I ministeri, tra storia e Cencelli



Roberto Giardino Calcia    6 Gennaio 2021       0

Le festività natalizie stanno congelando l’intricata situazione politica italiana e tutto lascia presagire che ad inizio 2021 il Governo possa essere oggetto di rimpasti che porteranno alla sostituzione di alcuni Ministri, se non dello stesso Presidente del Consiglio.

È possibile che le richieste dei partiti della maggioranza generino una nuova composizione dell’esecutivo, magari rispolverando il “manuale Cencelli”, espressione giornalistica di fine anni Sessanta che sottintende l’assegnazione di ruoli politici e governativi a seconda del peso specifico e della percentuale dei voti ottenuti.

La spartizione degli incarichi ministeriali emerge chiaramente da un’attenta analisi storica della composizione dei Governi della Repubblica (63, non comprendendo i tre esecutivi De Gasperi che hanno affiancato l’Assemblea Costituente, dal 14 luglio 1946 al 24 maggio 1948). Dal Governo De Gasperi formato dopo le prime elezioni politiche, ovvero da maggio 1948, a fine 2020 sono trascorsi 26.519 giorni, nel corso dei quali si sono succeduti 29 Presidenti del Consiglio. I ministeri complessivi sono stati cinquanta, di cui solo nove sempre presenti, seppur con dizioni differenti: Agricoltura, Difesa, Economia e Finanze, Esteri, Grazia e Giustizia, Interno, Istruzione, Lavoro e Previdenza Sociale, Trasporti e Infrastrutture.

Pur essendo primus inter pares, il Presidente del Consiglio è la personalità di maggiore prestigio, ma i partiti di maggioranza relativa hanno messo a capo del Paese un loro rappresentante solo nel 72,9% dei giorni (19.344 giorni su 26.519); fu Giovanni Spadolini, nel giugno del 1981, a rompere il lungo elenco di Primi Ministri democristiani; dodici anni dopo Carlo Azeglio Ciampi si insediò come primo Indipendente, mentre Romano Prodi fu il primo premier “indipendente di area” (sinistra), un’etichetta che si può utilizzare anche per Giuseppe Conte, “indipendente di area 5 Stelle”, poiché di nomina extraparlamentare.

La seggiola di Palazzo Chigi è sicuramente la più prestigiosa, ma risulta che nella storia della Repubblica i partiti hanno mostrato maggiore interesse per altri dicasteri. Se si eccettua il Ministero del Tesoro (93,8%), confluito dal 2001 nel MEF, è stata soprattutto la Pubblica Istruzione ad avere attirato l’interesse dei partiti di maggioranza relativa: una posizione di grande criticità, poiché sovrintende all’educazione nelle scuole dell’obbligo. Con l’86,8%, la poltrona di Viale Trastevere, attualmente occupata dal ministro Azzolina (M5S, a conferma di quanto scritto), è quella che ha registrato la maggiore copertura dei partiti più votati (23.004 giorni). Fa specie come, a fronte di un grande interesse per l’educazione delle masse, il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, con grande miopia, sia stato guidato dal partito più rappresentato in Parlamento in poco più della metà dei giorni di Governo (56%).

Dopo il Ministero della Pubblica Istruzione, è il Ministero del Mezzogiorno, o del Sud, a registrare la più alta percentuale di guida del partito di maggioranza relativa (82,2%), seguito dal Ministero dell’Interno (76,3%). A conti fatti, Istruzione, Mezzogiorno ed Interno hanno fatto più gola della guida del Governo; coperture di rispetto sono state registrate anche per il Ministero dell’Agricoltura (70,6%), il Ministero degli Esteri (66,8%) e, finché il dicastero è esistito (1993, governo Amato), le Partecipazioni Statali (85,9%).

Tra i ministeri che hanno solleticano meno le attenzioni dei partiti di maggioranza relativa ci sono i dicasteri dell’Ambiente (27,8%, 4.650 giorni su 16.728), della Sanità e/o della Salute (39,4%, probabilmente perché la materia è diventata di competenza delle Regioni) e il Commercio con l’Estero (49,9%, non più presente dal 2008).

Il Governo Conte II conferma le statistiche per quanto riguarda i ministeri meno “interessanti” (Speranza, unico ministro di Articolo 1, alla Salute; gli indipendenti Costa all’Ambiente e Manfredi all’Università), ma fa eccezione per quanto riguarda le poltrone più ambite: se i 5 Stelle Lorenzo Fioramonti e Lucia Azzolina hanno guidato la Pubblica Istruzione, il Ministero per il Sud (e la Coesione Sociale) è andato al PD Giuseppe Provenzano, mentre Luciana Lamorgese ha consolidato la recente tendenza di assegnare il Ministero dell’Interno ad un tecnico.

Chissà che le turbolenze di fine 2020 non possano essere spiegate alla luce della storia settantennale dei Governi della Repubblica, con i partiti esclusi dalle posizioni di vertice spinti a chiedere di più per coprire i vuoti lasciati dai pentastellati; di sicuro, in caso di rimpasto, le statistiche riportate non potranno non essere tenute in considerazione tra le ovattate stanze di Palazzo Chigi.


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