Il punto sugli aiuti europei



Daniele Ciravegna    31 Dicembre 2020       0

Next Generation European Union (NGEU)

Fin dal periodo iniziale della pandemia Covid-19 l’Unione Europea ha preso provvedimenti per fronteggiare la crisi sanitaria ed economico-sociale e ha messo in atto misure immediate per mobilitare il bilancio dell’UE e consentire la massima flessibilità nell’applicazione delle norme in materia di bilancio e di aiuti di Stato. Il 19 aprile 2020 l’Eurogruppo ha proposto un pacchetto di sostegno di emergenza del valore di 540 miliardi di euro per tre reti di sicurezza, a favore dei lavoratori, delle imprese e degli stati membri; il 21 aprile il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, hanno sollevato il punto che la ripresa avrebbe richiesto un grande sforzo congiunto a livello europeo e il 27 maggio la Commissione Europea ha presentato la proposta di un piano per la ripresa dell’Europa dalle conseguenze della pandemia da Covid-19, denominato Next Generation European Union[1] dotato di una capacità finanziaria di 750 miliardi di euro (a prezzi 2018, ripartita in 390 miliardi in termini di sovvenzioni e in 360 miliardi in termini di prestiti a favore di tutti gli Stati) da finanziare per 672,5 miliardi (312,5 per sovvenzioni e 360 per prestiti) con il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (Recovery and Resilience Facility) (capitali raccolti nei mercati finanziari, con un periodo di restituzione fino al 2058) e, per il resto delle sovvenzioni (77,5 miliardi), attingendo a sei programmi già operativi. La ripartizione fra gli Stati dei 750 miliardi avverrebbe, per il 70% (impegno di spesa 2021-2022), con riferimento ai parametri dell’inverso del PIL pro capite, della quota di popolazione e dei tassi di disoccupazione nel 2015-2019; per il restante 30% (impegno di spesa 2023), ai predetti primi due parametri più il calo del PIL reale nel 2020 e il calo complessivo del PIL reale nel periodo 2020-2021.

Il 21 luglio il Consiglio Europeo ha definito un pacchetto articolato di 1824,4 miliardi di euro che combina i 750 miliardi del NGEU con 1074,4 miliardi attinti al Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) per il periodo 2021-2027, mentre il NGEU ha una prospettiva di spesa per il periodo 2021-2023. Tenendo conto dei 540 miliardi già stanziati nella primavera scorsa, il pacchetto globale per la resilienza e ripresa dell’UE ammonta a 2364,4 miliardi di euro.

La Tabella 1 mette in evidenza come l’impegno di breve periodo (NGEU) sia incentrato sul settore della Coesione, resilienza e valori; settore prevalente (ma con un’incidenza più bassa) anche per il QFP, programma di medio periodo, che dà significativo spazio anche a diversi altri settori.

TABELLA 1 (valori in miliardi di euro)

Settori                                                                                   NGEU      QFP        TOTALE

Mercato unico, innovazioni e agenda digitale                  10,6      132,8         143,4

Risorse naturali e ambiente                                                  17,5       356,4       373,9

Sicurezza e difesa                                                                       –           13,2          13,2

Coesione, resilienza e valori (compresa la salute)            721,9     377,8     1099,7

P.A. europea                                                                                –             73,1          73,1

Vicinato e Resto del mondo                                                      –            98,4        98,4

Migrazione e gestione frontiere                                               –             22,7        22,7

TOTALE                                                                                    750,0     1074,4    1824,4

La forte crescita delle risorse messe sul tavolo della ripresa e resilienza dell’UE sarà finanziato, per quanto riguarda il NGEU, con il ricorso al mercato finanziario e, per creare le condizioni che facilitino quest’operazione – di per sé non proibitiva, dato l’elevato rating creditizio dell’UE – il massimale delle risorse proprie dell’UE sarà temporaneamente innalzato al 2% del reddito nazionale lordo dell’UE. Per quanto riguarda il Bilancio settennale dell’UE, è allo studio una serie di azioni per aumentare le risorse proprie; precisamente introdurre: 1) un contributo a carico dei rifiuti plastici di plastica non riciclati; 2) un meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera; 3) risorsa basata sul sistema di scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra; 4) un prelievo fiscale sul digitale; 5) imposta sulle transazioni finanziarie.

