Insieme, la destra, la sinistra



Alessandro Risso    27 Aprile 2021       2

“Abbiamo sempre affermato che ci saremmo definiti non in negativo ma in base ai nostri valori e alle nostre proposte programmatiche. Se esplicitiamo queste proposte scopriremo che su alcuni dei nostri punti saremo ‘antagonisti’ a forze di sinistra (se per esempio definiscono l’aborto come un diritto o propongono politiche distruttive della famiglia naturale), su altri a forze di destra (se propongono di uscire dall’Euro oppure di abbandonare in mare i migranti). Su altri punti programmatici saremo alternativi… E su altri addirittura collaboreremo con questi e con quelli!”.

Questo passaggio è il punto centrale della riflessione che Maurizio Cotta fa sulla definizione di Insieme come partito considerato politicamente “antagonista alla destra e alternativo alla sinistra”, una frase che ha aperto un interessante dibattito interno al partito dopo essere stata citata nel mio recente articolo in risposta e confronto con Vincenzo Ortolina, esponente del PD lombardo (CLICCA QUI).

Il parere di Maurizio merita la massima attenzione, sia per l’autorevolezza dello studioso, sia per la passione con cui, insieme a Paolo Floris, svolge per Insieme il ruolo di coordinatore del programma, sia per l’amicizia non formale che si è tra noi instaurata in questi mesi di impegno comune nel partito nuovo. Cercherò quindi di approfondire la questione all’insegna della massima chiarezza e linearità di pensiero.

Prima sono necessarie alcune precisazioni. Ha ragione Cotta nel dire che “in realtà una formula del genere non compare né nello Statuto né nel documento programmatico” e neppure in altri documenti ufficiali di Insieme. Da dove allora l’ha presa l’ex sindaco di Carugate? Facendo una ricerca internet, la frase “antagonisti (o antitetici) alla destra e alternativi alla sinistra” si collega subito a vari articoli di ottobre-novembre 2019 che presentano il “nuovo soggetto politico” ispirato e prospettato dal “Manifesto Zamagni”. Insieme non c’era ancora – sarebbe nato solo un anno dopo, il 4 ottobre 2020 – ma questa caratteristica lo ha accompagnato per tutta la fase di gestazione e nei primi mesi di vita, e senza suscitare obiezioni. Per dire, erano usciti resoconti sul nuovo soggetto politico e su Insieme dopo la sua nascita che parlavano di “partito cattolico”: subito erano stati contestati, ribadendo l’assoluta laicità dell’iniziativa, aperta a credenti e non, sulla base dell’adesione ai principi e al programma enunciati. Invece non vi sono mai state riserve o puntualizzazioni sull’etichetta “antagonisti alla destra, alternativi alla sinistra” che ci è rimasta appiccicata addosso; anzi, ogni tanto è stata ribadita in articoli (ricordo di Galbiati e Dellai) su “Politicainsieme”, “Il Domani d’Italia” e “Rinascita popolare”. Fino a quando Ortolina l’ha ripresa lamentando che mettessimo sullo stesso piano “la destra autoritaria, opportunista e rozza” e il PD, non cogliendo la differenza tra i due aggettivi – “antagonisti” e “alternativi” – che sono in realtà diversi. Ma proprio su questa diversità si è sviluppato l’interessante dibattito interno, che è utile approfondire e allargare.

“Non ci interessa il partito o l'ideologia, ci interessa la persona – ha scritto un amico veronese, Antonino Calogero –. E lavorando su ogni singola persona cerchiamo collaborazione su ogni singolo progetto che sosteniamo, certi che l'altro è sempre una ricchezza per me. Per cui non cadiamo nel giochino delle alleanze e degli schieramenti. Siamo qui per servire (possibilmente con intelligenza) con il lavoro e la fatica di studiare i problemi e di proporre delle soluzioni, non per schierarci”. Parole che non si possono non condividere. E allora potrebbe sembrare una indebita “preferenza” per la sinistra la formula “antagonisti / alternativi”, pur se tutti in Insieme consideriamo necessario superare il fallimentare bipolarismo della Seconda Repubblica che accomuna i partiti del centrodestra e del centrosinistra, e ribadiamo la nostra piena autonomia ed estraneità al quadro e alla prassi politica odierna. Quindi “la formula poco ci aiuta per definirci mentre dobbiamo riportare la nostra dialettica con tutte le forze politiche alla nostra proposività programmatica” ribadisce Cotta. E rinforzo il suo pensiero con un esempio. Per rigenerare la politica va restituita la piena sovranità al cittadino elettore, con il sistema proporzionale e le preferenze. Basta premi di maggioranza e nominati dai capi partito. Chiunque con noi voglia questa riforma – osteggiata da tutti i partiti oggi sul palcoscenico della politica – è un compagno di strada in una battaglia per la democrazia. Fossero i comunisti, i radicali o Casa Pound. Essere “partito di programma” – caratteristica che abbiamo ereditato dal PPI sturziano – e fiduciosi nel dialogo sui temi concreti, significa non avere pregiudizi ideologici e confrontarci con tutti. Quindi, cambiando il tema in discussione, possiamo essere egualmente antagonisti o alternativi o collaborativi verso destra o verso sinistra. E, concludendo, non sarebbe per questo corretto considerare Insieme “antagonista alla destra e alternativo alla sinistra”. Punto.

