Il greenpass della libertà?



Giuseppe Davicino    4 Agosto 2021       7

La rapidità con cui si è fatto di un virus, che in altri tempi sarebbe stato curato senza eccessive preoccupazioni, uno strumento di governo, dovrebbe indurre a porsi delle domande. Come pure la rapidità con cui si è lanciata la prima campagna di vaccinazione globale con sieri genici sperimentali di cui si ignorano l’efficacia e gli effetti a lungo temine, appare sospetta, soprattutto perché sembra favorire l’introduzione nell’Occidente liberale e democratico di un modello di governo orientale, asiatico, molto simile a quello realizzato dal Partito comunista cinese.

In un anno e mezzo non possono succedere eventi di tale portata senza che siano stati accuratamente pianificati da entità che operano indisturbate, e non adeguatamente regolate, a livello globale. La necessità di porsi qualche interrogativo aumenta non appena si consideri il punto d’arrivo del percorso pandemico, coniugato ai processi di digitalizzazione, in particolare delle valute, e alle nuove frontiere della bioingegneria.

Tale traguardo è stato definito dagli stessi centri che guidano a livello globale l’inquietante esperimento di trasformazione dell’umanità in corso. Uno di questi centri, il World Economic Forum, ha enunciato nitidamente che l’obiettivo finale di quella che definisce la quarta rivoluzione industriale, porterà alla fusione dell’identità fisica, digitale e biologica. A questo serve il codice qr del greenpass, che, come è ovvio, resterà anche dopo la pandemia. Si inizia ora, col pretesto dell’emergenza sanitaria, a creare un’infrastruttura che quando sarà matura servirà a introdurre la cittadinanza a punti. Per questo scopo si assegna a ogni cittadino un codice qr, vengono predisposti i lettori dappertutto, subordinando di fatto la fruizione dei diritti costituzionali alla accettazione delle condizioni imposte per l’ottenimento del lasciapassare. Adesso una delle condizioni per ottenere il greenpass è la vaccinazione, poi saranno i richiami, e poi via via tutto ciò che il potere ordinerà: trattamenti vari, impianto di dispositivi nell’organismo, comportamenti alimentari, ecc. Nel frattempo aumenterà la mole di dati contenuta nel greenpass digitale: i dati sulla vaccinazione saranno integrati con quelli della propria cartella clinica, quindi con quella dei rapporti con la P.A., con la posizione previdenziale, con i dati degli spostamenti e dei contatti, rigorosamente tracciati, con quelli finanziari fino alla fusione di tutti questi aspetti.

A quel punto tutto sarà pronto per l’instaurazione del sistema cinese dei crediti sociali. Ogni cittadino avrà un monte-punti che potrà incrementare, o vedersi decurtare, non solo con il lavoro ma con comportamenti e opinioni che lo stato, i governanti di turno riterranno “virtuosi”, cioè non in dissenso col potere. Le banche centrali, coordinate dalla Banca dei Regolamenti Internazionali, stanno introducendo le valute digitali, non convertibili in contante. Il passo successivo sarà la convertibilità dei crediti sociali in moneta digitale. Allora la versione più evoluta del greenpass sarà il marchio senza il quale nessuno potrà più comprare o vendere, ma nemmeno veder rispettati i propri inalienabili diritti. Per i palati più fini, si può aggiungere che la Microsoft, un altro dei protagonisti del cambiamento in atto per via pandemica, ha già brevettato un sistema per il mining, l’estrazione di valuta digitale/credito sociale sulla base dei dati biometrici delle persone.

Se gli autori di questo piano hanno già fatto cose incredibili in meno di due anni, la sospensione delle costituzioni democratiche sorte dopo la sconfitta dei totalitarismi del Novecento, perché non credere loro quando affermano che l’uomo comune che uscirà dal questo processo storico in corso “non possiederà nulla”? Nel giro di pochi anni, entro questo decennio come dicono loro stessi, nulla sarà più di proprietà personale. Tutti i patrimoni, mobili e immobili, case, macchine, vestiti, ecc. saranno di proprietà di pochissimi ultraricchi. Una sorta di socialismo dei miliardari. Per tutti gli altri la proprietà privata sparirà. La segregazione, degli oppositori e di ogni posizione critica, sarà la regola, così come il confinamento per caste: solo l’élite ultraricca potrà liberamente muoversi, tutti gli altri, a cascata subiranno delle limitazioni della mobilità sulla base del loro rango sociale e delle opinioni che manifestano. Tutto ciò potrà esser fatto senza ricorrere a un imponente stato di polizia, basterà procedere nella strada intrapresa col greenpass: il codice digitale individuale determinerà la vita dei cittadini in ogni aspetto.