Le prime tre misure appartengono ovviamente al campo proprio del Green Deal Europeo.

Per concorrere all’assegnazione di sovvenzioni o di prestiti, gli stati membri dovranno preparare Piani Nazionali per la Ripresa e la Resilienza (PNRR), in cui dovranno definire il loro programma di riforme e investimenti per il periodo 2021-2023, affiancati dai Programmi Nazionali di Riforma (PNR), richiesti congiuntamente dall’articolato processo di sorveglianza multilaterale delle politiche economiche dei singoli stati membri e dei loro conti pubblici.(conosciuto come Semestre Europeo).

I piani saranno esaminati dalla Commissione Europea e riesaminati e adattati, ove necessario, nel 2022, per tenere conto della ripartizione definitiva dei fondi per il 2023. Il termine per la presentazione dei piani è il 30 aprile 2021; gli stati membri sono tuttavia incoraggiati a presentare i loro progetti preliminari a partire dal 15 ottobre 2020.

La Commissione Europea valuterà i piani in parola alla luce di una serie di criteri, fra i quali particolare rilevanza avranno:

– i quattro Principi guida della Strategia per lo Sviluppo Sostenibile per il 2021: sostenibilità ambientale, crescita della produttività, equità e stabilità macroeconomica;

– la coerenza con le raccomandazioni specifiche per ogni paese date dal Consiglio Europeo (per i cicli 2019 e 2020);

– il contributo effettivo alla transizione verde, allo sviluppo dell’economia circolare e alla trasformazione digitale;

– il rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica dello Stato membro;

– l’inclusione, nei progetti d’investimento e nelle riforme, dei seguenti obiettivi operativi (progetti faro):

1) utilizzare più energia pulita (Power up): utilizzare prontamente tecnologie pulite adeguate alle esigenze future e accelerare lo sviluppo e l’uso delle energie rinnovabili;

2) rinnovare (Renovate): migliorare l’efficienza energetica degli edifici pubblici e privati;

3) ricaricare e rifornire (Recharge and Refuel): promuovere tecnologie pulite per accelerare l’uso di sistemi di trasporto sostenibili, accessibili e intelligenti, stazioni di ricarica e rifornimento ed estensione dei trasporti pubblici;

4) collegare (Connect): estendere i servizi veloci a banda larga a tutte le regioni e a tutte le famiglie;

5) modernizzare (Modernise): digitalizzare la P. A. e i servizi pubblici, compresi i sistemi giudiziari e sanitari;

6) espandere (Scale-up): aumentare le capacità di cloud industriale europeo di dati e lo sviluppo dei processori più potenti, all’avanguardia e sostenibili;

7) riqualificare e migliorare le competenze (Reskill and Upskill): adattare i sistemi d’istruzione per promuovere le competenze digitale e la formazione scolastica e professionale per tutte le età.

La valutazione fatta dalla Commissione Europea dovrà essere approvata dal Consiglio Europeo, a maggioranza qualificata.

Discorso sullo Stato dell’Unione Europea (2020)

Il motore che ha portato all’approvazione degli atti suddetti sta nella Commissione Europea e in particolare nella sua attuale Presidente. Vediamone quindi i presupposti teorici, che possiamo desumere dal Primo Discorso sullo Stato dell’Unione Europea pronunciato il 16 settembre 2020 dalla Presidente Ursula von der Leyen, nella sessione plenaria del Parlamento Europeo e che ha il seguente incipit: “Costruiamo il mondo in cui vogliamo vivere: un’unione vitale in un mondo fragile”. Ciò vuol dire introdurre cambiamenti dettati da progettualità e non da eventi esogeni, come una calamità o da reazioni o difese da azioni altrui. Siamo in presenza di un documento di elevato profilo e profondità di elaborazione che non potevamo attenderci dal suo predecessore, Jean-Claude Juncker, e che anche gli altri suoi predecessori non ci hanno lasciato, a parte Jacques Delors (1985-1995), con il suo “Libro Bianco” del 1993.

