A volte le dinamiche della politica italiana ritornano. Seppur sotto la veste di altri partiti, altri protagonisti politici e altri schieramenti. Ma le dinamiche, appunto, a volte sono quasi le stesse. Chi ricorda ancora la stagione, non lontanissima, del post-Tangentopoli del 1993, non può non venirgli in mente che la sinistra politica vinse in quell’anno in quasi tutte le principali città italiane – un “cappotto” fu definito all’epoca – ipotecando, profetizzavano i vari politologi, la schiacciante vittoria di quello schieramento alle elezioni politiche dell’anno seguente. Come andò a finire le lo ricordiamo tutti. Spuntò all’improvviso un imprenditore geniale del Nord e la “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto e compagni andò a sbattere contro un muro e si perse per strada andando incontro ad una sconfitta epocale e storica.
Oggi, com’è ovvio, le cose sono diverse, ma non più di tanto. La sinistra rivince in quasi tutta Italia – causa lo sbandamento dei vertici del centrodestra, della scelta di candidati a Sindaco a dir poco con metodi alquanto improvvisati, e con una serie di scelte politiche che paradossalmente parevano studiati appositamente per cozzare contro ciò che pensava la stragrande maggioranza dei cittadini italiani in questo periodo di post pandemia – e già si intravede la vittoria alle prossime politiche ormai all’orizzonte.
Ora, leggendo i vari commenti, già si assapora la quasi fisiologica vittoria della sinistra. È del tutto evidente però che in Italia, oggi più di ieri e come quasi sempre, si continua a vincere al “centro”. Se lo stesso segretario nazionale del PD arriva a sostenere che il centrodestra non ha vinto perché manca ormai un “federatore moderato” che aggreghi e guidi l’intera coalizione com’era il “leader di Forza Italia Silvio Berlusconi”, si sostiene che senza un “centro” riconoscibile quella coalizione non è più competitiva. Sul versante opposto, cioè la coalizione di sinistra, se dovesse consolidarsi l’alleanza “organica e strutturale” con il partito di Conte e di Grillo, anche da queste parti non potrebbe mancare un soggetto/partito/lista di centro per poter competere e potenzialmente vincere le elezioni contro il conglomerato conservatore.
Considerazioni, queste, semplici ma profondamente vere soprattutto nel sistema politico italiano. Perché anche una coalizione di sinistra massimalista o populista o giustizialista che sia e un’alleanza di destra sovranista e populista, difficilmente competono e vincono se manca al suo interno una componente visibile e robusta di “centro” che sappia praticare e declinare una vera e autentica “politica di centro”. Ed è proprio su questo versante che si giocherà la vera partita politica. Certo, se la destra dovesse rimanere la semplice somma del sovranismo e del populismo con una presenza moderata e di centro quasi inesistente non ci sarebbe sicuramente partita. Ma così, credo, non capiterà. Come sul versante della sinistra, sarà difficile che ci si limiti alla semplice sommatoria del PD e ci ciò che resta del partito di Grillo e di Conte senza un soggetto/partito/lista di “centro che guarda a sinistra”, per dirla con una celebre espressione dello statista Alcide De Gasperi.
È, quindi, su questo versante che si giocherà la vera sfida politica dei prossimi mesi. Chi, cioè, riuscirà a sapere costruire un “centro” democratico, riformista, plurale e di governo che sia in grado di “moderare” le rispettive coalizioni e di riproporre una vera cultura di governo nel sistema politico italiano. Perché il 1993 è sempre bene non dimenticarlo, soprattutto per le dinamiche che può innescare e che può far pensare ad una serie di vittorie inarrestabili ed irreversibili. Perché, per ricordarlo ancora una volta, è bene tenere a mente che dopo il ‘93 è arrivato il 1994 che ha ribaltato radicalmente gli equilibri politici, malgrado la sinistra avesse conquistato appena 10 mesi prima quasi tutti i principali governi locali del nostro Paese.
Ed è proprio su questo versante che il riformismo, in particolare quello del cattolici democratici, popolari e sociali, può e deve giocare un ruolo politico decisivo e determinante per la qualità della nostra democrazia e per l’efficacia della nostra azione di governo.
Oggi, com’è ovvio, le cose sono diverse, ma non più di tanto. La sinistra rivince in quasi tutta Italia – causa lo sbandamento dei vertici del centrodestra, della scelta di candidati a Sindaco a dir poco con metodi alquanto improvvisati, e con una serie di scelte politiche che paradossalmente parevano studiati appositamente per cozzare contro ciò che pensava la stragrande maggioranza dei cittadini italiani in questo periodo di post pandemia – e già si intravede la vittoria alle prossime politiche ormai all’orizzonte.
