Governo di unità nazionale: la vera soluzione



Aldo Novellini    8 Febbraio 2021       2

Le consultazioni, classico viatico per la formazione di qualsiasi maggioranza, sono al secondo giro. Servirà per meglio inquadrare il programma e definire la squadra del nuovo Governo a guida Mario Draghi. Si sperava fosse sostenuto da un'ampia maggioranza e, salvo sorprese dell'ultima ora (che in politica non si possono mai escludere), questo auspicio pare sul punto di realizzarsi.

Sarebbero infatti della partita: Pd, Leu, Forza Italia, Lega, Italia Viva, Cinque Stelle e centristi di varia provenienza. In pratica rimarrebbe fuori solo Fratelli d'Italia, la cui leader, Giorgia Meloni, è allergica a qualsiasi compromesso. Qualora la destra nazionale non concedesse a Draghi neppure una benevola astensione, c'è da credere che la simpatica Giorgia avrà preso un abbaglio politico non da poco. Alla resa dei conti finirà cioè per trovarsi in mano poco più del solito elettorato identitario del vecchio Msi. Alla lunga, il blocco moderato-conservatore preferisce infatti votare per chi sta al Governo, condizionandolo dal suo interno, rispetto a chi si arrocca perennemente all'opposizione.

Per questo c'è specularmente da augurarsi che dalla variegata compagnia di giro, non si sfili Leu all'ultimo minuto, in nome di qualche pregiudiziale anti Lega o amenità del genere. Proprio nel momento in cui si prospetta l'ingresso leghista nel governo Draghi, risulta essenziale la presenza di un buon contrappeso a sinistra sui temi sociali (divieto di licenziamento, ecc...). Un ruolo di sentinella che solo Leu può svolgere in maniera efficace.

Molti storcono il naso dinanzi ad un Governo di così larghe intese. Il rischio, dicono, è di non trovare mai una quadra su qualunque argomento, data l'indubbia varietà di posizioni che sarebbero presenti in Consiglio dei ministri. Un'obiezione sensata in tempi normali. Ma oggi in tempi normali non siamo affatto.

Dopo un anno di Covid - con la pandemia ancora in corso e una crisi economica altrettanto letale - è giunto il momento della ripartenza del Paese. Una ripartenza sul fronte sanitario, economico e sociale non tanto dissimile dalla ricostruzione del 1945, dopo le rovine della guerra. Allora, almeno per i primi due anni, vi furono dei governi di unità nazionale perché dinanzi a problemi tanto immani, non vi erano, almeno entro certi limiti, ricette di destra o di sinistra, ma solo la comune causa della rinascita.

Oggi per molti versi è lo stesso. Il piano di vaccinazioni e l'utilizzo del Recovery, in un'ottica di sviluppo sostenibile, sono questioni che non dovrebbero, almeno a lume di buon senso, far emergere divergenze davvero insanabili. Lo ha capito bene Matteo Salvini che, dopo anni di sbandamenti antieuropeisti, sta forse mettendo la testa a posto candidandosi a fare finalmente il leader politico e non più il Masaniello delle proteste di piazza.

Nel 1945, sotto la presidenza di Alcide De Gasperi, stavano nella stessa maggioranza il comunista Palmiro Togliatti e il liberale Luigi Einaudi. Avevano idee molto diverse ma seppero trovare un fine comune. Si dirà che quella era un'altra classe politica e su questo non ci piove. Ma in fondo bisogna saper fare fuoco con la legna di cui si dispone, più che cercare alibi per fare nulla. E' chiaro che Nicola Zingaretti non è Togliatti o che Giuseppe Conte non è Aldo Moro, anche se a volte qualcuno è sembrato crederlo. Per inciso, sarebbe anche il caso di smettere una volta per tutte di prendere in giro Di Maio per aver fatto il “bibitaro”. Che si passi in poco tempo dalle lattine dello stadio agli stucchi del ministero degli Esteri è forse sorprendente ma - almeno a non avere un'idea elitaria della politica o, peggio, esibirsi in un vuoto snobismo da salotto - è anche un segno di vitalità di una democrazia. Il leader pentastellato non sarà certo uno statista, ma attorno a lui di statisti non se vedono proprio. E non dimentichiamo che alla Farnesina sedeva un diplomatico di carriera quando scoppiò il caso dei due fucilieri che, dalle acque internazionali in cui si trovavano, furono improvvidamente fatti sbarcare in un porto indiano, perdendo qualsiasi protezione.

In ogni caso, adesso non è il momento delle polemiche ma di guardare a quello che unisce a dispetto di ciò che divide. L'augurio è che tutte le forze politiche, in questo frangente drammatico ed eccezionale, sappiano muoversi in questa prospettiva. Sarà un bene per il Paese e, in fondo, ne guadagnerà anche la loro, non certo eccelsa, credibilità.


2 Commenti

  1. PIENAMENTE D’ACCORDO SU QUANTO SCRIVI, SARA’ UN BENE PER IL PAESE E NE GUADAGNERA’ ANCHE LA LORO CREDIBILITA’. GRAZIE GRAZIE

  2. Siamo in un momento di grande trambusto dove si sente di tutto e il contrario di tutto.
    Non si sa se dalle consultazioni di Mario Draghi uscirà un governo tecnico oppure un governo politico o un governo misto tecnico-politico e, in particolare, non si ha alcuna idea su chi andrà a dirigere i ministeri di maggior peso in questo momento connotato da una triplice crisi, sanitaria, economica e sociale.
    La scarsa qualità dell’attuale classe politica é purtroppo ben nota e, pertanto, auguriamoci che, come in altri casi di grande emergenza, si sappia portare alla luce il meglio di noi stessi.
    È noto che in passato, dopo profonde crisi, le società hanno fatto grandi progressi e prodotto grandi cambiamenti in tutti i campi.
    La pandemia ha investito l’intero pianeta e quindi c’è, ragionevolmente, da attendersi grandi rivolgimenti planetari.

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