Tralasciando questioni altrettanto importanti – quali la spinta per un’Europa più forte nel mondo, basata sul multilateralismo e sul disarmo e incentrata su nuove strategie per dare slancio alla democrazia europea nonché su un nuovo patto sulla migrazione e l’asilo – il primo obiettivo non può essere che il risollevarsi tutti insieme dalla pandemia, gestendo questa con grande prudenza, responsabilità e unità, e assistendo chi ha più bisogno. Ciò è la premessa per creare un’economia dal volto umano, un’economia sociale di mercato che sia vocata alla resilienza, in quanto protegge dai grandi rischi della vita (malattie, disoccupazione, rovesci di fortuna, povertà), garantisce stabilità e consente di assorbire meglio gli urti interni o di origine estera, crea opportunità e prosperità, promuovendo innovazione e sviluppo.

Si deve quindi, in primis, costruire un’Unione Europea della sanità più forte e, allo stesso tempo, impegnarsi a creare uno strumento per la protezione dei lavoratori e delle imprese dagli choc esterni: un notevole esempio di solidarietà europea, basato sulla dignità del lavoro, che è una declinazione della dignità della persona.

Il programma dell’UE denominato SURE (Support to Mitigate Unemployment Risks in an Emergency) ha contribuito a salvare milioni di posti di lavoro, a evitare la creazione di disoccupazione di massa, a dare respiro alle famiglie, a tutelare i redditi e a proteggere le imprese di tutti i paesi dell’UE. Con lo stesso scopo si sono resi più flessibili i fondi europei e le norme sugli aiuti di Stato.

Per la dignità del lavoro è indispensabile la creazione anche di un quadro europeo per il salario minimo degno di ogni lavoratore/lavoratrice, che permette di combattere anche la concorrenza sleale nel mercato unico europeo, premessa indispensabile perché possano svilupparsi le opportunità proprie del mercato unico incentrato sulle quattro libertà fondamentali: libertà di circolazione delle persone, delle merci, dei servizi, dei capitali.

(Manca, a mio avviso, il richiamo all’altrettanto importante – peraltro ben diffuso nel contesto economico della Germania, ma da espandere in tutta l’Unione – della partecipazione dei lavoratori alla gestione strategica e ordinaria dell’impresa ovvero alla proprietà dell’impresa da parte dei lavoratori).

La “costruzione di un mondo in cui vogliamo vivere” richiede un’accelerazione dell’attenzione e degli interventi riguardanti il futuro del nostro pianeta. Il Green Deal Europeo traccia la strada per compiere una trasformazione epocale che permetta al nostro continente, prima, entro il 2030, di portare al 55% l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e, poi, di essere il primo, prima del 2050, a impatto climatico zero. Avendo questa prospettiva, il 37% delle risorse del NGEU e del QFP dovrebbe essere destinato direttamente agli obiettivi del Green Deal Europeo, con particolare attenzione ai progetti faro europei aventi maggiore impatto: idrogeno, ristrutturazioni edilizie per trasformare il settore edilizio, da fonte di emissioni, a pozzo di assorbimento delle stesse.

NGEU deve essere questo: “plasmare il mondo in cui vogliamo vivere” e, in questo mondo, altra protagonista sarà l’innovazione e trasformazione digitale.

L’Europa deve guidare il processo di digitalizzazione, altrimenti sarà costretta a seguire la strada tracciata da altri, che fisseranno gli standard per noi. Per far ciò dobbiamo concentrarci su tre campi: dati, tecnologia (in particolare, l’intelligenza artificiale, impostata su un insieme di regole che metta al centro le persone e che permetta di avere un’identità digitale europea sicura) e infrastrutture digitali che permettano la sovranità digitale dell’Europa. Per questo, si dovrebbe investire almeno il 20% del NGEU nel digitale.

Linee guida europee (roadmap) per la ripresa economica e sociale

Alla luce dei principi evidenziati dalla Presidente von der Leyen e dei criteri per la valutazione dei PNRR e dei PNR nazionali, la Commissione Europea e il Consiglio Europeo hanno impostato le “Linee guida per la ripresa economica e sociale” nella direzione di costruire un’Europa che sia sostenibile e resiliente, basata sulla solidarietà, sulla coesione e sulla convergenza, impostata in modo da essere agile e flessibile, cioè adattabile all’evoluzione delle condizioni nel tempo, e tale da essere inclusiva e cogestita da tutti i soggetti interessati (Stati, Regioni, società economica, società civile, parti sociali e altri stakeholder), nel rispetto del principio di sussidiarietà e dei valori e diritti fondamentali sui quali l’Unione Europea è stata costruita e che la stessa vuole continuare ad avere.

