Al nome di François Mitterrand, primo presidente di sinistra della Quinta repubblica e tra i protagonisti dell'integrazione europea, è associata una “dottrina” o, per meglio dire, una prassi che ha permesso a decine di terroristi italiani rifugiati in Francia di sottrarsi alla giustizia del nostro Paese.
In realtà, da un punto di vista della genesi storica, quella che viene considerata la “dottrina Mitterrand” - cui si sono attenuti anche presidenti di centro-destra come Jacques Chirac o Nicolas Sarkozy, e che Emmanuel Macron ha finalmente osato infrangere – prevedeva che la protezione fosse accordata, negando l'estradizione in Italia, solo a coloro che non avessero commesso degli omicidi. Purtroppo negli anni, di questa prassi è stata fornita un'interpretazione talmente estensiva fino a ricomprendere anche conclamati assassini.
Il problema è che Oltralpe, molte persone, per lo più degli ambienti di sinistra ma non solo, imbeccate dalla nostrana lobby pseudo progressista, sempre tenera nei confronti dell'estremismo rosso, si sono fatte una lettura del tutto distorta dei nostri “anni di piombo”. L'Italia è stata così dipinta come un Paese autoritario ove non venivano rispettate le normali garanzie processuali di uno Stato di diritto, quasi ci fossimo trasformati in una dittatura come il Cile di Pinochet. E' surreale che in Francia, nazione a noi tanto prossima, si sia potuto credere a queste balle colossali e che vi abbia anche creduto buona parte della classe politica. Un equivoco sul quale verrebbe da sorridere se di mezzo non ci fossero decine di morti ammazzati.
Una cecità di fronte ai fatti che purtroppo perdura, visto che in questo periodo, in quotidiani progressisti come Le Monde e Liberation, sono comparse diverse petizioni a favore di questi latitanti. In una di queste, pubblicata su Le Monde del 21 aprile, si dice dei terroristi che <<sono arrivati in Francia agli inizi degli anni Ottanta, più di quarant'anni fa. Hanno partecipato alla grande onda di contestazione politica e sociale che ha profondamente segnato l'Italia durante il decennio che è seguito al 1968. Venivano da gruppi diversi, avevano storie diverse, ed erano perseguitati dalla giustizia italiana per la loro attività politica. Sono stati protetti perché in alcuni casi, le condizioni della giustizia italiana, sotto la necessità di una risposta urgente alle derive terroriste della contestazione sociale, lasciavano paradossalmente temere che tutte le garanzie di equità non fossero rispettate; ...>>. E qualche riga dopo si afferma che <<per chiudere la vicenda ci sarebbe voluta una proposta di amnistia. Questa possibilità non è stata seguita ed era legata ad un progetto di riforma costituzionale che non ha mai visto la luce>>.
Siamo davvero al ridicolo, per giungere poi al totale delirio quando ci si riferisce addirittura ad una fantomatica riforma costituzionale, dai contorni indefiniti, di cui in Italia – ci mancherebbe solo questo - non si è ovviamente mai discusso. Emerge - ed è questa la cosa grave ed incredibile - una totale misconoscenza del fatto che a cavallo degli anni Settanta ed Ottanta alcune organizzazioni terroristiche volevano scardinare il nostro sistema democratico, vagheggiando di una chimerica rivoluzione e che per raggiungere il loro folle scopo non hanno esitato ad uccidere politici, giornalisti, magistrati e sindacalisti. In Italia non c'erano dei romantici guerriglieri contro una dittatura oppressiva, ma dei fanatici eversori di una normale democrazia.
Ma il peggio di questa vicenda avviene, e c'era da scommetterci, a casa nostra dove, diversamente che in Francia, si sa benissimo cosa è realmente accaduto. E invece su quotidiani come il Riformista o il Manifesto si sono potuti leggere accorati editoriali in difesa dei latitanti. Ha ragione Gianni Barbacetto, giornalista del “Fatto quotidiano”, quando dice: <<invito chi parla di persecuzione a farsi una domanda “direste la stessa cosa a proposito di fascisti, poliziotti e generali coinvolti nelle stragi e nella strategia della tensione?”>>. In verità questa domanda attende ancora una risposta. E probabilmente non l'avremo mai.
