Giusto per non essere fraintesi, il vaccino contro il Covid è valido e sta funzionando! Giusto renderlo obbligatorio per alcune categorie di lavoratori maggiormente esposti e per alcune fasce di età maggiormente a rischio.
Francamente eccessivo questo asfissiante richiamo al “bene comune”: giustissimo sul piano del principio educativo e etico, controproducente quando assume i toni moralistici delle ultime settimane.
La scelta del “bene comune” deve valere sempre: non sembra invece applicarsi sempre e in ogni circostanza, ad esempio quando le aziende chiudono e si trasferiscono (per motivi aziendalmente legittimi, che però contrastano senza ombra di dubbio il “bene comune”) il principio del “bene comune” non si applica più con lo stesso vigore (basta rispettare la forma del licenziamento…), o quando si invoca, senza successo, di superare il vincolo brevettuale almeno nel caso di questo vaccino in piena pandemia per aiutare i paesi poveri: anche in questo caso il principio del “bene comune” passa in secondo piano.
È del tutto evidente che il “green pass” è stato introdotto per convincere i “cittadini riottosi” a farsi vaccinare (e questa riottosità, solo in parte è ascrivibile alla scellerata ideologia no-vax): e anche in questo caso la scelta è stata corretta, soprattutto all’inizio dell’estate, quando il “green pass” è stato l’incentivo per poter riprendere a svolgere alcune attività, oggettivamente legate a scelte di vita assolutamente personali quali partecipare ad eventi, andare al bar o al ristorante e così via, fino ad allora sottoposte a dolorosi divieti assunti per contenere la diffusione del virus.
Il salto di qualità è stato fatto quando si è scelto di renderlo obbligatorio per poter andare al lavoro (non proprio una scelta “voluttuaria” … anche senza ricordare l’art 1 della Costituzione….), in presenza dell’80% di soggetti vaccinati (!), estendendolo anche a coloro che svolgono lo smartworking: in questo ultimo caso la strumentalità, anche cattiva, della scelta appare di solare evidenza.
Si badi bene che al lavoro già era attivo l’obbligo di “green pass” per andare in mensa: e non è agevole rinunciare alla mensa tutti i giorni, ma in questo caso l’obbligo appare corretto perché in mensa oggettivamente i rischi di possibile contagio sono decisamente superiori.
Nelle aziende, grazie ad accordi tra datori di lavoro e sindacati, secondo gli indirizzi di sicurezza dati dal ministero e dall’Iss, si erano sviluppati protocolli di sicurezza che, anche in piena seconda ondata, hanno consentito di avere luoghi di lavoro “sicuri”, tali per cui gli effetti della pandemia, pur a fatica, sono stati contenuti: e va lodato lo sforzo fatto dalle parti coinvolte.
Il protocollo di sicurezza rimane, giustamente!, in vigore: in compenso, un lavoratore è privato del diritto al lavoro perché non ha il “green pass” in un luogo che è definito comunque sicuro grazie ai protocolli di sicurezza in vigore, per evitare – così è stato affermato – di provocare danni ai suoi compagni di lavoro.
Perdere la fonte di sostentamento in virtù di una scelta, sbagliata, di non volersi vaccinare, mi sembra una decisione francamente sproporzionata, se assunta quando l’85% dei vaccinabili è stato vaccinato, per andare in luoghi definiti sicuri, quando nessuno era vaccinato!
Non solo sproporzionata, ma ingiustificabilmente aggressiva, fatta verso una minoranza cui è tolto il diritto di avere scelte di cura diverse (certamente sbagliate) in nome della sicurezza sui luoghi di lavoro (?!) da applicarsi anche in caso di smartworking: esiste di certo qualche difficoltà di logica formale in chi ha scelto questa strada legislativa.
Compare qua e là sui giornali che, scomparsa la mitica “immunità di gregge” (mitica perché con un virus che muta e con più di 2/3 del pianeta senza vaccini, appare tesi assai ardita da sostenere), sia adesso quota 90% la soglia magica: forse la riedizione di fortunate quote 100…di altri contesti. Vedremo.
Nel frattempo sulle FAQ del governo compare la spiegazione che un badante senza “green pass” non può più entrare nella casa del suo datore di lavoro: magari un novantenne non più completamente autosufficiente che così rimane solo e senza badante. Ovviamente l’onere del controllo sarà del nostro datore di lavoro, ossia del vecchietto novantenne, si presume senza app specifiche (dubito le sappia usare): e pazienza la privacy non rispettata… Per lasciarlo senza più supporto si può transigere anche sulla privacy…
Fino al 14 ottobre questo nostro novantenne non correva particolari rischi con il suo badante visto che, anche se non era vaccinato, poteva continuare ad assisterlo: ma, con la curva pandemica in discesa (per fortuna), dal 15 ottobre 2021 il suo badante senza “green pass” è diventato così pericoloso da essere per lui meglio restare in casa da solo anche se parzialmente non autosufficiente. È una politica sicuramente molto attenta ai bisogni della persona…..