Questa costruzione deve avere tre pilastri portanti:

1) il sostegno della ripresa degli stati membri accompagnata dalle riforme necessarie per la resilienza della ripresa, specie con riferimento alla giusta transizione richiesta ai fini del Green Deal Europeo;

2) il sostegno degli investimenti privati strategici per un’economia più pulita, digitale e resiliente per il futuro (ristrutturazioni immobiliari e infrastrutturali; energie rinnovabili, in particolare eolica, fotovoltaica e a idrogeno; trasporti e logistica più puliti, riconversione professionale);

3) il pilastro europeo dei diritti: trarre insegnamento dalla forte crisi sanitaria e sociale in atto in modo da essere attrezzati per il futuro; quindi nuovi programmi per la salute, la protezione civile, la politica retributiva trasparente del lavoro (salario minimo universale e pari opportunità).

Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia

I pilastri sopra riportati – assieme ai quattro Principi guida, ai sette Progetti faro e alle quattro Raccomandazioni per il 2020 rivolte al nostro paese dal Consiglio Europeo – hanno costituito la base delle Linee Guida per la Definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza –, approvate il 9 settembre di quest’anno dal Dipartimento Interministeriale per gli Affari Europei e il 13 ottobre dal Senato e dalla Camera dei Deputati.

I “principi guida” e i “piani faro” sono validi per tutti i Paesi; le raccomandazioni sono invece specifiche per ogni Paese e, per il nostro, sono state, per il 2020:

1) rafforzare la resilienza e la capacità del sistema sanitario per quanto riguarda gli operatori sanitari, i prodotti medici essenziali e le infrastrutture; migliorare il coordinamento tra autorità nazionali e regionali; (sic) quando le condizioni economiche lo consentano, perseguire politiche di bilancio a medio termine prudenti e assicurare la sostenibilità del debito, incrementando nel contempo gli investimenti;

2) fornire redditi sostitutivi e un accesso al sistema di protezione sociale adeguati; attenuare l’impatto della crisi sull’occupazione, anche mediante modalità di lavoro flessibili e sostegno attivo all’occupazione;

3) garantire l’effettiva attuazione delle misure volte a fornire liquidità all’economia reale; anticipare i progetti d’investimento pubblici maturi e promuovere gli investimenti privati per favorire la ripresa economica, concentrare gli investimenti sulla transizione verde e la trasformazione digitale;

4) migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della Pubblica Amministrazione.

Tutto ciò premesso, vediamo le linee guida strategiche del PNRR italiano. Esse sono le seguenti.

Modernizzare il Paese significa, innanzitutto, disporre di una P.A. efficiente, digitalizzata, ben organizzata e sburocratizzata, efficace nei servizi che eroga. Significa, inoltre, creare un ambiente favorevole all’innovazione, promuovere la ricerca e utilizzare al meglio le tecnologie disponibili per incrementare la produttività dell’economia e la qualità della vita.

Transizione ecologica, che dovrà essere la base del nuovo modello di sviluppo su scala globale. In primo luogo, occorre ridurre drasticamente le emissioni di gas clima-alteranti, in linea con gli obiettivi del Green Deal Europeo. In secondo luogo, sarà necessario migliorare l’efficienza energetica delle filiere produttive, degli insediamenti civili e degli edifici pubblici e la qualità dell’aria dei centri urbani e delle acque interne e marine. (Segue una dettagliata elencazione delle cose virtuose da fare, sia dal lato della domanda sia dal lato dell’offerta – compresa anche la tutela del patrimonio artistico, culturale e naturale – e, allo stesso tempo, promuoverne la fruizione, consolidandone le potenzialità e la capacità di attivazione di flussi turistici).

