Lo stesso voto che emerge della Germania conferma che il nodo delle alleanze politiche per la formazione dei governi diventa un esercizio sempre più complesso. È così nei vari Paesi europei. Perché il dopo pandemia – anche se purtroppo non è ancora arrivata al capolinea – conferma che la geografia politica è cambiata. E profondamente. Basti pensare che all’indomani del voto in Germania, che non ha legittimato nessuno a governare con coalizioni chiare e politicamente alternative, già si riparla di riproporre la cosiddetta “grande coalizione”.
Ora, al di là del voto tedesco e delle singole specificità politiche che caratterizzano i vari paesi europei, è indubbio che anche per il nostro paese – soprattutto per l’effetto Draghi, ma non solo – il rischio di trovarsi di fronte ad un bivio su come costruire le singole maggioranze di governo si porrà. Perchè da un lato c’è sempre l’auspicio, o la speranza, che si formino alleanze omogenee e chiare nella loro declinazione programmatica e, dall’altro, dietro alla motivazione emergenziale soprattutto dopo la pandemia, persiste la tentazione di formare governi di unità nazionale, o di vasta maggioranza coinvolgendo partiti, movimenti e gruppi alternativi l’un l’altro.
Però, proprio in virtù della specificità politica dei singoli Paesi, dietro il progetto o l’iniziativa di dar vita a governi di unità nazionale o di “grande coalizione” si nasconde sempre il rischio concreto della deriva e della tentazione trasformistica. Un elemento, questo che ha sempre accompagnato la storia politica e democratica del nostro Paese ma che, con l’avvento al potere del populismo giustizialista del partito dei 5 Stelle nel 2018 ha trovato la sua compiutezza organica e quasi scientifica. Cioè un partito che prima rifiuta, perché disprezza tutti i partiti, l’alleanza politica con chicchessia. Poi che fa l’alleanza con la destra sovranista perchè detesta e insulta la sinistra. Poi che stringe l’accordo con la sinistra massimalista perché disprezza e detesta la destra sovranista. E poi, dulcis in fundo, aderisce alla grande coalizione con tutti quelli che avevano insultato e denigrato per svariati lustri per un solo obiettivo, come ovvio: non andare al voto anticipato e non perdere posti e prebende varie. Nel frattempo, procedono con una conversione politica improvvisa e collettiva rinnegando e archiviando tutto ciò che hanno predicato, scritto e urlato in tutte le piazze italiane per almeno 15 anni. Un mistero politico che, almeno sino ad oggi, non era ancora mai capitato nello scenario pubblico italiano, almeno a partire dal secondo dopoguerra.
Ecco, ho voluto solo ricordare un aspetto, tra i tanti che si potrebbero citare – ma questo è il più macroscopico, com’è evidente a tutti – per arrivare ad una semplice conclusione. Anche e soprattutto dopo l’importante voto tedesco. Per evitare che si ripropongano le condizioni per una declinazione trasformistica ed opportunistica della politica italiana nella costruzione dei governi – com’è concretamente capitato dopo il voto del 2018 che ha consegnato la vittoria ai populisti e ai giustizialisti – è altresì necessario costruire le condizioni affinché le coalizioni di governo siano il frutto di una visione politica definita e chiara. Indicando in anticipo le forze con le quali si intende realizzare quel progetto. Certo, poi la tentazione trasformistica è sempre presente, soprattutto quando è insita nel DNA di alcuni partiti. Ma è indubbio che si tratta, appunto, di una tentazione. E questa la si può sconfiggere, o almeno attenuare nella sua portata devastante e squallida, solo attraverso la politica, intesa come costruzione di un progetto di governo trasparente e chiaro. E questo per riaffermare la nobiltà della politica, la qualità della democrazia, la serietà dei partiti e la credibilità delle stesse istituzioni democratiche.
Ora, al di là del voto tedesco e delle singole specificità politiche che caratterizzano i vari paesi europei, è indubbio che anche per il nostro paese – soprattutto per l’effetto Draghi, ma non solo – il rischio di trovarsi di fronte ad un bivio su come costruire le singole maggioranze di governo si porrà. Perchè da un lato c’è sempre l’auspicio, o la speranza, che si formino alleanze omogenee e chiare nella loro declinazione programmatica e, dall’altro, dietro alla motivazione emergenziale soprattutto dopo la pandemia, persiste la tentazione di formare governi di unità nazionale, o di vasta maggioranza coinvolgendo partiti, movimenti e gruppi alternativi l’un l’altro.
Però, proprio in virtù della specificità politica dei singoli Paesi, dietro il progetto o l’iniziativa di dar vita a governi di unità nazionale o di “grande coalizione” si nasconde sempre il rischio concreto della deriva e della tentazione trasformistica. Un elemento, questo che ha sempre accompagnato la storia politica e democratica del nostro Paese ma che, con l’avvento al potere del populismo giustizialista del partito dei 5 Stelle nel 2018 ha trovato la sua compiutezza organica e quasi scientifica. Cioè un partito che prima rifiuta, perché disprezza tutti i partiti, l’alleanza politica con chicchessia. Poi che fa l’alleanza con la destra sovranista perchè detesta e insulta la sinistra. Poi che stringe l’accordo con la sinistra massimalista perché disprezza e detesta la destra sovranista. E poi, dulcis in fundo, aderisce alla grande coalizione con tutti quelli che avevano insultato e denigrato per svariati lustri per un solo obiettivo, come ovvio: non andare al voto anticipato e non perdere posti e prebende varie. Nel frattempo, procedono con una conversione politica improvvisa e collettiva rinnegando e archiviando tutto ciò che hanno predicato, scritto e urlato in tutte le piazze italiane per almeno 15 anni. Un mistero politico che, almeno sino ad oggi, non era ancora mai capitato nello scenario pubblico italiano, almeno a partire dal secondo dopoguerra.
Ecco, ho voluto solo ricordare un aspetto, tra i tanti che si potrebbero citare – ma questo è il più macroscopico, com’è evidente a tutti – per arrivare ad una semplice conclusione. Anche e soprattutto dopo l’importante voto tedesco. Per evitare che si ripropongano le condizioni per una declinazione trasformistica ed opportunistica della politica italiana nella costruzione dei governi – com’è concretamente capitato dopo il voto del 2018 che ha consegnato la vittoria ai populisti e ai giustizialisti – è altresì necessario costruire le condizioni affinché le coalizioni di governo siano il frutto di una visione politica definita e chiara. Indicando in anticipo le forze con le quali si intende realizzare quel progetto. Certo, poi la tentazione trasformistica è sempre presente, soprattutto quando è insita nel DNA di alcuni partiti. Ma è indubbio che si tratta, appunto, di una tentazione. E questa la si può sconfiggere, o almeno attenuare nella sua portata devastante e squallida, solo attraverso la politica, intesa come costruzione di un progetto di governo trasparente e chiaro. E questo per riaffermare la nobiltà della politica, la qualità della democrazia, la serietà dei partiti e la credibilità delle stesse istituzioni democratiche.
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