Se ci ricordiamo, sempre al nostro novantenne che aveva la “disgrazia” di non potersi da solo recare agli Hub vaccinali nella scorsa primavera proprio perché invalido, era toccato in sorte di dover aspettare mesi per avere la vaccinazione al domicilio, pur sapendo che la mortalità alla sua età era terribilmente elevata: l’intraprendenza di medici di famiglia, sindaci, volontari, terzo settore ha ridotto fortunatamente il numero di questi sfortunati.
La politica, sempre attenta al “bene comune”, non mi sembra abbia preso provvedimenti di sospensione dei dirigenti così poco solerti… almeno fino ad avvenuta vaccinazione, per par condicio con i “no green pass”. Forse perché bisognava salire fino ai vertici della catena di comando?
La ministra Bonetti annuncia, con piena soddisfazione, che – per parità di genere – sarà inserito l’obbligo di congedo obbligatorio per tre mesi per i padri dopo la nascita di un figlio. Di nuovo, questa modalità incongrua del far politica che si compiace degli “obblighi” che introduce sui cittadini: sbagliando anche in questo caso, in maniera speculare come con il “green pass”. Il diritto alla assenza per tre mesi dopo la nascita del figlio anche per il padre può essere una giusta conquista (lasciando perdere però la parità di genere!): diritto, non obbligo! A quando l’obbligo per i padri di partorire per sanare il “gender gap”?
Una buona politica, difende con energia i suoi cittadini dai soprusi che colpiscono sempre i più deboli: nel caso prima citato, troppe e inaccettabili sono tutt’ora le vessazioni cui sono sottoposte le donne che sono in procinto di diventare madri o lo sono diventate. Ma il “me too” in questi casi non è partito o non funziona granché… È possibile che questi soprusi si possano scaricare in futuro anche su quei padri che vogliono far valere il loro diritto a restare assenti per tre mesi per accudire il figlio appena nato: ma un diritto, se diventa un obbligo, è solo una coercizione, tanto più odiosa quanto più è perpetrata in nome del “bene comune”.
La “buona politica” deve saper e poter prendere anche decisioni impopolari e deve saper imporre anche obblighi, quando è il caso rispettando i confini normativi vigenti, assumendosene però le responsabilità conseguenti e soprattutto non creando ai cittadini più poveri e bisognosi, più problemi di quelli che intende risolvere! In questo modo la Politica dimostrerebbe di avere davvero il “bene comune” come bussola del proprio agire: invece della odiosa finzione dell’obbligo “green pass” per accedere ai luoghi di lavoro, tanto valeva imporre l’obbligo vaccinale per tutti i cittadini che lavorano. Si poteva essere o meno d’accordo (lo stato di emergenza rende legittimo anche scelte molto drastiche), ma almeno si aveva chiarezza di responsabilità e relative conseguenze.
Le libertà di scelta, anche nelle decisioni di governo, è sempre legittima, quando è nel solco del rispetto delle leggi e della costituzione (e l’obbligo vaccinale è legittimo), purché si assume la responsabilità, non solo politica, ma anche giuridica, delle decisioni che prende.
Libertà & Responsabilità, sono dimensioni inscindibili e che devono valere per tutti i cittadini: anche e soprattutto per quelli che hanno funzioni di governo.
Per una politica, finalmente “buona”, che rispetta e mette al centro la Persona, sempre, anche quando le persone hanno opinioni diverse che non è il caso di demonizzare.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Francamente eccessivo questo asfissiante richiamo al “bene comune”: giustissimo sul piano del principio educativo e etico, controproducente quando assume i toni moralistici delle ultime settimane.
La scelta del “bene comune” deve valere sempre: non sembra invece applicarsi sempre e in ogni circostanza, ad esempio quando le aziende chiudono e si trasferiscono (per motivi aziendalmente legittimi, che però contrastano senza ombra di dubbio il “bene comune”) il principio del “bene comune” non si applica più con lo stesso vigore (basta rispettare la forma del licenziamento…), o quando si invoca, senza successo, di superare il vincolo brevettuale almeno nel caso di questo vaccino in piena pandemia per aiutare i paesi poveri: anche in questo caso il principio del “bene comune” passa in secondo piano.
