La disuguaglianza è tra le principali questioni politiche del nostro tempo. Per rabbrividire basta un solo dato: poco più di 2.000 paperoni detengono una ricchezza pari al patrimonio di quasi cinque miliardi di persone.
In Italia il 10% più ricco possiede oltre sei volte la ricchezza totale della metà dei connazionali. Se dunque il denaro non circola è proprio perché la ricchezza è concentrata nella mani di pochi e con scarsa propensione alla spesa. C’è un detto che equipara il denaro al sangue: se non circola non serve! Che fare, dunque; ma, soprattutto, come? Si deve agire sulla leva fiscale?
A volte l’informazione finanziaria enfatizza l’andamento ribassista della Borsa affermando che si sarebbero “bruciati miliardi”. In realtà in Borsa non si brucia neppure un euro. Il denaro, tutt’al più, si trasferisce e passa da una parte all’altra. Quando però il “ trasferimento” della ricchezza da una parte all’altra diventa strutturale nella vita quotidiana e nell’economia reale, e sempre in unica direzione, il fenomeno deve preoccupare.
È quello che è accaduto e sta accadendo in Italia dove la quota di ricchezza totale dell’1% più ricco è cresciuta del 6% dalla metà degli anni 90 ponendo seri problemi, non solo etici, ma anche di sostenibilità del sistema economico.
Tra le varie opzioni per riequilibrare il sistema vi è, senza dubbio, quella fiscale.
Una riforma dell’IRPEF dovrebbe essere finalizzata al recupero dei principi di personalità e progressività dell’imposta nonché di maggiore equità ed efficienza secondo alcune linee programmatiche:
- tassare il reddito effettivo al netto dei costi e delle spese di produzione del reddito passando dal sistema della detrazione al sistema delle deducibilità;
- introdurre una fascia esente indipendentemente dal reddito posseduto realizzando così la tutela costituzionale del minimo vitale;
- ridurre progressivamente la pressione tributaria e contributiva sul lavoro allineandola alla media UE;
- introdurre meccanismi di perequazione dei redditi familiari in relazione ai membri della famiglia (quoziente familiare);
- revisione delle aliquote, scaglioni, deduzioni, detrazioni e benefici allo scopo di eliminare le distorsioni attualmente presenti nella progressività dell’IRPEF.
Effetto redistributivo di una imposta
Quando un’imposta può dirsi equa? Quando determina un ugual sacrificio per tutti i contribuenti? Ma un euro prelevato a un ricco non determina lo stesso sacrificio prelevato a un povero.
L’effetto redistributivo dell’imposta è dato dalla progressività. Si dice che un’imposta sul reddito è progressiva se i ricchi pagano una percentuale del proprio reddito superiore a quella dei poveri; è proporzionale se tutti i redditi pagano la stessa percentuale ed è regressiva se l’incidenza ( cioè aliquota media) dell’imposta diminuisce al crescere del reddito.
Insomma, se la disuguaglianza diminuisce per effetto dell’imposta, allora i redditi alti sono diminuiti di più rispetto a quelli bassi, quindi l’imposta è progressiva e lo è tanto più quanto maggiore è il calo della disuguaglianza totale. Così per ottenere un apprezzabile effetto redistributivo è necessario applicare un’alta aliquota media e un’alta progressività.
Sistema proporzionale o progressivo?
L’art.53 della Costituzione si riferisce esplicitamente al sistema tributario nel suo complesso e, quindi, non può essere invocato per sostenere l’inammissibilità della flat tax. Infatti, la norma costituzionale non esclude che vi possano essere imposte proporzionali o regressive a patto che il sistema tributario nel suo complesso sia progressivo.
Tuttavia tutti gli interventi legislativi degli ultimi anni hanno visto da un lato diminuire l’incidenza dell’imposta sul reddito, soprattutto sui redditi alti e, dall’altro, ridurre il gettito, con conseguente aumento del deficit.
Così si contribuisce e, di fatto, si è contribuito, ad aumentare le disuguaglianze.
In Italia il 10% più ricco possiede oltre sei volte la ricchezza totale della metà dei connazionali. Se dunque il denaro non circola è proprio perché la ricchezza è concentrata nella mani di pochi e con scarsa propensione alla spesa. C’è un detto che equipara il denaro al sangue: se non circola non serve! Che fare, dunque; ma, soprattutto, come? Si deve agire sulla leva fiscale?
A volte l’informazione finanziaria enfatizza l’andamento ribassista della Borsa affermando che si sarebbero “bruciati miliardi”. In realtà in Borsa non si brucia neppure un euro. Il denaro, tutt’al più, si trasferisce e passa da una parte all’altra. Quando però il “ trasferimento” della ricchezza da una parte all’altra diventa strutturale nella vita quotidiana e nell’economia reale, e sempre in unica direzione, il fenomeno deve preoccupare.
È quello che è accaduto e sta accadendo in Italia dove la quota di ricchezza totale dell’1% più ricco è cresciuta del 6% dalla metà degli anni 90 ponendo seri problemi, non solo etici, ma anche di sostenibilità del sistema economico.
