"L'unità non è un opzione ma un dovere", ha detto il presidente del Consiglio, Mario Draghi parlando al Senato prima del voto di fiducia. Ha pienamente ragione. Più che mai oggi è il momento di puntare a ciò che unisce piuttosto che a quello che divide.
I numeri ottenuti in Parlamento autorizzano a pensare che si stia andando in questa direzione: 262 voti favorevoli a Palazzo Madama e 535 a Montecitorio. Numeri straordinari sebbene non siano da primato, Mario Monti nel 2011 raggiunse consensi ancora più elevati. Pare quindi che le principali forze politiche abbiano compreso il senso della difficile e drammatica stagione che stiamo vivendo, in consonanza a quanto enunciato qualche settimana fa dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel conferire l'incarico all'ex governatore della BCE.
Un Governo di emergenza, dunque, per un'evidente situazione di emergenza. Nulla di più e nulla di meno. E in effetti questo esecutivo, con la presenza di ministri della Lega e di Liberi e Uguali, formazioni divise da differenze politiche che fino ieri credevamo insuperabili, fornisce anche visivamente, agli occhi del Paese, l'eccezionalità del momento. Non accadeva dal 1945, con Alcide De Gasperi e un'Italia distrutta dalla guerra, di trovare un Governo con ministri appartenenti ad un così ampio spettro parlamentare. E' vero che nel 1976, Giulio Andreotti fece il pienone in aula di tutti i partiti dell'arco costituzionale, da cui era escluso il MSI. Ma questo avvenne solo con la bizzarra ed ingegnosa formula della “non sfiducia” e in ogni caso eravamo di fronte ad un monocolore DC che, comunque, non avrebbe potuto vedere la diretta partecipazione dei comunisti poiché a quel tempo al PCI era precluso l'ingresso al governo.
Nel presentare in aula il programma di governo il presidente del Consiglio ha snocciolato un lungo elenco di questioni. C'è però da credere che i veri impegni su cui misurare l'azione governativa saranno il piano vaccinale e il Recovery plan. Far decollare e concludere prima possibile la vaccinazione di massa, presentare alle autorità europee, nei tempi previsti, un'attendibile progetto di sviluppo connesso alle risorse concesse dall'Unione e gettare infine le basi di una seria programmazione – tra economia verde, infrastrutture e banda larga - connessa ai fondi ottenuti sono gli obiettivi decisivi. I soli, a conti fatti, che consentiranno realmente di giudicare l'operato di questa inedita maggioranza.
Tutto quello che sarà fatto in più, sarà tanto di guadagnato ma è inutile farsi troppe illusioni. Le divergenze politiche tra fisco, giustizia o immigrazione rimangono e per sormontarle bisognerà davvero essere in grado di trovare dei punti di contatto, attraverso sintesi sagaci ed equilibrate. Cosa non facile, neppure per un leader del prestigio di Mario Draghi. Il rischio è che, col tempo, le differenze comincino a pesare, prima rallentando e poi impedendo del tutto la navigazione.
Il fatto però che all'Economia, all'Innovazione tecnologica e al neonato ministero della Transizione ecologica vi siano tre tecnici di indubbia competenza gioca a favore della costruzione di un terreno comune per far ripartire il Paese. I cardini possono proprio essere quelli di un equilibrio dei conti pubblici, non disgiunto da una robusta dose di equità sociale, e della capacità di coniugare in modo fattibile ambiente e sviluppo che, mai come adesso, sono chiamati ad andare a braccetto. Per il resto incrociamo le dita e speriamo che da parte di tutte le forze politiche prevalga la responsabilità verso il Paese.
E' anche possibile che questo periodo, più o meno lungo, di unità tra i partiti, facendo lavorare gomito a gomito esponenti di destra e di sinistra permetta, al di là delle legittime differenze, di far crescere e finalmente cementare quello spirito repubblicano e quella comune visione nazionale che tante volte è sembrata mancare. Se così fosse, al di là di quanto effettivamente realizzato nel concreto, avremmo comunque raggiunto un risultato di non poco conto. Qualcosa che, dopo anni di crisi e di reciproca delegittimazione, avrà rafforzato la nostra democrazia.
I numeri ottenuti in Parlamento autorizzano a pensare che si stia andando in questa direzione: 262 voti favorevoli a Palazzo Madama e 535 a Montecitorio. Numeri straordinari sebbene non siano da primato, Mario Monti nel 2011 raggiunse consensi ancora più elevati. Pare quindi che le principali forze politiche abbiano compreso il senso della difficile e drammatica stagione che stiamo vivendo, in consonanza a quanto enunciato qualche settimana fa dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel conferire l'incarico all'ex governatore della BCE.
