Siamo all’interno di una crisi pandemica, che sta all’interno di una crisi socioeconomica, a sua volta all’interno di una crisi ancora più vasta, quella del pensiero. Il presidente del Consiglio Draghi, nella recente presentazione del Piano nazionale di resilienza e ripresa, giustamente avverte che nessun piano economico funzionerà “se non sorgeranno in ogni categoria e in ogni centro uomini disinteressati […]” e, noi aggiungiamo, di solido pensiero.
I partiti politici che lo sostengono sono, in larga parte, i prodotti di tale crisi del pensiero, del suo regresso o addirittura sulla sua totale mancanza. Un partito che prenda ispirazione dal pensiero cristiano è certamente un grande passo nella giusta direzione. Ma dobbiamo chiederci se è sufficiente.
Da cosa prende origine la debolezza del pensiero, il relativismo, come l’ha definito Benedetto XVI, che alla fine porta al nichilismo? È probabilmente il prodotto dalla crisi dei pensieri “forti”, di quello religioso e di quello scientifico. La prima nasce con la modernità, con la scienza moderna, con Galileo. La crisi della conoscenza scientifica è invece più recente, in un certo senso è una novità. La scienza contemporanea è “costretta” a rinunciare all’idea di verità per rifugiarsi in quella dell’ipotesi, della verità provvisoria. Ed è anche troppo complessa, sempre più lontana da quella di Galileo, che illuminava, armonica, capace di insinuarsi generalmente in tutti, persino nei contadini, in virtù di un istinto nascosto”. La scienza oggi, come proposta di verità, non funziona più.
La caratteristica più interessante di tale crisi, il riconoscimento della propria incompletezza, apre però la porta alla riduzione di quella frattura con la religione che ha poi caratterizzato l’intera modernità, e quindi alla possibile ricomposizione delle due strutture di pensiero più importanti che l’uomo ha avuto in dono. Lo ha ricordato, nel discorso che non gli è stato concesso di pronunciare alla Sapienza di Roma, Benedetto XVI citando Agostino “chi vede soltanto quello che avviene nel mondo diventa triste”. Lo ha ribadito Einstein “La scienza senza religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca”. Che questo sia il compito attuale di un cristiano, ed ancor di più di cristiani impegnati in politica, con il dovere di un sapere corretto, è l’esortazione che Giovanni Paolo II aveva voluto fare attraverso la Fides et ratio: “L’uomo è capace di giungere ad una visione unitaria e organica del sapere […] questo è il compito di cui il pensiero cristiano dovrà farsi carico […] per giungere fino a comprendere le acquisizioni fondamentali del pensiero moderno e contemporaneo [quelle scientifiche]”.
La scienza è aspirazione alla verità. Ma si rende necessaria, nella sua versione tecnologica, anche nell’altra grande aspirazione dell’uomo, quella alla fraternità. Nel recente libro di Bill Gates che riassume i termini del problema della “catastrofe climatica” dovuta al surriscaldamento del pianeta, il punto di partenza è che non si possa, per giustizia, chiedere ai miliardi di persone che non hanno ancora raggiunto il nostro livello di benessere, e al quasi un miliardo di essi che non ha ancora la corrente elettrica, di rinunciarvi. Ed è attualmente impossibile costruire un’economia dove tutti abbiano opportunità lavorative in mancanza, per esempio, di enormi quantità di energia elettrica. Ma se vi è una correlazione diretta tra reddito e quantità di energia consumata, allo stesso modo sono direttamente collegati il consumo di energia con la produzione di gas serra, il riscaldamento globale e la catastrofe climatica. E in tale mutamento saranno i poveri quelli che hanno più da perdere.
Si pone quindi il dilemma di come contemporaneamente salvare il pianeta e raggiungere la giustizia sociale. Per Gates, che si autodefinisce un tecnofilo, la condizione necessaria, anche se non sufficiente, è l’innovazione tecnologica con gli immensi investimenti che essa richiede. Certo manca qualcosa. La tecnologia che ci salva dai danni provocati dalla tecnologia è un circolo che può pericolosamente trasformarsi in un incubo, per evitare il quale il pensiero etico è indispensabile. Ciò significa anche che è con la scienza che nel prossimo futuro la politica, e l’umanità per mezzo di essa, dovrà fare i conti.
