Dalla fine della primavera 2020 con il diffondersi del coronavirus è in atto negli USA un fenomeno apparentemente poco significativo ma che potrebbe portare grossi cambiamenti sociali e politici: lo spostamento sempre più crescente di persone dalla Silicon Valley e dalle grandi città atlantiche del nord verso il Sud e il Mid-West.
All’inizio sono stati i più ricchi, in modo particolare persone legate al mondo finanziario. Tuttavia, man mano che la pandemia continua, si abbassa il livello economico di chi fugge dalle grandi città per trovare altrove, spesso in piccoli centri, un modo di vita più libero ed economicamente più sostenibile. Naturalmente su questo fenomeno ha inciso molto il cosiddetto smart working, ovvero la possibilità di lavorare a distanza. Oggi questa migrazione è un fenomeno di una certa dimensione e i giornali nordamericani iniziano ad occuparsene spesso. Ad esempio un articolo molto dettagliato di Dereck Thompson sull’Atlantic, storica testata di Boston, citando molti dati sul mercato immobiliare in discesa, conferma che non si tratta di un fenomeno passeggero.
Nel 2020 la California è lo Stato che ha perso più residenti di qualsiasi altro Stato. Seguono poi ovviamente gli Stati più grandi del New England, ovvero New Jersey, Massachussets, Maryland e New York, inteso come Stato e non come metropoli. Essenzialmente questo fenomeno sta facendo abbassare i prezzi delle case nelle grandi città in modo significativo, anzi praticamente sta succedendo per la prima volta da decenni dopo la Seconda guerra mondiale.
Tutto questo ha due risvolti socioeconomici non indifferenti.
Il primo è che le città che perdono residenti perdono anche contribuenti, quindi hanno minori introiti e questo porterà inevitabilmente a tagliare dei servizi, rendendole così meno attrattive.
Il secondo è più complesso ed è di tipo sociologico. Vediamo di chiarirlo con un esempio.
Se una giovane famiglia con alta scolarità che ha vissuto sino a ieri con i dogmi salutisti, green, politically correct, si sposta in una cittadina del Kansas, si troverà sempre più spesso con dei vicini che nei weekend imbastiscono grossi barbecue all’aperto e dove la socialità (Covid a parte) è immediata. Vedranno così che si può vivere anche in modo diverso da quello che han fatto sino a ieri. Allo stesso tempo un meccanico di trattori vedendo che i suoi nuovi vicini vivono tranquillamente anche se non mangiano bistecche tutti i giorni, inizierà a pensare che ci sono modi di vita e di pensiero diversi da quelli visti sinora.
L’esempio del cibo è il più banale e quello più immediato ma sarà inevitabile uno scambio di culture e idee, e questo potrebbe anche fare una sorta di miracolo: ricucire un poco, partendo dal basso, le grandi divisioni che oggi attraversano l’America. Divisioni a cui la politica non ha dato e non da risposte, ma anzi le esacerba.
Per una legge del contrappasso forse tra un po’ si potrà dire che l’esasperazione tecnologica e il grande potere delle bigh tech hanno portato nella direzione opposta a quella voluta (l’uomo non come soggetto ma come un addendum di computer, smarthphone e altri devices) favorendo un ritorno alle origini del sogno americano.
All’inizio sono stati i più ricchi, in modo particolare persone legate al mondo finanziario. Tuttavia, man mano che la pandemia continua, si abbassa il livello economico di chi fugge dalle grandi città per trovare altrove, spesso in piccoli centri, un modo di vita più libero ed economicamente più sostenibile. Naturalmente su questo fenomeno ha inciso molto il cosiddetto smart working, ovvero la possibilità di lavorare a distanza. Oggi questa migrazione è un fenomeno di una certa dimensione e i giornali nordamericani iniziano ad occuparsene spesso. Ad esempio un articolo molto dettagliato di Dereck Thompson sull’Atlantic, storica testata di Boston, citando molti dati sul mercato immobiliare in discesa, conferma che non si tratta di un fenomeno passeggero.
Nel 2020 la California è lo Stato che ha perso più residenti di qualsiasi altro Stato. Seguono poi ovviamente gli Stati più grandi del New England, ovvero New Jersey, Massachussets, Maryland e New York, inteso come Stato e non come metropoli. Essenzialmente questo fenomeno sta facendo abbassare i prezzi delle case nelle grandi città in modo significativo, anzi praticamente sta succedendo per la prima volta da decenni dopo la Seconda guerra mondiale.
Tutto questo ha due risvolti socioeconomici non indifferenti.
Il primo è che le città che perdono residenti perdono anche contribuenti, quindi hanno minori introiti e questo porterà inevitabilmente a tagliare dei servizi, rendendole così meno attrattive.
Il secondo è più complesso ed è di tipo sociologico. Vediamo di chiarirlo con un esempio.
Se una giovane famiglia con alta scolarità che ha vissuto sino a ieri con i dogmi salutisti, green, politically correct, si sposta in una cittadina del Kansas, si troverà sempre più spesso con dei vicini che nei weekend imbastiscono grossi barbecue all’aperto e dove la socialità (Covid a parte) è immediata. Vedranno così che si può vivere anche in modo diverso da quello che han fatto sino a ieri. Allo stesso tempo un meccanico di trattori vedendo che i suoi nuovi vicini vivono tranquillamente anche se non mangiano bistecche tutti i giorni, inizierà a pensare che ci sono modi di vita e di pensiero diversi da quelli visti sinora.
L’esempio del cibo è il più banale e quello più immediato ma sarà inevitabile uno scambio di culture e idee, e questo potrebbe anche fare una sorta di miracolo: ricucire un poco, partendo dal basso, le grandi divisioni che oggi attraversano l’America. Divisioni a cui la politica non ha dato e non da risposte, ma anzi le esacerba.
Per una legge del contrappasso forse tra un po’ si potrà dire che l’esasperazione tecnologica e il grande potere delle bigh tech hanno portato nella direzione opposta a quella voluta (l’uomo non come soggetto ma come un addendum di computer, smarthphone e altri devices) favorendo un ritorno alle origini del sogno americano.
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