Ora, leggendo i vari commenti, già si assapora la quasi fisiologica vittoria della sinistra. È del tutto evidente però che in Italia, oggi più di ieri e come quasi sempre, si continua a vincere al “centro”. Se lo stesso segretario nazionale del PD arriva a sostenere che il centrodestra non ha vinto perché manca ormai un “federatore moderato” che aggreghi e guidi l’intera coalizione com’era il “leader di Forza Italia Silvio Berlusconi”, si sostiene che senza un “centro” riconoscibile quella coalizione non è più competitiva. Sul versante opposto, cioè la coalizione di sinistra, se dovesse consolidarsi l’alleanza “organica e strutturale” con il partito di Conte e di Grillo, anche da queste parti non potrebbe mancare un soggetto/partito/lista di centro per poter competere e potenzialmente vincere le elezioni contro il conglomerato conservatore.
Considerazioni, queste, semplici ma profondamente vere soprattutto nel sistema politico italiano. Perché anche una coalizione di sinistra massimalista o populista o giustizialista che sia e un’alleanza di destra sovranista e populista, difficilmente competono e vincono se manca al suo interno una componente visibile e robusta di “centro” che sappia praticare e declinare una vera e autentica “politica di centro”. Ed è proprio su questo versante che si giocherà la vera partita politica. Certo, se la destra dovesse rimanere la semplice somma del sovranismo e del populismo con una presenza moderata e di centro quasi inesistente non ci sarebbe sicuramente partita. Ma così, credo, non capiterà. Come sul versante della sinistra, sarà difficile che ci si limiti alla semplice sommatoria del PD e ci ciò che resta del partito di Grillo e di Conte senza un soggetto/partito/lista di “centro che guarda a sinistra”, per dirla con una celebre espressione dello statista Alcide De Gasperi.
È, quindi, su questo versante che si giocherà la vera sfida politica dei prossimi mesi. Chi, cioè, riuscirà a sapere costruire un “centro” democratico, riformista, plurale e di governo che sia in grado di “moderare” le rispettive coalizioni e di riproporre una vera cultura di governo nel sistema politico italiano. Perché il 1993 è sempre bene non dimenticarlo, soprattutto per le dinamiche che può innescare e che può far pensare ad una serie di vittorie inarrestabili ed irreversibili. Perché, per ricordarlo ancora una volta, è bene tenere a mente che dopo il ‘93 è arrivato il 1994 che ha ribaltato radicalmente gli equilibri politici, malgrado la sinistra avesse conquistato appena 10 mesi prima quasi tutti i principali governi locali del nostro Paese.
Ed è proprio su questo versante che il riformismo, in particolare quello del cattolici democratici, popolari e sociali, può e deve giocare un ruolo politico decisivo e determinante per la qualità della nostra democrazia e per l’efficacia della nostra azione di governo.
Essere centro significa a mio parere anche adottare uno stile metodologico: cercare, laddove è possibile e senza tradire i propri valori, una mediazione, un sano pragmatismo, la ricerca di una sintesi che superi dialetticamente le tesi e le antitesi contrapposte, la ragionevolezza che consente di superare i veti incrociati e mettere a fattor comune vagliandole senza pregiudizi le proposte che provengono dai due schieramenti avversari…..un approccio che dovrebbe connotare una forza davvero “di governo” capace di offrire garanzie di sicurezza e affidabilità agli occhi dei cittadini. Il PD in passato ha confuso l’approccio centrista (che dovrebbe invece essere strutturalmente critico, svincolato da assolutismi ideologici)con una fede nel neoliberismo e nel globalismo (pensiamo alle affermazioni dell’ultimo Zingaretti: avanti con nuove cessioni di sovranità! Con un’enfasi simile a quella di chi nel ’21 sognava la città futura!) oggi si concede giri di valzer con le agende radical lasciandosi influenzare da minoranze “di opinione” molto influenti a livello internazionale (pensiamo alla testardaggine, lo dico indipendentemente dal contenuto specifico del provvedimento, manifestatasi durante la discussione del DDL Zan, il rifiuto incomprensibile dal punto di vista del “centrismo” di ogni mediazione). Così non andrà da nessuna parte e non si accrediterà come forza di governo. Davvero! L’Italia ha bisogno di centrismo.