Un Governo di emergenza, dunque, per un'evidente situazione di emergenza. Nulla di più e nulla di meno. E in effetti questo esecutivo, con la presenza di ministri della Lega e di Liberi e Uguali, formazioni divise da differenze politiche che fino ieri credevamo insuperabili, fornisce anche visivamente, agli occhi del Paese, l'eccezionalità del momento. Non accadeva dal 1945, con Alcide De Gasperi e un'Italia distrutta dalla guerra, di trovare un Governo con ministri appartenenti ad un così ampio spettro parlamentare. E' vero che nel 1976, Giulio Andreotti fece il pienone in aula di tutti i partiti dell'arco costituzionale, da cui era escluso il MSI. Ma questo avvenne solo con la bizzarra ed ingegnosa formula della “non sfiducia” e in ogni caso eravamo di fronte ad un monocolore DC che, comunque, non avrebbe potuto vedere la diretta partecipazione dei comunisti poiché a quel tempo al PCI era precluso l'ingresso al governo.
Nel presentare in aula il programma di governo il presidente del Consiglio ha snocciolato un lungo elenco di questioni. C'è però da credere che i veri impegni su cui misurare l'azione governativa saranno il piano vaccinale e il Recovery plan. Far decollare e concludere prima possibile la vaccinazione di massa, presentare alle autorità europee, nei tempi previsti, un'attendibile progetto di sviluppo connesso alle risorse concesse dall'Unione e gettare infine le basi di una seria programmazione – tra economia verde, infrastrutture e banda larga - connessa ai fondi ottenuti sono gli obiettivi decisivi. I soli, a conti fatti, che consentiranno realmente di giudicare l'operato di questa inedita maggioranza.
Tutto quello che sarà fatto in più, sarà tanto di guadagnato ma è inutile farsi troppe illusioni. Le divergenze politiche tra fisco, giustizia o immigrazione rimangono e per sormontarle bisognerà davvero essere in grado di trovare dei punti di contatto, attraverso sintesi sagaci ed equilibrate. Cosa non facile, neppure per un leader del prestigio di Mario Draghi. Il rischio è che, col tempo, le differenze comincino a pesare, prima rallentando e poi impedendo del tutto la navigazione.
Il fatto però che all'Economia, all'Innovazione tecnologica e al neonato ministero della Transizione ecologica vi siano tre tecnici di indubbia competenza gioca a favore della costruzione di un terreno comune per far ripartire il Paese. I cardini possono proprio essere quelli di un equilibrio dei conti pubblici, non disgiunto da una robusta dose di equità sociale, e della capacità di coniugare in modo fattibile ambiente e sviluppo che, mai come adesso, sono chiamati ad andare a braccetto. Per il resto incrociamo le dita e speriamo che da parte di tutte le forze politiche prevalga la responsabilità verso il Paese.
E' anche possibile che questo periodo, più o meno lungo, di unità tra i partiti, facendo lavorare gomito a gomito esponenti di destra e di sinistra permetta, al di là delle legittime differenze, di far crescere e finalmente cementare quello spirito repubblicano e quella comune visione nazionale che tante volte è sembrata mancare. Se così fosse, al di là di quanto effettivamente realizzato nel concreto, avremmo comunque raggiunto un risultato di non poco conto. Qualcosa che, dopo anni di crisi e di reciproca delegittimazione, avrà rafforzato la nostra democrazia.
Occorre proprio una grande dose di fiducia per augurarsi che gli interessi di parte, di ciascuno dei componenti dell’assortita maggioranza, non pregiudichino questo azzardo politico, nonostante la direzione di Mario Draghi, agognata con varietà di toni da più parti.
Sono storia recente i tentativi di forzature per stravolgere equilibri politici, faticosamente raggiunti, o per la conquista della supremazia con la chiamata alle urne.
Le ideologie, scompostamente proclamate, non hanno fondamenta e costituiscono solo un paravento per il vuoto ed uno specchio per quanti sono disposti a farsi abbacinare.
Purtroppo, in perfetta sintonia con i nostri tempi, occorre prendere atto che tendono a prevalere il calcolo e il sempre vivo interesse “particulare”.
Per senso civico e carità di patria, nonostante tutto continuiamo a nutrire fiducia.