In realtà, da un punto di vista della genesi storica, quella che viene considerata la “dottrina Mitterrand” - cui si sono attenuti anche presidenti di centro-destra come Jacques Chirac o Nicolas Sarkozy, e che Emmanuel Macron ha finalmente osato infrangere – prevedeva che la protezione fosse accordata, negando l'estradizione in Italia, solo a coloro che non avessero commesso degli omicidi. Purtroppo negli anni, di questa prassi è stata fornita un'interpretazione talmente estensiva fino a ricomprendere anche conclamati assassini.
Il problema è che Oltralpe, molte persone, per lo più degli ambienti di sinistra ma non solo, imbeccate dalla nostrana lobby pseudo progressista, sempre tenera nei confronti dell'estremismo rosso, si sono fatte una lettura del tutto distorta dei nostri “anni di piombo”. L'Italia è stata così dipinta come un Paese autoritario ove non venivano rispettate le normali garanzie processuali di uno Stato di diritto, quasi ci fossimo trasformati in una dittatura come il Cile di Pinochet. E' surreale che in Francia, nazione a noi tanto prossima, si sia potuto credere a queste balle colossali e che vi abbia anche creduto buona parte della classe politica. Un equivoco sul quale verrebbe da sorridere se di mezzo non ci fossero decine di morti ammazzati.
Una cecità di fronte ai fatti che purtroppo perdura, visto che in questo periodo, in quotidiani progressisti come Le Monde e Liberation, sono comparse diverse petizioni a favore di questi latitanti. In una di queste, pubblicata su Le Monde del 21 aprile, si dice dei terroristi che <<sono arrivati in Francia agli inizi degli anni Ottanta, più di quarant'anni fa. Hanno partecipato alla grande onda di contestazione politica e sociale che ha profondamente segnato l'Italia durante il decennio che è seguito al 1968. Venivano da gruppi diversi, avevano storie diverse, ed erano perseguitati dalla giustizia italiana per la loro attività politica. Sono stati protetti perché in alcuni casi, le condizioni della giustizia italiana, sotto la necessità di una risposta urgente alle derive terroriste della contestazione sociale, lasciavano paradossalmente temere che tutte le garanzie di equità non fossero rispettate; ...>>. E qualche riga dopo si afferma che <<per chiudere la vicenda ci sarebbe voluta una proposta di amnistia. Questa possibilità non è stata seguita ed era legata ad un progetto di riforma costituzionale che non ha mai visto la luce>>.
Siamo davvero al ridicolo, per giungere poi al totale delirio quando ci si riferisce addirittura ad una fantomatica riforma costituzionale, dai contorni indefiniti, di cui in Italia – ci mancherebbe solo questo - non si è ovviamente mai discusso. Emerge - ed è questa la cosa grave ed incredibile - una totale misconoscenza del fatto che a cavallo degli anni Settanta ed Ottanta alcune organizzazioni terroristiche volevano scardinare il nostro sistema democratico, vagheggiando di una chimerica rivoluzione e che per raggiungere il loro folle scopo non hanno esitato ad uccidere politici, giornalisti, magistrati e sindacalisti. In Italia non c'erano dei romantici guerriglieri contro una dittatura oppressiva, ma dei fanatici eversori di una normale democrazia.
Ma il peggio di questa vicenda avviene, e c'era da scommetterci, a casa nostra dove, diversamente che in Francia, si sa benissimo cosa è realmente accaduto. E invece su quotidiani come il Riformista o il Manifesto si sono potuti leggere accorati editoriali in difesa dei latitanti. Ha ragione Gianni Barbacetto, giornalista del “Fatto quotidiano”, quando dice: <<invito chi parla di persecuzione a farsi una domanda “direste la stessa cosa a proposito di fascisti, poliziotti e generali coinvolti nelle stragi e nella strategia della tensione?”>>. In verità questa domanda attende ancora una risposta. E probabilmente non l'avremo mai.
Ottimo articolo, molto dettagliato ed esaustivo.
Quello che sconcerta e appare incomprensibile, a distanza di quarant’anni dal compimento di quei crimini passati in giudicato, é la difesa ad oltranza dei loro esecutori, contumaci da anni, da parte di settori non secondari dell’intellighentsia, soi disant progressista, sia nazionale sia d’oltralpe.
Di certo non può essere messa in discussione la loro capacitá critica e la conoscenza dei fatti, nonchè dell’ordinamento giuridico italiano con l’ampio apparato delle garanzie previste per gli imputati.
Queste prese di posizione danno l’impressione di trovarci di fronte ad anacronistici reduci di una tragica stagione che, consapevolmente, si rifiutano di accettare una realtà che, purtroppo, non può essere modificata.