non si crea per decreto ma dando vita ad un clima favorevole alle imprese di cui i principali requisiti sono: efficienza della pubblica amministrazione, velocità del contenzioso civile, ridotti costi dell’energia, moderne infrastrutture, elevata formazione del personale. Tutte cose che da noi mancano, o quanto meno scarseggiano, e che obbligano le aziende a puntare tutte le proprie carte sull’abbassamento del costo del lavoro.
A questo proposito viene detto che il Rdc ha avuto un effetto spiazzamento rispetto all’accettazione di un posto di lavoro. Troppo poco lo scarto - dicono i critici del reddito - tra questo e il salario che si percepisce lavorando. Ma forse il problema non è il Rdc ma il basso livello dei salari. E’ incredibile che in Italia, una della nazioni più sviluppate del pianeta, vi siano salari talmente bassi da entrare in concorrenza con i poco più di 700 euro del reddito di cittadinanza. Più che abrogare questo, la vera soluzione sarebbe di innalzare i salari, definendo un livello minimo per legge come di recente ha fatto la Spagna.
Emerge poi un altro problema. Al sud e non solo lì, il Rdc si affianca al lavoro nero. Ma qui la responsabilità non è soltanto di chi accetta un’occupazione irregolare ma soprattutto di chi la propone e, non di rado, la impone. Sarebbe dunque il caso di impiegare più energia per stroncare il lavoro nero con maggiori controlli ispettivi e con sanzioni più severe. Lotta all’illegalità, insomma, e non al reddito di cittadinanza: non sbagliamoci d'obiettivo.
Resta infine il fatto che il reddito di cittadinanza è un sostegno contro la povertà e non un dispositivo connesso al mercato del lavoro. Puntiamo allora sul salario minimo per legge, al di sotto del quale non si possa scendere. Se poi, come sostengono i sindacati, si vuole privilegiare la sola contrattazione si giunga almeno a tutelare, con un minimo inderogabile, chi è escluso da qualsiasi contratto o, peggio, è vittima di contratti “pirata”.
Lasciamo al Rdc il compito di proteggere i più indigenti e ad un salario minimo obbligatorio quello di tutelare chi è in grado di svolgere un lavoro.
Intanto onore al merito a Salvini: non sono molti i leader politici che ammettono i propri errori, veri o presunti che siano, per cui almeno dal punto di vista umano l’ex ministro (uno dei peggiori - spiace dirlo - che mai abbiamo avuto al Viminale) fa bella figura. A ben vedere però, il capo leghista non si è sbagliato allora ma si sta sbagliando adesso. Non quando – magari obtorto collo - approvò il reddito ma ora che lo vuole affossare ad ogni costo.
In quasi tutti i Paesi europei - almeno in quelli occidentali - esiste infatti uno strumento simile. In Francia si chiama reddito di inserzione, in Belgio assegno di reddito, Germania reddito minimo contro la povertà e via dicendo. Nulla di più normale che esista un sussidio concesso a chi sia indigente e con ogni probabilità non è neanche in grado di svolgere un normale lavoro. Semmai si tratta di capire cosa non ha funzionato in questa misura apportandovi le necessarie correzioni, come pare voglia fare l’attuale Legge finanziaria. Ad esempio favorendo le famiglie numerose anziché i single o differenziando, visto il diverso costo della vita, l’importo tra nord e sud del Paese. O anche non concederlo, tranne vi siano dei figli, a chi ha meno di trenta anni. Necessario poi collegare il sussidio allo svolgimento di lavori di pubblica utilità.
Evidente però che con il solo Rdc non si interviene sul mercato del lavoro e sulle dinamiche occupazionali che sono assai più complesse. Tra l’altro non si è mai capito perché sia siano tralasciati i normali centri per l’impiego, resi magari più efficienti assumendo nuovo personale, con una più specifica formazione in materia, per privilegiare la rete dei famosi navigator. Una struttura parallela a quella della pubblica amministrazione, fatalmente in antagonismo con questa e, come se non bastasse, pure più costosa.
In ogni caso, reddito di cittadinanza o meno, il lavoro non si crea per decreto ma dando vita ad un clima favorevole alle imprese di cui i principali requisiti sono: efficienza della pubblica amministrazione, velocità del contenzioso civile, ridotti costi dell’energia, moderne infrastrutture, elevata formazione del personale. Tutte cose che da noi mancano, o quanto meno scarseggiano, e che obbligano le aziende a puntare tutte le proprie carte sull’abbassamento del costo del lavoro.
A questo proposito viene detto che il Rdc ha avuto un effetto spiazzamento rispetto all’accettazione di un posto di lavoro. Troppo poco lo scarto - dicono i critici del reddito - tra questo e il salario che si percepisce lavorando. Ma forse il problema non è il Rdc ma il basso livello dei salari. E’ incredibile che in Italia, una della nazioni più sviluppate del pianeta, vi siano salari talmente bassi da entrare in concorrenza con i poco più di 700 euro del reddito di cittadinanza. Più che abrogare questo, la vera soluzione sarebbe di innalzare i salari, definendo un livello minimo per legge come di recente ha fatto la Spagna.
Emerge poi un altro problema. Al sud e non solo lì, il Rdc si affianca al lavoro nero. Ma qui la responsabilità non è soltanto di chi accetta un’occupazione irregolare ma soprattutto di chi la propone e, non di rado, la impone. Sarebbe dunque il caso di impiegare più energia per stroncare il lavoro nero con maggiori controlli ispettivi e con sanzioni più severe. Lotta all’illegalità, insomma, e non al reddito di cittadinanza: non sbagliamoci d'obiettivo.
Resta infine il fatto che il reddito di cittadinanza è un sostegno contro la povertà e non un dispositivo connesso al mercato del lavoro. Puntiamo allora sul salario minimo per legge, al di sotto del quale non si possa scendere. Se poi, come sostengono i sindacati, si vuole privilegiare la sola contrattazione si giunga almeno a tutelare, con un minimo inderogabile, chi è escluso da qualsiasi contratto o, peggio, è vittima di contratti “pirata”.
Lasciamo al Rdc il compito di proteggere i più indigenti e ad un salario minimo obbligatorio quello di tutelare chi è in grado di svolgere un lavoro.
Mi è piaciuto molto questo articolo, perché ha messo il punto su dove effettivamente sta il problema, basso salario, lavoro nero necessità assoluta del reddito di cittadinanza grazie.
I ripensamenti di Matteo Salvini non sono degni di alcuna considerazione perché non sono altro che il suo modo agire nell’agone politico dove, peraltro, raccoglie consensi che rappresentano una spia preoccupante degli umori e del sentire di una consistente parte dell’elettorato.
Alla dettagliata analisi del reddito di cittadinanza che dovrà essere riformato, per allinearlo agli standard già operanti in ambito europeo, vorrei solo aggiungere una piccola chiosa.
Considerato che sempre più spesso si sente lamentare la carenza di manodopera in tutti i settori produttivi, forse sarebbe opportuno che si creassero dei canali di informazione e di comunicazione tra l’offerta e la domanda di lavoro e naturalmente si attivassero i centri di formazione in linea con le esigenze dei vari settori produttivi.
Voglio complimentarmi con Aldo Novellini perchè il suo articolo, oltre ad essere pienamente condivisibile nella sostanza, è un esempio bello di comunicazione efficace: molti concetti espressi in modo conciso e semplice, tali da rimanere nella memoria, logicamente collegati, senza cadere nell’ ovvietà di certi slogans di politici famosi. E speriamo che questo buon senso si diffonda a tutti i livelli!