Matteo il doroteo



    17 Febbraio 2021       0

Aveva proprio ragione il Divo Giulio: “Il potere logora chi non ce l’ha”. Se n’è evidentemente accorto anche Matteo Salvini, vista la strabiliante conversione che lo ha portato dal sovranismo anti-poteriforti e anti-euro ad appoggiare il governo del banchiere europeo Draghi, con tanto di standing ovation al suo discorso in Senato. Sì, proprio quello con il passaggio stentoreo sull’euro “irreversibile”.

Il  ribaltone salviniano si può benissimo accostare alla conversione di Saulo sulla via di Damasco, al patto Ribbentrop-Molotov o alla recente scelta dell’altro Matteo di passare dalla guerra di Bibbiano al governo giallorosso. Nell’Italia della declinante Seconda Repubblica, quanto simili capriole giovino al futuro politico degli interpreti e non siano soltanto l’ennesimo colpo inferto alla moribonda credibilità della politica, lo vedremo in seguito.

Dopotutto anche l’eterno Andreotti si era distinto per una certa, diciamo, “elasticità” di pensiero, riuscendo nella Prima Repubblica a guidare il suo primo governo di centrodestra con i soli liberali e pochi anni dopo quello di “solidarietà nazionale” con il PCI. Ma i tardi epigoni di oggi ne hanno amplificato e degenerato la concretezza (che era anche il titolo della sua rivista di corrente nella DC) e il pragmatismo. Per contare in politica è meglio essere nella stanza dei bottoni, specie quando si hanno da destinare 209 miliardi di euro. E allora, ciao ciao a Marine Le Pen e ai neonazisti: meglio votare il piano della Von der Leyen e chiedere l’ingresso nel PPE. Insomma, se “Parigi val bene una messa”, figuriamoci se partecipare al governo non vale lo sforzo di  riporre nel baule il felpone con su scritto NO-EURO.

Così Capitan Fracassa si è allineato con la Lega in doppiopetto di Giorgetti e Zaia, quella delle fabbrichette  lombardo-venete tanto interconnesse con l’economia europea, in particolare tedesca. Nei fatti, il partito che ha ereditato il consenso di quei territori del “profondo Nord” rappresentati per decenni dalla Democrazia cristiana di rito doroteo: conservatori, anticomunisti, pragmatici, attenti per prima cosa ai dané e agli schei.

Almeno in una cosa Salvini è stato lineare ed esplicito: ha annunciato la sua svolta lo scorso 6 febbraio. Il giorno di santa Dorotea.


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