Da tutto ciò si può evincere che stiamo camminando su un crinale nel quale alla possibilità di venirne fuori, smascherando la grande impostura a cui si assiste, si contrappone un duplice rischio: quello di imboccare la strada verso anni bui di una inaudita forma di totalitarismo, oppure il rischio che la violazione in corso dei diritti umani fondamentali, unita a un clima diffuso di intolleranza verso il pluralismo, di criminalizzazione delle opinioni critiche della narrativa ufficiale, delegittimi a tal punto il potere da farci scivolare inesorabilmente verso gli orrori di una nuova guerra civile, magari favorita da altri concomitanti shock finanziari, climatici o di sabotaggio delle infrastrutture digitali, sui quali coloro che esercitano di fatto il potere mondiale, dimostrano di poter intervenire.

Credo si debba sentire la gravità dell’ora, agire per far prevalere un clima di dialogo, per sanare le crescenti fratture sociali, per rivendicare alla politica il controllo delle possibili applicazioni delle tecnologie, perché alcune contribuiscono al bene comune, altre sembrano minarlo alle fondamenta. E soprattutto fare queste cose in tempo utile, prima che qualcosa possa andare storto, prima che le cose prendano una piega dalla quale poi non sarà più possibile uscirne se non ad un carissimo prezzo.


7 Commenti

  1. Tecnocrazia, transumanesimo e spinta verso un pensiero unico totalizzante con la cancellazione perfino della memoria del passato sono minacce reali. Non condivido invece la minimizzazione, talora spinta fino alla negazione, della pandemia in corso: non è affatto una semplice malattia curabile col ricorso ai farmaci già a disposizione. Le pandemie da nuovi agenti infettivi (basti leggere Spillover) sono un fenomeno in crescita. Le cause sono molte, a partire dall’eccessivo numero di esseri umani sul pianeta. I vaccini messi in campo sono il principale mezzo a nostra disposizione per tentare di farvi fronte.
    La libertà di ricorrere alla vaccinazione da parte delle singole persone, invocata da molti, denota quanto ormai il termine libertà sia stato svuotato del suo vero significato. Si ignora che lo scopo principale delle vaccinazioni è la salvaguardia della collettività prima che dei singoli individui. E la tutela della collettività viene prima dei diritti individuali.
    Quanto al “green pass”, ho un interrogativo: quale è il suo obiettivo? Limitare la diffusione del morbo oppure spingere gli indecisi a vaccinarsi? Si dirà entrambi, ma credo invece che sia principalmente il secondo. A tal fine, bisogna avere il coraggio di introdurre la vaccinazione obbligatoria, anche perché il green pass rischia di scaricare tutti gli oneri sui soliti soggetti che già hanno subito i maggiori danni economici in questo anno e mezzo.
    C’è un diffuso atteggiamento, in specie tra i politici e il mondo dell’informazione ad esso favorevoli, che può essere così riassunto: ”Siamo in guerra contro la pandemia: armiamoci e partite”. Non va bene; bisogna dire: “Armiamoci e partiamo tutti”. Forse è il caso di esigere un contributo economico da tutti quanti (come il sottoscritto) non hanno perso nemmeno un centesimo in questi mesi di pandemia invece di gravare sempre sugli stessi.

    • Credo che il dibattito, anziché la narrazione a senso unico, sia sempre la via migliore per affrontare i problemi. Vale anche per l’emergenza sanitaria. Se n’è accorto pur timidamente anche il quotidiano La Stampa, che con alcuni interventi – da sinistra, rarità! – ha prodotto qualche crepa nella versione ufficiale. Gli interventi degli amici sul tema, aprono a loro volta questioni molti importanti da discutere.

