Il nazismo, il fascismo e la Resistenza nata per combatterli, sono stati un qualcosa di estremamente drammatico e serio, e tutto quello che vi è attinente dovrebbe esser trattato con grande cura e rispetto. Purtroppo vedo che non è così, e ogni giorno, magari a fin di bene, aumentano gli episodi in cui eventi legati al periodo della Seconda guerra mondiale, o comunque inerenti al fascismo e alla dittatura vengono banalizzati o strumentalizzati.
L’ultimo esempio è quello della visita del presidente del Brasile Bolsonaro martedì 2 novembre a Pistoia al cimitero in cui riposano più di 400 soldati brasiliani morti nella guerra combattuta dagli Alleati contro i tedeschi nel 1943-1945.
Tutti sappiamo che l’America Latina in generale tenne un atteggiamento ambiguo verso il nazismo, durante e anche dopo la guerra. L’unico Paese che invece si comportò in modo diverso fu il Brasile, il quale inviò un corpo di spedizione di 35 mila uomini a combattere con le truppe alleate in Italia, e purtroppo diversi di loro morirono.
Ora, a livello politico si potrà dire tutto quello che si vuole di Bolsonaro, certamente un leader con molte ombre – corruzione, deforestazione selvaggia, colpevole sottovalutazione del Covid – ed è sacrosanto, per chi vuole, poterlo contestare liberamente.
Però a mio avviso contestarlo nel momento in cui come Capo dello Stato visita i concittadini morti proprio per combattere il fascismo è un autogol, oltre che cosa antipatica.
A Pistoia – fortunatamente tenuti a distanza dal cimitero evitando una possibile gazzarra che avrebbe oltraggiato la memoria dei caduti – tutte le sigle antifasciste erano presenti per contestare Bolsonaro: ora a me pare che questo sia controproducente perché in quel cimitero si ricordavano persone morte per davvero per combattere il nazifascismo. Per nulla apprezzabile anche il comunicato del Presidente della Regione Toscana che si felicitava per la mancanza di politici e autorità ad accompagnare il presidente brasiliano. Eccezion fatta per Salvini che non ha mancato l’occasione per comparire. Nella stampa italiana ben pochi hanno stigmatizzato l’accaduto: tra loro Paolo Mieli, storico ed ex direttore del “Corriere della Sera” che in un intervento su Radio24 ha rimarcato il nonsenso di una contestazione in quel momento.
Purtroppo l’antifascismo può anche assumere contorni da operetta. Speriamo che i giovani di Greta nei venerdì di FridaysForFuture quando cantano “Bella ciao” battendo le mani ne conoscano la storia, capace di far palpitare il cuore per quello che esprime, e ne apprezzino il valore profondo. Sarebbe un peccato fosse per loro solo un motivo orecchiabile, facile da cantare in compagnia.
L’ultimo esempio è quello della visita del presidente del Brasile Bolsonaro martedì 2 novembre a Pistoia al cimitero in cui riposano più di 400 soldati brasiliani morti nella guerra combattuta dagli Alleati contro i tedeschi nel 1943-1945.
Tutti sappiamo che l’America Latina in generale tenne un atteggiamento ambiguo verso il nazismo, durante e anche dopo la guerra. L’unico Paese che invece si comportò in modo diverso fu il Brasile, il quale inviò un corpo di spedizione di 35 mila uomini a combattere con le truppe alleate in Italia, e purtroppo diversi di loro morirono.
Ora, a livello politico si potrà dire tutto quello che si vuole di Bolsonaro, certamente un leader con molte ombre – corruzione, deforestazione selvaggia, colpevole sottovalutazione del Covid – ed è sacrosanto, per chi vuole, poterlo contestare liberamente.
Però a mio avviso contestarlo nel momento in cui come Capo dello Stato visita i concittadini morti proprio per combattere il fascismo è un autogol, oltre che cosa antipatica.
A Pistoia – fortunatamente tenuti a distanza dal cimitero evitando una possibile gazzarra che avrebbe oltraggiato la memoria dei caduti – tutte le sigle antifasciste erano presenti per contestare Bolsonaro: ora a me pare che questo sia controproducente perché in quel cimitero si ricordavano persone morte per davvero per combattere il nazifascismo. Per nulla apprezzabile anche il comunicato del Presidente della Regione Toscana che si felicitava per la mancanza di politici e autorità ad accompagnare il presidente brasiliano. Eccezion fatta per Salvini che non ha mancato l’occasione per comparire. Nella stampa italiana ben pochi hanno stigmatizzato l’accaduto: tra loro Paolo Mieli, storico ed ex direttore del “Corriere della Sera” che in un intervento su Radio24 ha rimarcato il nonsenso di una contestazione in quel momento.
Purtroppo l’antifascismo può anche assumere contorni da operetta. Speriamo che i giovani di Greta nei venerdì di FridaysForFuture quando cantano “Bella ciao” battendo le mani ne conoscano la storia, capace di far palpitare il cuore per quello che esprime, e ne apprezzino il valore profondo. Sarebbe un peccato fosse per loro solo un motivo orecchiabile, facile da cantare in compagnia.
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