I partiti politici che lo sostengono sono, in larga parte, i prodotti di tale crisi del pensiero, del suo regresso o addirittura sulla sua totale mancanza. Un partito che prenda ispirazione dal pensiero cristiano è certamente un grande passo nella giusta direzione. Ma dobbiamo chiederci se è sufficiente.
Da cosa prende origine la debolezza del pensiero, il relativismo, come l’ha definito Benedetto XVI, che alla fine porta al nichilismo? È probabilmente il prodotto dalla crisi dei pensieri “forti”, di quello religioso e di quello scientifico. La prima nasce con la modernità, con la scienza moderna, con Galileo. La crisi della conoscenza scientifica è invece più recente, in un certo senso è una novità. La scienza contemporanea è “costretta” a rinunciare all’idea di verità per rifugiarsi in quella dell’ipotesi, della verità provvisoria. Ed è anche troppo complessa, sempre più lontana da quella di Galileo, che illuminava, armonica, capace di insinuarsi generalmente in tutti, persino nei contadini, in virtù di un istinto nascosto”. La scienza oggi, come proposta di verità, non funziona più.
La caratteristica più interessante di tale crisi, il riconoscimento della propria incompletezza, apre però la porta alla riduzione di quella frattura con la religione che ha poi caratterizzato l’intera modernità, e quindi alla possibile ricomposizione delle due strutture di pensiero più importanti che l’uomo ha avuto in dono. Lo ha ricordato, nel discorso che non gli è stato concesso di pronunciare alla Sapienza di Roma, Benedetto XVI citando Agostino “chi vede soltanto quello che avviene nel mondo diventa triste”. Lo ha ribadito Einstein “La scienza senza religione è zoppa, la religione senza la scienza è cieca”. Che questo sia il compito attuale di un cristiano, ed ancor di più di cristiani impegnati in politica, con il dovere di un sapere corretto, è l’esortazione che Giovanni Paolo II aveva voluto fare attraverso la Fides et ratio: “L’uomo è capace di giungere ad una visione unitaria e organica del sapere […] questo è il compito di cui il pensiero cristiano dovrà farsi carico […] per giungere fino a comprendere le acquisizioni fondamentali del pensiero moderno e contemporaneo [quelle scientifiche]”.
La scienza è aspirazione alla verità. Ma si rende necessaria, nella sua versione tecnologica, anche nell’altra grande aspirazione dell’uomo, quella alla fraternità. Nel recente libro di Bill Gates che riassume i termini del problema della “catastrofe climatica” dovuta al surriscaldamento del pianeta, il punto di partenza è che non si possa, per giustizia, chiedere ai miliardi di persone che non hanno ancora raggiunto il nostro livello di benessere, e al quasi un miliardo di essi che non ha ancora la corrente elettrica, di rinunciarvi. Ed è attualmente impossibile costruire un’economia dove tutti abbiano opportunità lavorative in mancanza, per esempio, di enormi quantità di energia elettrica. Ma se vi è una correlazione diretta tra reddito e quantità di energia consumata, allo stesso modo sono direttamente collegati il consumo di energia con la produzione di gas serra, il riscaldamento globale e la catastrofe climatica. E in tale mutamento saranno i poveri quelli che hanno più da perdere.
Si pone quindi il dilemma di come contemporaneamente salvare il pianeta e raggiungere la giustizia sociale. Per Gates, che si autodefinisce un tecnofilo, la condizione necessaria, anche se non sufficiente, è l’innovazione tecnologica con gli immensi investimenti che essa richiede. Certo manca qualcosa. La tecnologia che ci salva dai danni provocati dalla tecnologia è un circolo che può pericolosamente trasformarsi in un incubo, per evitare il quale il pensiero etico è indispensabile. Ciò significa anche che è con la scienza che nel prossimo futuro la politica, e l’umanità per mezzo di essa, dovrà fare i conti.
Egr. M. Cotti Piccinelli, concordo con l’origine e la caratteristica della grave crisi che coinvolge l’intero pianeta e che si manifesta anche duramente nella Chiesa Cattolica. Crisi di ogni valore, crisi della ragione e della scienza, quest’ultima con la tecnica sprofondatasi, se si pensa che A. Comte era certo che essa avrebbe dato origine finalmente ad una società perfetta, come non era mai esistita. Le illusioni! Gli infingardimenti! Gli autoinganni! Se non si sale sullo sgabello della Fede e non si guarda al di là del muro dell’umano non riusciremo e recuperare Verità e Ragione.