      Inizio col dialogare con Giuseppe Ladetto, che mi pare colga il dato che accomuna questa emergenza sanitaria con le altre che ci propone in modo martellante il circuito mediatico: quello di una equa distribuzione degli oneri fra tutti. Dal punto di vista economico le restrizioni hanno colpito pesantemente alcune categorie e lasciato indenni altre. Sarà così, o peggio ancora, anche per la presunta emergenza climatica, se verrà rispettato il piano di Bruxelles, fortemente sconnesso con la realtà, di transizione green. La sostituzione delle democrazie con lo stato di emergenza permanente (il mondo libero è durato 75 anni, dal 1945 al 2020 e difficilmente ritornerà senza enormi stravolgimenti) inibisce la funzione fondamentale della politica, quella della ricerca della solidarietà sociale, componendo interessi contrastanti, e giustifica le élites dominanti ad attuare i loro progetti senza adeguate mediazioni, con esiti che non tarderanno a manifestarsi in modo tragico.
      Ladetto, inoltre, citando l’ideologia dello spillover, del salto di specie dei virus che mette in relazione pandemie, presunto riscaldamento globale e presunta sovrappopolazione apre un ulteriore campo di discussione. A me, quella del bestseller di Quammen, il Piero Angela americano, sembra un’impostazione malthusiana da cui prendere le distanze e funzionale alla proclamazione, squisitamente politica, cui stiamo assistendo, dell’”era delle pandemie”.
      Ladetto, infine, fa una affermazione che al di là delle sue intenzioni senza dubbio condivisibili, non mi sento di sostenere: “lo scopo principale delle vaccinazioni è la salvaguardia della collettività prima che dei singoli individui. E la tutela della collettività viene prima dei diritti individuali”. Mounier ci ricorda il giusto equilibrio tra persona e comunità, con una visione che sta agli antipodi da quella di Hegel che porta allo stato assoluto ed etico. Il rapporto fra i due termini, persona e comunità, è intimo e profondo ma non può essere di tipo teleologico. L’emergenza sanitaria comunque la si consideri – una vera pandemia oppure una forma influenzale della famiglia dei coronavirus perfettamente gestibile come le passate forme influenzali, ma amplificata ad arte per instaurare la dittatura digital-terapeutica globale a guida sino -tedesca – ci ha fatto fare un salto culturale all’indietro di 2 millenni, a prima di Cristo, quando la malattia era considerata la prova di una colpa punita dalla divinità. Cosi ora si parla con spensieratezza di negare le cure ai non vaccinati e di obbligatorietà dei sieri sperimentali genici (tali sono i prodotti a RNA messaggero, non vaccini) e per di più che alla prova dei fatti, vedi Israele e Regno Unito, con più popolazione vaccinata, hanno dimostrato di non dare protezione dal virus tantomeno di fermarne la circolazione.
      Mai la salute personale di nessuno è sacrificabile a tutela per quella pubblica: se si infrange questo limite di civiltà, codificato da Norimberga a Oviedo, si torna alla logica della colonna infame, al supplizio per gli untori, si torna a Mengele alle sperimentazioni indiscriminate di massa.
      Già il greenpass al di là dei nobili fini con cui lo si giustifica, ha creato in concreto un sistema di segregazione, di apartheid. Nel Canada occidentale vi sono già le strutture adibite a campi di concentramento per i non vaccinati e se il piano covid non viene fermato, siccome unica è la regia a livello globale, arriveranno anche qui, insieme alla gestione militare dei prossimi lockdowns. Quando si introduce un sistema basato sulle discriminazioni l’approdo, prima o poi, sono i lager.
      Ecco, dunque che serve il dibattito per riflettere sui rischi che stiamo correndo e per renderci conto dell’estrema, enorme gravità di ciò che è già successo sinora sul piano democratico e costituzionale.

  2. Gentile Sig. Giuseppe Davicino, può essere così cortese da mettere nome e cognome dei “socialisti miliardari” o “élite ultraricca”? Non dovrebbero essere tantissimi, vero? In modo che si possa verificare facilmente, quando succederà, a breve, mi par di capire, chi avrà il possesso, ad esempio, dei miei “patrimoni, mobili e immobili, case, macchine, vestiti, ecc.”. Me lo vedo Jeff Bezos, farà parte della cerchia, I suppose, con la mia Kia Ceed! Grazie! PS: commento leggermente provocatorio, ma provocato!