È del tutto evidente che il “green pass” è stato introdotto per convincere i “cittadini riottosi” a farsi vaccinare (e questa riottosità, solo in parte è ascrivibile alla scellerata ideologia no-vax): e anche in questo caso la scelta è stata corretta, soprattutto all’inizio dell’estate, quando il “green pass” è stato l’incentivo per poter riprendere a svolgere alcune attività, oggettivamente legate a scelte di vita assolutamente personali quali partecipare ad eventi, andare al bar o al ristorante e così via, fino ad allora sottoposte a dolorosi divieti assunti per contenere la diffusione del virus.
Il salto di qualità è stato fatto quando si è scelto di renderlo obbligatorio per poter andare al lavoro (non proprio una scelta “voluttuaria” … anche senza ricordare l’art 1 della Costituzione….), in presenza dell’80% di soggetti vaccinati (!), estendendolo anche a coloro che svolgono lo smartworking: in questo ultimo caso la strumentalità, anche cattiva, della scelta appare di solare evidenza.
Si badi bene che al lavoro già era attivo l’obbligo di “green pass” per andare in mensa: e non è agevole rinunciare alla mensa tutti i giorni, ma in questo caso l’obbligo appare corretto perché in mensa oggettivamente i rischi di possibile contagio sono decisamente superiori.
Nelle aziende, grazie ad accordi tra datori di lavoro e sindacati, secondo gli indirizzi di sicurezza dati dal ministero e dall’Iss, si erano sviluppati protocolli di sicurezza che, anche in piena seconda ondata, hanno consentito di avere luoghi di lavoro “sicuri”, tali per cui gli effetti della pandemia, pur a fatica, sono stati contenuti: e va lodato lo sforzo fatto dalle parti coinvolte.
Il protocollo di sicurezza rimane, giustamente!, in vigore: in compenso, un lavoratore è privato del diritto al lavoro perché non ha il “green pass” in un luogo che è definito comunque sicuro grazie ai protocolli di sicurezza in vigore, per evitare – così è stato affermato – di provocare danni ai suoi compagni di lavoro.
Perdere la fonte di sostentamento in virtù di una scelta, sbagliata, di non volersi vaccinare, mi sembra una decisione francamente sproporzionata, se assunta quando l’85% dei vaccinabili è stato vaccinato, per andare in luoghi definiti sicuri, quando nessuno era vaccinato!
Non solo sproporzionata, ma ingiustificabilmente aggressiva, fatta verso una minoranza cui è tolto il diritto di avere scelte di cura diverse (certamente sbagliate) in nome della sicurezza sui luoghi di lavoro (?!) da applicarsi anche in caso di smartworking: esiste di certo qualche difficoltà di logica formale in chi ha scelto questa strada legislativa.
Compare qua e là sui giornali che, scomparsa la mitica “immunità di gregge” (mitica perché con un virus che muta e con più di 2/3 del pianeta senza vaccini, appare tesi assai ardita da sostenere), sia adesso quota 90% la soglia magica: forse la riedizione di fortunate quote 100…di altri contesti. Vedremo.
Nel frattempo sulle FAQ del governo compare la spiegazione che un badante senza “green pass” non può più entrare nella casa del suo datore di lavoro: magari un novantenne non più completamente autosufficiente che così rimane solo e senza badante. Ovviamente l’onere del controllo sarà del nostro datore di lavoro, ossia del vecchietto novantenne, si presume senza app specifiche (dubito le sappia usare): e pazienza la privacy non rispettata… Per lasciarlo senza più supporto si può transigere anche sulla privacy…
Fino al 14 ottobre questo nostro novantenne non correva particolari rischi con il suo badante visto che, anche se non era vaccinato, poteva continuare ad assisterlo: ma, con la curva pandemica in discesa (per fortuna), dal 15 ottobre 2021 il suo badante senza “green pass” è diventato così pericoloso da essere per lui meglio restare in casa da solo anche se parzialmente non autosufficiente. È una politica sicuramente molto attenta ai bisogni della persona…..
Se ci ricordiamo, sempre al nostro novantenne che aveva la “disgrazia” di non potersi da solo recare agli Hub vaccinali nella scorsa primavera proprio perché invalido, era toccato in sorte di dover aspettare mesi per avere la vaccinazione al domicilio, pur sapendo che la mortalità alla sua età era terribilmente elevata: l’intraprendenza di medici di famiglia, sindaci, volontari, terzo settore ha ridotto fortunatamente il numero di questi sfortunati.
La politica, sempre attenta al “bene comune”, non mi sembra abbia preso provvedimenti di sospensione dei dirigenti così poco solerti… almeno fino ad avvenuta vaccinazione, per par condicio con i “no green pass”. Forse perché bisognava salire fino ai vertici della catena di comando?