Tra le varie opzioni per riequilibrare il sistema vi è, senza dubbio, quella fiscale.
Una riforma dell’IRPEF dovrebbe essere finalizzata al recupero dei principi di personalità e progressività dell’imposta nonché di maggiore equità ed efficienza secondo alcune linee programmatiche:
- tassare il reddito effettivo al netto dei costi e delle spese di produzione del reddito passando dal sistema della detrazione al sistema delle deducibilità;
- introdurre una fascia esente indipendentemente dal reddito posseduto realizzando così la tutela costituzionale del minimo vitale;
- ridurre progressivamente la pressione tributaria e contributiva sul lavoro allineandola alla media UE;
- introdurre meccanismi di perequazione dei redditi familiari in relazione ai membri della famiglia (quoziente familiare);
- revisione delle aliquote, scaglioni, deduzioni, detrazioni e benefici allo scopo di eliminare le distorsioni attualmente presenti nella progressività dell’IRPEF.
Effetto redistributivo di una imposta
Quando un’imposta può dirsi equa? Quando determina un ugual sacrificio per tutti i contribuenti? Ma un euro prelevato a un ricco non determina lo stesso sacrificio prelevato a un povero.
L’effetto redistributivo dell’imposta è dato dalla progressività. Si dice che un’imposta sul reddito è progressiva se i ricchi pagano una percentuale del proprio reddito superiore a quella dei poveri; è proporzionale se tutti i redditi pagano la stessa percentuale ed è regressiva se l’incidenza ( cioè aliquota media) dell’imposta diminuisce al crescere del reddito.
Insomma, se la disuguaglianza diminuisce per effetto dell’imposta, allora i redditi alti sono diminuiti di più rispetto a quelli bassi, quindi l’imposta è progressiva e lo è tanto più quanto maggiore è il calo della disuguaglianza totale. Così per ottenere un apprezzabile effetto redistributivo è necessario applicare un’alta aliquota media e un’alta progressività.
Sistema proporzionale o progressivo?
L’art.53 della Costituzione si riferisce esplicitamente al sistema tributario nel suo complesso e, quindi, non può essere invocato per sostenere l’inammissibilità della flat tax. Infatti, la norma costituzionale non esclude che vi possano essere imposte proporzionali o regressive a patto che il sistema tributario nel suo complesso sia progressivo.
Tuttavia tutti gli interventi legislativi degli ultimi anni hanno visto da un lato diminuire l’incidenza dell’imposta sul reddito, soprattutto sui redditi alti e, dall’altro, ridurre il gettito, con conseguente aumento del deficit.
Così si contribuisce e, di fatto, si è contribuito, ad aumentare le disuguaglianze.
GRAZIE OTTIME SOLUZIONI PROPOSTE. QUESTO INTERSSSANTE ARTICOLO A CHI E’ RIVOLTO? FARLO ARRIVARE AI MINISTRI COMPETENTI E’ UN PROBLEMA? QUALI FORZE POLITICHE SOSTENGONO QUANTO SI ENUNCIA CON COGNIZIONE DI CAUSA NELLO SRITTO? SE NON RIUSCIAMO A FAR ARRIVARE A CHI DI DOVERE LE SOLUZIONI DESCRITTE TUTTO CONTINUA A GIRARE COME I POTERI FORTI VOGLIONO E IMPONGONO.
E’ il solito discorso di coloro i quali invidiano i ricchi per partito preso o per ideologia. Se i conti corrente sono pingui non per questo il denaro non circola ugualmente. Questo lavoro spetta alle Banche che debbono prestare il denaro a chi ha capacità creative e li investe in attività produttive che, poi, sono i meccanismi per creare lavoro e benessere diffuso. Tutte le ricchezze sono sono costituite da beni (case, terreni, fabbriche, obbligazioni, azioni, gioielli, contanti,ecc). La tassazione eccessiva di beni materiali causa la loro sparizione se non si hanno risorse liquide. La tassazione delle fabbriche comporta la loro chiusura, il prelievo sui valori mobiliari causa la vendita di azioni e l’impoverimento dei capitali aziendali e loro probabile chiusura. Il prelievo eccessivo sulle obbligazioni causa la diminuzione dei finanziamenti alle attività produttive, ecc., ecc. Come si vede il ricco alla fine diventa un personaggio che può, con le sue ricchezze generare sviluppo e benessere. Questo e il giro economico che può riguardare una civiltà liberale. Se poi si vuole accentrare tutta la ricchezza in mano allo Stato, allora bisogna accettare diverse ideologie che attualmente vengono considerate obsolete e non più presenti nel mondo intero! In Italia esiste un sistema misto. Lo Stato interviene (con risultati sovente cattivo), in buona parte del sistema produttivo e credo che sia più che sufficiente! Se poi vogliamo reinventare un sistema comunista totale, “io speriamo che me la cavo”!