    • Caro Maurizio Franchetti, la provocazione, se ben dosata, stimola il dibattito.
      “Non possiederai nulla. E sarai felice.” è lo slogan coniato dal Forum Economico Mondiale di Davos e sintetizza la visione della società prossima futura, degli ultraricchi.
      Tramite l’estensione della sharing economy a tutti gli aspetti della vita (abitazione, trasporti, e qualunque altro bene o servizio) e la cittadinanza a punti che, a ordinamento giuridico immutato, renderà di fatto la proprietà privata un privilegio riservato alle sole élites, ciò che ora pare impossibile, ha invece non poche probabilità di potersi realizzare. Nell’ultimo anno e mezzo hanno già tolto libertà e diritti che sembravano inattaccabili perché costituzionalmente garantiti. Diamo tempo al tempo. Si tratta di un processo grandioso e complesso, quanto terrificante, già avviato, verso un nuovo sistema economico e sociale, pianificato a livello globale, che sta andando a regime, sfruttando l’emergenza sanitaria, nel quale non è più contemplata la proprietà privata per i normali cittadini.
      Solo la politica può impedire ormai un tale esito in modo pacifico. Se non lo farà, c’è da temere che si stia andando verso una forma di totalitarismo mai visto prima nella storia oppure, verso rivolgimenti di tipo cruento perché, purtroppo, come ci ricorda Guido Bodrato, commentando le vicende afghane, «resta vero che “la violenza e’ matrice della storia”.»

  3. Ma allora dove sono quelli che sanno come intervenire per invertire tale tendenza perversa ? Come estendere questo richiamo urgente ai più svantaggiati e inesperti non fruitori dei mezzi informatici complicati e sconosciuti ? Grazie, Nazzareno

    • Caro Nazzareno, penso non sia facile fermare il sistema che ha generato un clima di sproporzionato allarmismo sull’infezione covid e proibito di curarla con i farmaci giusti per favorire dei vaccini che si stanno rivelando inefficaci e in tanti casi addirittura nocivi. Perché c’è una regia globale.
      I partiti, i corpi intermedi, la stessa Chiesa, tramite le associazioni ad essa legate, dovrebbero svolgere questa opera di sensibilizzazione tra il popolo, circa i pericoli di totalitarismo, e di orientamento per il ritorno alla normalità e per il pieno ripristino dei diritti costituzionali.
      Se non lo stanno facendo, allora la situazione non può che degenerare ulteriormente, fino a quando i cittadini scopriranno sulla loro salute, sulle loro attività economiche di esser stati ingannati.
      Speriamo di non arrivare a quel punto e intanto ognuno di noi può fare delle scelte quotidiane atte a contrastare il consolidamento di questa dittatura sanitaria.
      E per i credenti è il momento della preghiera, individuale e collettiva, contro le forze del Male nella certezza che non prevarranno.

  4. A fronte di una visione emotivo-complottista io preferisco un’approccio più razionale. Da sempre l’innovazione, soprattutto se troppo rapida, ha creato e crea negli umani, una reazione della corteccia prefrontale con segnali di pericolo fonte di ansia e che possono produrre tre possibili reazioni: la fuga, l’aggresività, la paralisi. In termini psico-sociali:
    a) il rifiuto dell’innovazione, il rifugiarsi nei ” vecchi, sani, valori del passato, che non impediscono al nuovo di trionfare;
    b) la reazione all’innovazione, il luddismo, che provoca la controreazione degli innovatori che, forse anzichè complotti, pensano ai loro “affari”(pagare poche imposte, vendere più farmaci, gestire le reazioni sociali indesiderate);
    c) l’accettazione passiva di tutti gli effetti dell’innovazione sia positivi che perversi, partendo dal presupposto che “il nuovo non si può fermare”.
    Io, da gius-economista, ritengo che il nuovo debba essere “previsto in anticipo” valutando i rischi e le opportunità, debba essere “regolato” non solo da leggi, ma da regole sociali e da comportamenti delle “avanguardie consapevoli”, debba essere “spiegato” ai giovani perchè realizzino i contro-poteri atti a controbilanciale gli squilibri inevitabili provocati dalle innovazioni. Certo vi sarà un periodo intermedio di “transizione” inevitabile. L’alternativa è la “rivoluzione” spesso conservatrice che però è foriera di controrivoluzioni peggiori.

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