Inedite, incredibili, financo pazzesche: questi gli aggettivi che balzano alla mente per le immagini provenienti dagli Stati Uniti con il Congresso, ovvero il Parlamento americano, prima circondato e poi addirittura invaso da una torma di manifestanti. Uno sfregio alla democrazia - alla più celebre, e celebrata, democrazia del mondo - vedere quella banda di facinorosi con tanto di elmetti, maglioni in pile ed anfibi, aggirarsi urlanti e scomposti nelle stanze del Campidoglio al culmine di una delle più assurde giornate che l'America abbia vissuto nella sua storia recente.
Massimo e forse unico responsabile di tutto questo, il presidente in carica, Donald Trump che, nel giorno in cui il Congresso si riuniva per confermare la vittoria del suo successore, Joe Biden, ha addirittura capeggiato la protesta, presto degenerata in rivolta, dopo aver parlato in un videomessaggio di voto rubato e di frode alla democrazia. La benzina che ha incendiato ancor di più una piazza che allineava estremismi di ogni risma, dai classici razzisti in stile Ku-klux-klan ai più attuali suprematisti bianchi, molti dei quali armati e pronti, in ogni caso, alla violenza. L'assalto al Parlamento è stato l'inevitabile conseguenza di questo clima, alimentato da un presidente che, come mai era accaduto in passato, si è sinora rifiutato di riconoscere il successo del suo avversario finendo per delegittimare la contesa elettorale stessa. Trump mostrandosi un eversore delle istituzioni democratiche sta finendo nel modo più inglorioso una presidenza che mai ha cercato di unire il Paese e la sua folle condotta contiene tutti gli estremi per invocare l'impeachment per alto tradimento. Solo il poco tempo che manca alla fine del mandato esclude questa eventualità.
Detto tutto questo pare però eccessivo parlare di golpe. Qualcuno ha addirittura evocato quello del Cile nel settembre 1973 quandi alcuni generali rovesciarono il governo legittimo di Salvador Allende. Un paragone che non regge. C'è un abisso tra i piani minuziosamente organizzati (peraltro con il supporto americano...) dalle forze armate e dai potentati economici cileni, e questa improvvisata concentrazione di estremisti che, complice forse anche un servizio d'ordine poco efficiente, ha finito per penetrare nel Congresso. Più come sfida alle istituzioni, all'odiato palazzo, che per rovesciarle veramente.
Gli Stati Uniti non sono sull'orlo di un colpo di mano antidemocratico, come forse pensano Russia, Cina o Turchia che democrazie non lo sono affatto, ma restano il Paese della libertà e della democrazia, con tutti i loro indispensabili pesi e contrappesi che a Mosca, Pechino ed Istanbul non esistono né sono mai esistiti. Dicendo questo non si vuole sottovalutare la gravità della situazione, ma inquadrare gli eventi che non rappresentano tanto una generale e complessiva crisi della democrazia statunitense quanto piuttosto il puntuale e devastante effetto di un clima deleterio provocato soprattutto dall'irresponsabilità di un solo uomo: Donald Trump,
E purtroppo c'è da pensare che questo clima segnerà i tempi che verranno. Per spezzare questo circolo vizioso occorrerà parlare agli americani di lavoro ed economia. Affrontare di petto l'emergenza Covid. Ridurre quelle disuguaglianze che sono alla base del malcontento di ampie fasce di popolazione che hanno scambiato Trump per la soluzione non comprendendo che era invece il problema.
Per colmare la spaccatura oggi presente nel Paese molto dipenderà dall'atteggiamento dei repubblicani, a cominciare dal vicepresidente, Mike Pence, nello sconfessare la condotta della Casa Bianca. E' un bene poi che Biden, il futuro presidente, sia un uomo di dialogo e di grande esperienza politica, moderato nei toni e propenso, sui contenuti, a cercare un'intesa con gli avversari piuttosto che a radicalizzare la scena. Sono proprio le doti che servono per far uscire l'America dalle secche in cui l'ha portata l'estremismo di Trump che a questo punto diviene, senza alcun dubbio, il peggior presidente che gli Stati Uniti abbiano mai avuto. Una folle parentesi da chiudere prima possibile.