Inclusione sociale e territoriale, che vuol dire ridurre le disuguaglianze, i divari e la povertà che impediscono a tutti i cittadini di partecipare pienamente alla vita economica, sociale e culturale e di godere di un tenore di vita e di un benessere considerati accettabili. A tal fine è necessario garantire un livello più uniforme di accesso all’istruzione e alla cultura, con particolare riferimento alla conoscenza degli strumenti digitali. La realizzazione della parità di genere richiede d’intervenire sulle molteplici dimensioni della discriminazione in essere nei confronti delle donne per quanto riguarda il lavoro, la retribuzione, l’accesso alle risorse finanziarie, il lavoro domestico, il lavoro di cura, l’accesso alle posizioni decisionali a livello politico, economico e sociale. Favorire l’inclusione presuppone il miglioramento della qualità della vita nei centri urbani e nelle aree periferiche, la riduzione dei gap infrastrutturali, di quello occupazionale nonché nell’accesso ai beni e servizi pubblici, soprattutto fra Nord e Sud.

Parità di genere, la cui realizzazione richiede d’intervenire sulle molteplici dimensioni della discriminazione in essere nei confronti delle donne, che riguardano prioritariamente: la partecipazione al mondo del lavoro, la retribuzione e la qualità del lavoro, l’accesso alle risorse finanziarie, le disuguaglianze tra donne e uomini nell’allocazione del tempo dedicato al lavoro di cura, al lavoro domestico e alle attività sociali, l’uguaglianza di genere nell’accesso alle posizioni decisionali a livello politico, economico e sociale.

Per realizzare le linee strategiche, il PNRR, sintetizzando fra “principi guida”, “piani faro,” e “raccomandazioni”, individua nove Direttrici d’intervento:

1) un Paese completamente digitale;

2) un Paese con infrastrutture sicure ed efficienti;

3) un Paese più verde e sostenibile;

4) un tessuto economico più competitivo e resiliente;

5) un piano integrato di sostegno alle filiere produttive;

6) una Pubblica Amministrazione al servizio dei cittadini e delle imprese;

7) maggiori investimenti in istruzione, formazione e ricerca;

8) un’Italia più equa e inclusiva, a livello sociale, territoriale e di genere;

9) un ordinamento giuridico più moderno ed efficiente.

È un’elencazione senz’anima, cioè senza indicazione delle priorità fra le direttrici d’intervento e non distingue obiettivi intermedi dagli obiettivi finali, o quasi. Di obiettivi, il PNRR parla più avanti, senza però classificarli in ordine di merito. Ne parla con riferimento alle sfide che il Paese intende affrontare:

– migliorare la resilienza e la capacità di ripresa dell’Italia;

– ridurre l’impatto sociale ed economico della crisi pandemica;

– sostenere la transizione verde e digitale;

– innalzare il potenziale di crescita dell’economia e la creazione di occupazione.

Le “sfide” individuano le Missioni del programma, a loro volta suddivise in cluster di progetti omogenei atti a realizzare le missioni e, di conseguenza, le sfide stesse; per questi cluster di progetti verranno anche individuate iniziative di riforma.

Vengono quindi individuate sei “missioni”:

1. Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo.

2. Rivoluzione verde e transizione ecologica.

3. Infrastrutture per la mobilità.

4. Istruzione, formazione, ricerca e cultura.

5. Equità sociale, di genere e territoriale;

6. Salute.

A me pare che “principi guida”, “linee strategiche”, “direttrici d’intervento”, “missioni” siano denominazioni di specie quasi del tutto ripetitive e non illuminanti ai fini della comprensione dell’essenza del PNRR. D’altra parte, critica analoga può essere sollevata nei confronti della serie di criteri indicati per la valutazione dei PNRR dei singolo paesi da parte della Commissione Europea.

Così, fra i principi guida della Strategia per lo Sviluppo Sostenibile per il 2021, la sostenibilità ambientale e l’equità sono obiettivi di elevato livello finale, poiché concorrono a definire la dignità delle persone in termini individuali e sociali, e lo stesso potrebbe dirsi a proposito della crescita della produttività purché l’elevata produttività sia accompagnata da elevata disponibilità di beni, e di beni di elevata qualità personale e sociale. Invece, la stabilità macroeconomica è un mero obiettivo intermedio rispetto agli altri tre, che potrebbe anche essere di contrasto rispetto a questi, come la gestione della politica economica europea nel corso del secondo decennio di questo secolo ha chiaramente evidenziato: “austerità” per la stabilità macroeconomica che ha bloccato la crescita economica e la sostenibilità sociale dell’EU.