La ministra Bonetti annuncia, con piena soddisfazione, che – per parità di genere – sarà inserito l’obbligo di congedo obbligatorio per tre mesi per i padri dopo la nascita di un figlio. Di nuovo, questa modalità incongrua del far politica che si compiace degli “obblighi” che introduce sui cittadini: sbagliando anche in questo caso, in maniera speculare come con il “green pass”. Il diritto alla assenza per tre mesi dopo la nascita del figlio anche per il padre può essere una giusta conquista (lasciando perdere però la parità di genere!): diritto, non obbligo! A quando l’obbligo per i padri di partorire per sanare il “gender gap”?
Una buona politica, difende con energia i suoi cittadini dai soprusi che colpiscono sempre i più deboli: nel caso prima citato, troppe e inaccettabili sono tutt’ora le vessazioni cui sono sottoposte le donne che sono in procinto di diventare madri o lo sono diventate. Ma il “me too” in questi casi non è partito o non funziona granché… È possibile che questi soprusi si possano scaricare in futuro anche su quei padri che vogliono far valere il loro diritto a restare assenti per tre mesi per accudire il figlio appena nato: ma un diritto, se diventa un obbligo, è solo una coercizione, tanto più odiosa quanto più è perpetrata in nome del “bene comune”.
La “buona politica” deve saper e poter prendere anche decisioni impopolari e deve saper imporre anche obblighi, quando è il caso rispettando i confini normativi vigenti, assumendosene però le responsabilità conseguenti e soprattutto non creando ai cittadini più poveri e bisognosi, più problemi di quelli che intende risolvere! In questo modo la Politica dimostrerebbe di avere davvero il “bene comune” come bussola del proprio agire: invece della odiosa finzione dell’obbligo “green pass” per accedere ai luoghi di lavoro, tanto valeva imporre l’obbligo vaccinale per tutti i cittadini che lavorano. Si poteva essere o meno d’accordo (lo stato di emergenza rende legittimo anche scelte molto drastiche), ma almeno si aveva chiarezza di responsabilità e relative conseguenze.
Le libertà di scelta, anche nelle decisioni di governo, è sempre legittima, quando è nel solco del rispetto delle leggi e della costituzione (e l’obbligo vaccinale è legittimo), purché si assume la responsabilità, non solo politica, ma anche giuridica, delle decisioni che prende.
Libertà & Responsabilità, sono dimensioni inscindibili e che devono valere per tutti i cittadini: anche e soprattutto per quelli che hanno funzioni di governo.
Per una politica, finalmente “buona”, che rispetta e mette al centro la Persona, sempre, anche quando le persone hanno opinioni diverse che non è il caso di demonizzare.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Finalmente un articolo che al di la degli argomenti, serissimi ed ad ampio raggio, è scritto con i “piedi per terra” e senza voli pindarici e pistolotti moralizzanti. Voli pindarici e moralizzazione estrema spesso fatte per conformismo alla moda del momento. Una moda che a me sembra, abbia annebbiato il cervello di molti italiani e ci stia portando nel baratro
È abbastanza evidente che il Green Pass per chi lavora non ha nulla a che fare con la tutela della salute pubblica.
basta con questi sproloqui ridondanti. Se non si ha una patologia esimente, il vaccino va fatto senza senza se e senza ma se si vuole partecioare alla vita in comune. altrimenti costoro si chiudano in casa e frequentino solo no-vax. E’ solo con i Green pass che siamo riusciti a rivivere una vita quasi normale. Per colpa di questi signori dobbiamo ancora una volta rischiare il dramma passato? ma siamo tutti matti? Tra due giorni farò la terza dose, ho 80 anni e un pò di timore viene anche a me. Ma per vivere e non rischiare di morire prima lo farò e ringrazio perchè esiste un vaccino che mi proteggerà!
Con tutto il rispetto credo che Giuseppe Cicoria abbia capito ben poco dell’articolo ed ancor meno del senso che i due commenti esprimono. Il problema è, che come lui oggi sono in tanti: parlano per slogan, pro o contro non importa. L’importante è gridare e mistificare l’altro.
Io per ora riesco ancora a capire! Dopo non lo posso assicurare. Tutti questi filosofi del “distinguo” hanno stancato. Quando si vive in comunità bisogna diminuire il proprio “ego” e cercare di capire quale è il bene collettivo. E’ ormai accertato che il vaccino esplica tutti i suoi effetti positivi se quasi tutti lo assumono, altrimenti si rischia un fallimento con morti e tragedie. Tutto il resto è”fuffa”!