Però…

Però, c’è ancora da considerare un aspetto, e non proprio di poco conto. Lo esprimo a ciascuno di voi che state leggendo, e in particolare a Maurizio Cotta, anche per rispondere pienamente alla sua premessa – “Amicus Plato...” – di essere tra noi prima di tutto amici della verità.

“Insieme si riconosce pienamente nei principi espressi dalla Costituzione repubblicana, trae ispirazione dalla grande lezione della Dottrina sociale della Chiesa, dalla tradizione politica popolare e dalle sue grandi figure, come Sturzo, De Gasperi, Fanfani, La Pira, Moro (…)”. Così recita l’articolo 2 dello Statuto del partito al terzo paragrafo.

Che la Costituzione della Repubblica, nata dalla Resistenza, sia espressione delle culture che combatterono il fascismo, e quindi non contempli un’apertura di credito politico a 360 gradi, è un dato di fatto che andrebbe considerato. Il 25 aprile appena trascorso, il vivo e attuale ricordo di quella storia trasmesso dalle parole del presidente Mattarella, potrebbero indirizzare il discorso sul significato sempre attuale dell’antifascismo. Ma per evitare l’obiezione di cadere in ragionamenti ideologici sorpassati nel Terzo millennio, preferisco soffermarmi su altro: sulla nostra tradizione culturale e politica, che vogliamo far ritornare protagonista per rispondere alle crisi del presente.

Riferirci alla Dottrina sociale cristiana significa per noi essere consapevoli di essere eredi di quel movimento originato dalla Rerum Novarum: prima la creazione di una vasta rete di attività ecclesiali, sociali ed economiche – rimaste legate alla figura di Giuseppe Toniolo – poi la proposta politica con Romolo Murri, in tempi non maturi, e con Luigi Sturzo, che la concretizzò nel primo dopoguerra. Il suo Partito popolare italiano non ebbe la forza di opporsi alla reazione fascista, ma contribuì all’antifascismo e alla Resistenza, per guidare con De Gasperi e la rinata Democrazia cristiana gli anni della ricostruzione dell’Italia tornata alla democrazia.

Noi di Insieme ci richiamiamo dunque alla gloriosa “tradizione politica popolare”. Quella che gli storici definiscono comunemente dei “cattolici democratici”, in contrapposizione ai “clerico-moderati” o “clerico-conservatori”, diventati poi “clerico-fascisti”. A ben vedere non si tratta di una frattura vecchia di un secolo e ormai sorpassata: è invece sempre attuale, se oggi la Chiesa di papa Francesco è osteggiata al suo interno da alti prelati conservatori, e la destra cattolica che a loro guarda è rappresentata politicamente in Italia dall’agitatore di rosari Matteo Salvini.

Quando Sturzo nel 1905 a Caltagirone tenne il famoso discorso che esprimeva la necessità di un diretto impegno politico dei cattolici, usò parole nette: “O sinceramente conservatori o sinceramente democratici. Una condizione ibrida toglie consistenza di partito e confonde la personalità nostra con quella dei conservatori liberali”. E nella sua azione concreta e negli scritti – molto significativo quello tratto da “Il pungolo” di Giuseppe Donati, riproposto da Giancarlo Infante (CLICCA QUI) – ribadì tale distinzione, tra l’altro sempre confermata dalla Storia.

Accettare la divisione tra “conservatori” e “democratici” da un lato toglie ogni illusione sull’unità dei cattolici, che già fatica a vedersi sul piano ecclesiale e che non può esistere sul piano politico. Anche la DC, nella democrazia bloccata frutto della guerra fredda tra USA e URSS, non raccoglieva tutti i cattolici italiani; quando poi il mondo bipolare si frantumò insieme ai calcinacci del Muro di Berlino, poco tempo dopo si spezzò anche il partito unico dei cattolici. Il pluralismo politico dei credenti è un dato di fatto.