Inoltre, transizione verde, sviluppo dell’economia circolare e trasformazione digitale non sono sullo stesso livello di finalizzazione: se fatta in modo corretto, la transizione verde è un obiettivo con elevato livello di finalizzazione, mentre l’economia circolare, la transizione digitale, il rafforzamento del potenziale di crescita, la resilienza sociale ed economica del paese membro hanno natura di obiettivo intermedio così come lo è la generica creazione di posti di lavoro. Per essere con elevato livello di finalizzazione occorre che il posto di lavoro abbia elevati livelli di qualità; precisamente il posto di lavoro ha da essere “libero, decente, creativo, partecipativo, solidale; deve avere una remunerazione giusta, avere una buona copertura di tipo previdenziale, produrre cose buone per il lavoratore, la sua famiglia e per il bene comune della comunità, rispettare l’ambiente naturale”, come sempre ci ricorda papa Francesco.

Ritornando al PNRR italiano, così come è oggi, fra le Linee guida strategiche, l’”inclusione sociale e territoriale”, la “transizione ecologica” e la “parità di genere” hanno elevato livello di finalizzazione e non possono essere messe sullo stesso piano del “modernizzare il Paese”, che ha un chiaro significato strumentale.

Fra le Direttrici d’intervento, i punti 2), 3), 7), 8) e 9) hanno elevato valore di finalizzazione; gli altri punti sono di livello intermedio. Le Sfide sono una ripresa delle Direttrici d’intervento e le Missioni sono elencate in modo casuale quanto a livello di finalizzazione; anzi direi che le priorità vanno a discendere dalla missione 6. alla 1., se il principio fondante del bene comune sta – come non può non essere – nella centralità e dignità della persona.

Next Generation Italia

Le Linee Guida per il PNRR, approvate nel mese di settembre di quest’anno, hanno avuto un’applicazione empirica con il successivo Next Generation Italia (6 dicembre), documento ancora provvisorio, che indica le riforme e gli investimenti «per una transizione green, smart and healthy». Pur abbondando oltre il necessario nella presentazione delle riforme in termini puramente qualitativi, il documento cerca di quantificare, a livello di missioni e di componenti delle stesse «funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del Governo».

Sebbene il piano in parola inizi presentando ancora l’ipotesi (definita dal Consiglio Europeo il 21 luglio) che l’Italia ottenga dal NGEU (fra sovvenzioni e prestiti) risorse per 208,9 miliardi di euro, nel prosieguo assume – alla luce degli aggiustamenti nel frattempo apportati a livello di Commissione Europea – la somma complessiva di 196 miliardi di euro e la prima disarticolazione per missioni porta al seguente risultato (valori in miliardi di euro):

1) Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura   48,7 (24,9%)

2) Rivoluzione verde e transizione ecologica                         74,3 (37,9%)

3) Infrastrutture per una mobilità sostenibile                       27,7 (14,1%)

4) Istruzione e ricerca                                                                 19,2 (9,8%)

5) Parità di genere, coesione sociale e territoriale                 17,1 (8,7%)

6) Salute                                                                                           9,0 (4,6 %)

TOTALE                                                                                       196,0 (100,0)

Viene messo in evidenza che le risorse destinate alla transizione verde ammontano a 80 miliardi (40,8% del totale) e quelle destinate alla transizione digitale ammontano a 45 miliardi (23% del totale) nel rispetto quindi dei valori minimi indicati dal NGEU (rispettivamente il 37% il 20%). Come si arrivi a questi due ultimi importi non è però spiegato.

Salta subito all’occhio la pochezza delle risorse indicate per la missione Salute, a fronte della forte carenza di strutture e di operatori presenti, che gli eventi del 2020 hanno messo drammaticamente in evidenza.

