Renzi, il solito rottamatore



Aldo Novellini    15 Gennaio 2021       3

Tanto tuonò che alla fine piovve. Una cosa inevitabile, viste le tante nubi che negli ultimi tempi si addensavano sul Governo. Tutto si è infine materializzato con la conferenza stampa di Matteo Renzi, attorniato dalle ministre Elena Bonetti e Teresa Bellanova di cui ha annunciato le dimissioni. In pratica aprendo la crisi di Governo. Una crisi assurda ed incomprensibile, in uno dei più drammatici momenti della nostra storia, con una pandemia tutta ancora da debellare e un'economia sull'orlo del baratro. Le ragioni di questo strappo? Renzi le ha enumerate una dopo l'altra, ma mano a mano che snocciolava il suo elenco sono parse per lo più inconsistenti. Si è persino sfiorato il ridicolo, anzi lo si è decisamente superato, quando parlando di questioni di metodo il senatore di Scandicci ha fatto cenno al modo con cui il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, avrebbe accolto la liberazione dei marinai di Mazara del Vallo, tenuti prigionieri in Libia. Un naturale ed umanissimo giubilo che a Renzi è parso eccessivo, dimentico dell'epoca in cui a palazzo Chigi c'era lui e l'autocelebrazione era il menu ordinario per qualsiasi minimo evento.

L'unica obiezione davvero sensata tra le doglianze renziane è il mancato utilizzo del MES: il famoso, o famigerato, fondo per le spese sanitarie, del quale mai sono stati realmente chiariti con esattezza i motivi. Motivi che, in verità, conosciamo sin troppo bene e sono quelli di una mal posta pregiudiziale ideologica pentastellata cui Conte per sopravvivere ha dovuto fare buon viso. Ma davvero l'impiego di un fondo europeo può divenire il pretesto per far cadere un Governo in un frangente tanto difficile per il Paese?

Inutile nasconderlo, siamo di fronte a una decisione sconcertante e Renzi ha dato prova di un'irresponsabilità che mai avremmo potuto immaginare, Almeno fino a questo punto. Ma in effetti conoscendolo bene, questa era la sola cosa che poteva fare. Uscito un anno e mezzo fa dal PD per fondare Italia viva nell'illusione di copiare Emmanuel Macron, che ha svuotato il Partito socialista francese e ha conquistato l'Eliseo, l'ex premier si è presto ritrovato nelle secche di un infimo due, massimo tre per cento di consensi. Una zavorra da cui non riesce a schiodarsi in alcun modo e che sta vanificando la sua strategia iniziale.

Il punto è che, in politica, quando si ha meno del tre per cento ci si può comportare in due modi. Fare come il PRI e il PLI nella Prima repubblica che si erano ritagliati il ruolo di saggi compagni di strada della DC, a guardia degli equilibri di bilancio, oppure fare i guastatori, agitandosi a più non posso, per qualsiasi pretesto, reale o immaginario che sia, senza mai far capire cosa si vuole esattamente. Renzi, cui manca lo spessore istituzionale di un Giovanni Spadolini o di un Valerio Zanone, ha scelto, e forse non poteva essere diversamente, la seconda strada iniziando a minare le basi del Governo che con un colpo di genio – questo gli va onestamente riconosciuto – aveva contribuito a far nascere per non regalare il Paese alle destre sovraniste.

Il problema di Renzi è di essere un personaggio tutto genio e sregolatezza. Capace delle più originali e brillanti trovate politiche come di mandare tutto all'aria. Sempre con la stessa nonchalance. L'affidabilità non è certo il suo cavallo di battaglia. Quando anni fa qualcuno discettava sulle sue presunte ascendenze democristiane sbagliava di grosso. A parte ben precise ragioni anagrafiche, con quel mondo, fatto di mezze misure e di sapienti equilibri, il senatore di Scandicci ha davvero nulla a che spartire. In lui emergono piuttosto dei marcati tratti giacobini, un radicalismo di fondo che gli impedisce di essere inclusivo e di accogliere le ragioni altrui. La sua idea di politica è semplicemente basata sulla più spinta personalizzazione, da leader alla perenne ricerca di un palcoscenico dal quale esibirsi. Di certo non è uno statista.

Lo si sapeva da tempo e l'altro ieri ci ha confermato di essere soltanto un rottamatore. Quale in fondo si è sempre sentito.


3 Commenti

  1. Tutto ciò premesso e parzialmente condivisibile, ritengo strumentalmente utile e necessario che si provi a far cadere questo Governo per far cessare questa stolta politica economica influenzata ormai da troppo tempo dai pentastellati. Siamo alla vigilia di poter disporre di due o trecento miliardi di Euro che potrebbero togliere l’Italia dalla stagnazione in cui si è arenata da troppo tempo, sopratutto per colpa di coloro che sostengono la “decrescita felice”! In questo momento drammatico gli schemi consueti sulle coalizioni non possono essere più applicati. La grave situazione socio-economica in cui siamo caduti e che tende ad aggravarsi, richiede la presenza di gente capace non imbevuta da strategie farlocche. Ora serve un governo di “salvezza nazionale” con gente capace che sia supportata da tutte le forze politiche ad esclusione dei pentastellati che hanno già fatto troppi guai. I soldi che forse ci verranno assegnati devono essere utilizzati soltanto per difendersi dall’aggressore covid e cercare di salvare la struttura industriale e possibilmente di creare lavoro con investimenti sul territorio, avviando SUBITO la costruzione di strutture essenziali sul tutto il territorio nazionale. Quindi vale il detto: “non tutti i mali vengono per nuocere!”

  2. Complimenti a Novellini per aver saputo in poche righe definire Renzi come meglio non si può. Mi fa anche ricordare un proverbio arabo: la prima volta che tu mi freghi la colpa è tua, la seconda volta la colpa è mia.
    Il commento dell’ amico Cicoria mi ricorda invece il tipico desiderio italiano di cadere dalla padella nella brace; infatti anche a me piacerebbe un governo senza Lega, senza FdI e senza M5S, peccato che con tutti gli altri, anche se improvvisamente animati da interesse al bene comune, non ci siano i numeri per fare un governo.

  3. caro Aldo, ti è sfuggito che non avevo escluso il PD. Mi sembra, invece che tu speri che sia solo il PD con i suoi satelliti a governare…!

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