Da un altro lato però si deve avere consapevolezza che le analisi e le scelte dei “conservatori” sono diverse e spesso divergenti da quelle dei “democratici”. Che questi ultimi possano essere un po’ più popolari o sociali o liberali non fa poi molta differenza. Alla fine libertà, eguaglianza e fraternità sono nel loro patrimonio culturale, unite agli insegnamenti evangelici che spingono ad occuparsi in primis dei più piccoli, dei più poveri, dei più fragili. Se “conservatori” sono coloro che vogliono mantenere le cose come stanno, generalmente timorosi di perdere rendite di posizione acquisite, i “democratici” sono coloro che vogliono trasformare – verbo centrale del Manifesto Zamagni, alla base del progetto Insieme – un mondo in profonda crisi, morale sociale ed economica. Che vogliono meno individualismo e più comunità, meno egoismo e più solidarietà, meno disuguaglianze e più giustizia sociale, meno oligarchie e più democrazia, meno nazionalismo e più cooperazione, meno finanza e più lavoro, meno sfruttamento e più tutela della persona e del Creato: non so se questi dualismi si possano ricondurre al binomio destra-sinistra, e forse non è del tutto corretto farlo. Ma le parole aiutano a identificare le idee e a renderle comprensibili. Dopo tutto, noi che ammiriamo davvero De Gasperi, non dobbiamo dimenticarci la sua definizione della DC “partito di centro che muove verso sinistra”.

Tutto ciò richiamato, possiamo anche preferire di non etichettare Insieme, che deve qualificarsi con le sue proposte politiche e programmatiche e non cercare di definirsi nella confusa e ambigua geometria politica del sinistra-centro-destra. Si potrebbe anche correre il rischio di cadere in un certo relativismo politico, di essere accusati di opportunismo – una sorta di “questa o quella per me pari sono”, come canta il Duca di Mantova nel Rigoletto –, la stessa critica imputata ai Cinquestelle. Che però non hanno una cultura politica cui fare riferimento, a meno che si consideri tale la demagogia del “vaffa”. Per Insieme i riferimenti ideali e culturali sono una poderosa fonte di interpretazione della realtà e di indirizzo nel pensiero e nell’azione.

E allora sarebbe perlomeno strano, e poco comprensibile, non prendere atto di cosa significa inserirsi nel solco dei “cattolici democratici”, dei Popolari, e non assumere piena consapevolezza del patrimonio storico e culturale che intendiamo rappresentare. Una tradizione, una storia politica che ci permette di affermare, senza reticenze e distinguo, di essere “antitetici alla destra e alternativi alla sinistra”.


2 Commenti

  1. Grazie Alessandro Risso. Riprendendo quanto scritto poco sopra: “Per Insieme i riferimenti ideali e culturali sono una poderosa fonte di interpretazione della realtà e di indirizzo nel pensiero e nell’azione”, sottolineo alcune linee del cattolicesimo democratico, espresso nella dottrina sociale della Chiesa postconciliare, riferimento esplicito di Insieme.

    I cattolici che ricevono cariche pubbliche indubbiamente rappresentano un’occasione per l’innalzamento del tenore etico delle istituzioni. Ma quale sensibilità cattolica è un alimento autentico per la vita pubblica? Il cattolicesimo del campanile? O quello del Vangelo? Un cattolicesimo “di pensiero”, in piedi, “a ragion veduta”, narrazione di un senso inclusivo, figlio di questo tempo confuso, figlio di questa storia, lontano da tradizionalismi retrivi può di nuovo essere presente e vivo… La vita pubblica ha bisogno di essere alimentata, non può essere ridotta a mere procedure oppure ostaggio della tecnofinanza mercatale, cassando il volto umano del soggetto: la modernità si è aperta con questa paradossale esclusione del volto umano del soggetto dall’architettura della vita civile. Abbiamo a nostra disposizione i serbatoi immensi della tradizione filosofica e teologica (intesa come forza di liberazione e di prossimità, in ascolto dell’Altro e quindi dell’altro…), dove la ragione secolare può aiutare a purificare e mantenere il volto umano delle religioni (i rischi del fondamentalismo, del fideismo e della superstizione) e dove queste ultime possono correggere la ragione secolare sul versante della gestione del potere, ricordando alla politica che la sua ragion d’essere è penultima e non ultima… dove la ragionevolezza che apre alla religione può trovare nel riferimento al Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Gesù la più possente spinta a vedere nel proprio simile umano (o di altra specie) non più solo un socio, ma un prossimo, un altro me, da custodire e per cui desiderare reciprocamente ogni bene. E’ la grande profezia cristiana della fraternità e della prossimità solidale che si trova appunto realizzata nell’opera e nella prassi di Gesù di Nazareth, il Redentore per i credenti di tutti i secoli, ma ugualmente un possente maestro di fraternità e di testimonianza per tutti coloro che desiderano un bene più grande. Ma, d’altronde, il pensiero sociale cristiano e cattolico è stato spesso l’interlocutore di intellettuali non cattolici, come quando Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti, Giuseppe Vacca hanno scritto una lettera aperta intitolata: “l’emergenza antropologica: una nuova alleanza”, pubblicata nel 2011 sull’Avvenire, in cui questi intellettuali hanno sottolineato l’importanza della presenza del pensiero cattolico per la democrazia italiana e per le crisi difficili che sarebbero seguite. Così ben venga l’impegno dei cattolici in politica… verranno quelli del campanile…? O del Vangelo…?