Disarticolando le missioni in componenti funzionali vengono indicati i seguenti dati[2]:

Missione 1): – Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella P. A. 10,1

– Innovazione, competitività, digitaliz. imprese e internazionalizzazione 35,5

– Cultura e turismo 3,1

Missione 2): – Impresa verde ed economia circolare 6,3

– Transizione energetica e mobilità locale sostenibile 18,5

– Efficenza energetica e riqualificazione degli edifici 40,1

– Tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica 9,4

Missione 3): – Alta velocità di rete e manutenzione stradale 23,6

– Intermodalità e logistica integrata 4,1

Missione 4): – Potenziamento della didattica e diritto allo studio 10,1

– Dalla ricerca all’impresa 9,1

Missione 5): – Parità di genere 4,2

– Giovani e politiche del lavoro 3,2

– Vulnerabilità, inclusione sociale, sport e terzo settore 5,9

– Interventi speciali di coesione territoriale 3,8

Missione 6) – Assistenza di prossimità e telemedicina 4,8

– Innovazione, ricerca e digitalizz. dell’assistenza sanitaria 4,2

Risulta evidente come diverse componenti funzionali (ad esempio, Innovazione, competitività, digitalizzazione delle imprese e internalizzazione, Cultura e turismo, Vulnerabilità, inclusione sociale, sport e terzo settore) siano troppo ampie o troppo vaghe per poter avere un qualche significato operativo.

Ma il processo di disarticolazione non è ancora finito. All’interno delle componenti, v’è un’ulteriore disarticolazione in “progetti”, ma questi non sono veri progetti, bensì linee d’azione cioè campi nei quali si possono presentare specifici progetti, che indichino con precisione cose da fare e costi da sostenere, delle quali non c’è alcuna traccia in tutto il documento.

Così, la voce “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella P.A.” (Missione 1) contempla le seguenti linee d’azione:

– Modernizzazione e digitalizzazione della P.A.

– Innovazione organizzativa, lavoro agile e capitale umano della P.A.

– Innovazione organizzativa della giustizia.

– Tecnologie e pagamenti digitali.

La voce “Innovazione, competitività, digitalizzazione delle imprese e internalizzazione” (Missione 1) racchiude le seguenti linee d’azione:

– Transizione 4.0.

– Potenziamento del regime di tassazione opzionale Patent Box.

– Agricoltura digitale.

– Editoria.

– Banda Larga, 5G e monitoraggio satellitare.

– Innovazione e tecnologia dei microprocessori.

– Internalizzazione.

La voce “Cultura e turismo” (Missione 1) comprende le seguenti linee d’azione:

– Potenziamento della formazione e dell’offerta turistica.

– Valorizzazione e tutela del patrimonio culturale.

La voce “Impresa verde ed Economia circolare” (Missione 2) contempla:

– Agricoltura sostenibile.

– Economia circolare e gestione rifiuti.

La voce “Transizione energetica e mobilità locale sostenibile” (Missione 2) racchiude:

– Fonti di energia rinnovabile e sostegno della filiera.

– Investimenti nella filiera dell’idrogeno – progetti europei.

– Smart Grid e poli di ricarica batterie.

– Trasporti locali sostenibili, ciclovie e rinnovo parco rotabile.

La voce “Efficenza energetica e riqualificazione degli edifici” (Missione 2) comprende:

– Efficentamento degli edifici pubblici.

– Efficentamento dell’edilizia privata.

La voce “Tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica” (Missione 2) contempla:

– Interventi sul dissesto idrogeologico.

– Digitalizzazione della rete di monitoraggio e manutenzione.

– Forestazione e tutela dei boschi.

– Invasi e gestione sostenibile delle risorse idriche.

– Sviluppo delle aree portuali per gestione rifiuti raccolti a mare.

La voce “ Alta velocità di rete e manutenzione stradale” (Missione 3) racchiude:

– Opere ferroviarie per la mobilità e la connessione veloce nel Paese.

– Messa in sicurezza e monitoraggio digitale di strade, viadotti e ponti.

La voce “Intermodalità e logistica integrata” (Missione 3) comprende:

– Porti e intermodalità collegata alle grandi linee di comunicazione europea.

– Altri interventi su porti, infrastrutture e reti TEN-T.

La voce “ Potenziamento della didattica e diritto allo studio” (Missione 4) contempla:

– Accesso all’istruzione e contrasto ai divari territoriali.