Massimo e forse unico responsabile di tutto questo, il presidente in carica, Donald Trump che, nel giorno in cui il Congresso si riuniva per confermare la vittoria del suo successore, Joe Biden, ha addirittura capeggiato la protesta, presto degenerata in rivolta, dopo aver parlato in un videomessaggio di voto rubato e di frode alla democrazia. La benzina che ha incendiato ancor di più una piazza che allineava estremismi di ogni risma, dai classici razzisti in stile Ku-klux-klan ai più attuali suprematisti bianchi, molti dei quali armati e pronti, in ogni caso, alla violenza. L'assalto al Parlamento è stato l'inevitabile conseguenza di questo clima, alimentato da un presidente che, come mai era accaduto in passato, si è sinora rifiutato di riconoscere il successo del suo avversario finendo per delegittimare la contesa elettorale stessa. Trump mostrandosi un eversore delle istituzioni democratiche sta finendo nel modo più inglorioso una presidenza che mai ha cercato di unire il Paese e la sua folle condotta contiene tutti gli estremi per invocare l'impeachment per alto tradimento. Solo il poco tempo che manca alla fine del mandato esclude questa eventualità.
Detto tutto questo pare però eccessivo parlare di golpe. Qualcuno ha addirittura evocato quello del Cile nel settembre 1973 quandi alcuni generali rovesciarono il governo legittimo di Salvador Allende. Un paragone che non regge. C'è un abisso tra i piani minuziosamente organizzati (peraltro con il supporto americano...) dalle forze armate e dai potentati economici cileni, e questa improvvisata concentrazione di estremisti che, complice forse anche un servizio d'ordine poco efficiente, ha finito per penetrare nel Congresso. Più come sfida alle istituzioni, all'odiato palazzo, che per rovesciarle veramente.
Gli Stati Uniti non sono sull'orlo di un colpo di mano antidemocratico, come forse pensano Russia, Cina o Turchia che democrazie non lo sono affatto, ma restano il Paese della libertà e della democrazia, con tutti i loro indispensabili pesi e contrappesi che a Mosca, Pechino ed Istanbul non esistono né sono mai esistiti. Dicendo questo non si vuole sottovalutare la gravità della situazione, ma inquadrare gli eventi che non rappresentano tanto una generale e complessiva crisi della democrazia statunitense quanto piuttosto il puntuale e devastante effetto di un clima deleterio provocato soprattutto dall'irresponsabilità di un solo uomo: Donald Trump,
E purtroppo c'è da pensare che questo clima segnerà i tempi che verranno. Per spezzare questo circolo vizioso occorrerà parlare agli americani di lavoro ed economia. Affrontare di petto l'emergenza Covid. Ridurre quelle disuguaglianze che sono alla base del malcontento di ampie fasce di popolazione che hanno scambiato Trump per la soluzione non comprendendo che era invece il problema.
Per colmare la spaccatura oggi presente nel Paese molto dipenderà dall'atteggiamento dei repubblicani, a cominciare dal vicepresidente, Mike Pence, nello sconfessare la condotta della Casa Bianca. E' un bene poi che Biden, il futuro presidente, sia un uomo di dialogo e di grande esperienza politica, moderato nei toni e propenso, sui contenuti, a cercare un'intesa con gli avversari piuttosto che a radicalizzare la scena. Sono proprio le doti che servono per far uscire l'America dalle secche in cui l'ha portata l'estremismo di Trump che a questo punto diviene, senza alcun dubbio, il peggior presidente che gli Stati Uniti abbiano mai avuto. Una folle parentesi da chiudere prima possibile.
I 74 milioni di voti alle recenti elezioni obbligano a prendere atto che al di là di Tramp esiste il trampismo con cui la nuova amministrazione dovrà confrontarsi.
L’origine e l’affermarsi del “trampismo” sono molto complessi e comprendono molti attori e molti fattori, da quelli economici a quelli politici, sociali, ideologici, religiosi a cui si é aggiunta anche un’incontrollabile pandemia.
La nuova presidenza sarà obbligata ad analizzare questa realtà e a confrontarsi con tutte le sue eterogenee componenti per non correre il rischio di dividere ulteriormente la nazione.
C’è da chiedersi se i quattro anni del mandato presidenziale di Biden saranno sufficienti per ricucire lo strappo e farsi ascoltare da tutti gli statunitensi.