    Luca Novara (Facoltà Teologica di Sicilia) – Insieme Siracusa.

  2. Sempre in margine a questo articolo, vorrei sottolineare l’appello di qualche giorno fa di Ivo Tarolli su quanto scriveva a proposito del fatto che Insieme “non è ancora il punto di riferimento delle tante esperienze politiche, dei Movimenti e delle Associazioni cristianamente ispirate”.
    A mio avviso, diventa necessario in questo momento di passaggio chiarire ed elaborare meglio il concetto di ispirazione cristiana, perchè mi sembra che esso giochi un ruolo determinante a vari livelli. Il primo di questi è quello di autentica motivazione interiore, per così dire, che muove il singolo associato a partecipare a una azione politica disinteressata a servizio di tutti e specialmente di chi è nel bisogno materiale e immateriale, alimentando così una prossimità generativa tipicamente cristiana; e può anche servire a un chiarimento dei propri posizionamenti interiori sul rispetto della legalità e dell’etica ispirata dalla Costituzione.

    Un secondo livello consegue dal dato che Insieme non è un partito confessionale, non è il partito dei cristiani appartenenti alla confessione cattolica (nemmeno don Sturzo volle l’aggettivo cattolico per il Partito Popolare…) ma sposa apertamente le “visioni del mondo” generate dalla fede cristiana senza però ovviamente chiedere una professione di fede cristiana agli iscritti (nè tantomeno chiedendola agli altri), dichiarando però al contempo che l’azione politica del Partito è ispirata cristianamente.

    Dunque in realtà Insieme non “sposa” la fede cristiana, ma una teoria (visione) e un paradigma per la dimensione pratica tipica della politica, desunta dal Cristianesimo (solo nella confessione cattolica? E le altre confessioni cristiane pure presenti nel Paese?). Questa diventa a mio avviso una considerazione rilevante nel momento in cui il Partito sarà chiamato a motivare le proprie scelte in merito a temi etici sensibili sui quali, nel nostro Paese, si registra sempre una tensione mai sopita (ddl Zan). Se le scelte etiche non vengono da una professione di fede bisognerà dimostrare la convenienza e l’opportunità di alcune scelte di campo rispetto ad altre per la realizzazione del bene politico di tutti.

    Ciò richiede, da parte del Partito, una necessaria elaborazione di pensiero che non ha esiti scontati ed è anzi piuttosto complessa da operare e quindi richiede un impegno di pensiero direi immediato.

    Anche perchè nel nostro Paese la stragrande maggioranza dei credenti cristiani appartengono (o dicono di appartenere) alla confessione cattolica ma nella Chiesa oggi (penso soprattutto ai laici, ma anche al clero) l’unità sui temi morali ma anche sociali è solo un auspicio. Ricordo, a questo proposito, quanto detto dal cardinale presidente della CEI, S.E. mons. G. Bassetti, sulla perdurante divisione dei credenti in “cristiani della morale” e “cristiani del sociale” e su quanto ci sia ancora da capire e parlare in proposito (cattolici del campanile o del Vangelo…?)

    Ritengo che un lavoro del Partito su questo versante sia una premessa necessaria e urgente per un auspicato e indispensabile coinvolgimento dei credenti alla trasformazione del nostro amato Paese.

    Grazie a tutti, a presto
    Luca Novara

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