– Potenziamento della didattica e STEM.

– Ricerca e istruzione professionalizzante, ITS.

– Modernizzazione e cablatura degli edifici scolastici.

La voce “Dalla ricerca all’impresa” (Missione 4) racchiude:

– Programmi di ricerca e sviluppo.

– Poli per l’innovazione e la ricerca e sviluppo degli IPCEI.

– Sostegno all’innovazione delle PMI.

La voce “Parità di genere” (Missione 5) si concretizza in:

– Sostegno all’occupazione femminile, conciliazione vita-lavoro e asili nido.

La voce “Giovani e politiche del lavoro” (Missione 5) comprende:

– Politiche attive e formazione per occupati e disoccupati.

– Servizio civile universale.

La voce “Vulnerabilità, inclusione sociale, sport e terzo settore (Missione 5) contempla:

– Servizi socio-assistenziali.

– Rigenerazione urbana e housing sociale.

– Sporte e periferie.

– Interventi per la disabilità.

La voce “ Interventi speciali di coesione territoriale (Missione 5) racchiude:

– Strategia per le aree interne e resilienza delle aree montane.

– Interventi per le aree del Terremoto 2009-2016.

– Energia per le piccole isole e la Sardegna.

– Ecosistemi dell’innovazione nel Sud.

– Progetti aggiuntivi per lo sviluppo e la coesione territoriale.

La voce “Assistenza di prossimità e telemedicina” (Missione 6) comprende:

– Potenziamento dell’assistenza sanitaria e rete territoriale.

– Salute, ambiente e sicurezza alimentare.

La voce “Innovazione, ricerca e digitalizzazione dell’assistenza sanitaria (Missione 6) contempla:

– Ammodernamento tecnologico e digitale.

– Ricerca e trasferimento tecnologico.

– Potenziamento della formazione del personale del SSN.

Siamo arrivati quindi a 54 linee d’azione, nel documento in parola, impropriamente dette, “progetti”. Questo in quanto si può parlare di “progetto” solo quando si costruisce un documento che contiene il campo in cui il progetto si muove, l’obiettivo finale (e gli eventuali obiettivi intermedi) che il progetto si prefigge di raggiungere, il dettaglio delle operazioni attuative, i tempi di attuazione, la quantificazione dei costi e dei benefici preventivati. Gran parte dei precedenti elementi caratterizzanti un progetto sono riportati nei “progetti” riportati in Next Generation Italia.

In quest’ultimo, viene data una motivazione d’ordine politico sul significato delle linee d’azione individuate, necessaria per dimostrare, in contraddittorio con la Commissione Europea, la necessità di interventi indispensabili per coprire le carenze presenti nei diversi campi o per avviare nuove linee di sviluppo, utile per poter impostare i progetti di massima, prima, e i progetti operativi., poi, ma non sufficiente.

Inoltre, nel documento stesso, non è data alcuna indicazione riguardo al processo che verrebbe seguito per passare, per ogni linea d’azione, ai progetti (o al progetto) veri e propri. Come vengono raccolti i vari progetti: progetti elaborati direttamente dal ministero o dai ministeri competenti oppure progetti predisposti da soggetti terzi e acquisiti a séguito di bando pubblico o per licitazione privata o per trattativa privata, fra il ministero o i ministeri competenti e i proponenti esterni, oppure seguendo procedimenti poco o nulla trasparenti?

Quindi, che il 23 dicembre si senta dire che l’insieme dei processi per la definizione dei progetti contenuti in Next Generation Italia verrà concluso entro la fine dell’anno corrente, e poi al 30 dicembre che il termine venga spostato al 15 febbraio, lascia francamente interdetti e preoccupati!

 

[1] Talvolta si sente parlare di recovery plan, che fu introdotto come nome comune, poi definito ufficialmente col nome proprio di Next Generation European Union. Analogamente, si usò inizialmente il nome comune recovery fund, ma successivamente esso è stato definito col nome proprio di Recovery and Resilience Facility.

[2] Si noti che il documento indica tutte le somme col termine di “investimenti”, quindi “investimenti” come sinonimo di “spese”, mentre una parte delle spese non potrà non essere data da “consumi pubblici” (ad esempio, spese per il personale pubblico assunto).


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