Beppe Del Colle, scomparso nei giorni scorsi ad 89 anni, è stato per lunghi decenni, sia come editoralista di “Famiglia Cristiana” sia come direttore del settimanale “Il Nostro Tempo”, un attento testimone delle vicende della nostra società e di quanto si muoveva a livello politico e culturale. Non un giornalista cattolico – espressione che gli ambienti, per così dire, laicisti attribuiscono ai credenti che fanno questo mestiere – ma un cattolico giornalista, un uomo cioè di fede che cercava di leggere le complesse pieghe della nostra epoca sotto una prospettiva cristiana.
La sua fu sempre una lettura capace di osservare con realismo le cose che ci circondano, senza indulgere a qualche forma di clericalismo. Un approccio che sapeva rispettare la complessità del mondo in cui viviamo e delle sue vicende, quasi mai riconducibili a una visione banalmente manichea, cercando ci comprendere le cose e raccontandole nel modo più obiettivo ai lettori.
Torinese, classe 1931, finiti gli studi classici entrò giovanissimo nel mondo dei giornali. Dapprima come cronista sportivo al “Popolo Nuovo”, quotidiano della DC torinese, per poi occuparsi di politica e delle questioni ad essa attinenti. Approdò quindi a “Stampa Sera” e nel 1970 fece ingresso a “Famiglia Cristiana”, voluto dall'allora direttore don Giuseppe Zilli. Del settimanale paolino diverrà vicedirettore, contribuendo a modernizzarne la linea dedicando molta attenzione alla nostra società ai suoi molteplici problemi e alle mille contraddizioni con inchieste su questo o quell'avvenimento. Un modo per accompagnare il mondo cattolico sulla strada del Concilio che stava aprendo, come non mai, la Chiesa al mondo contemporaneo e ad una maggior prossimità con l'uomo di oggi.
Direttore, per oltre un ventennio, del periodico “Il Nostro Tempo”, seguendo le orme del suo fondatore, don Carlo Chiavazza. Proprio don Chiavazza fu sempre il suo punto di riferimento sia dal lato umano sia nella professione di giornalista, svolta nel segno di un'attenta ricognizione dei fatti e di un grande rispetto delle persone coinvolte. Realizzò una testata capace di parlare, e non era cosa scontata, sia al mondo cattolico, spesso chiuso in se stesso, sia a quello laico, non di rado venato da una certa supponenza riguardo alla fede religiosa.
Del Colle seguì il dibattito politico, avendo come punto di riferimento la necessità di una più incisiva presenza cattolica nella scena pubblica, non mancando di rilevarne limiti ed insufficienze. Fu anche scrittore e divulgatore. Nel libro Olga e Gorbaciov raccontò l'evolversi della Perestroika nell'URSS di fine anni Ottanta e nel più recente Cattolici, dal potere al silenzio, steso a quattro mani con Pasquale Pellegrini, ci parlò del ruolo dei cattolici nella vita politica italiana.
Giornalista di indubbia onestà intellettuale, maestro per molti giovani – spesso incoraggiati a questa professione con un sorriso e qualche parola detta al momento giusto – ma soprattutto persona di grande umanità. Ed è in fondo questa la sua dote più importante: quella che vogliamo ricordare nel momento del commiato.
La sua fu sempre una lettura capace di osservare con realismo le cose che ci circondano, senza indulgere a qualche forma di clericalismo. Un approccio che sapeva rispettare la complessità del mondo in cui viviamo e delle sue vicende, quasi mai riconducibili a una visione banalmente manichea, cercando ci comprendere le cose e raccontandole nel modo più obiettivo ai lettori.
Torinese, classe 1931, finiti gli studi classici entrò giovanissimo nel mondo dei giornali. Dapprima come cronista sportivo al “Popolo Nuovo”, quotidiano della DC torinese, per poi occuparsi di politica e delle questioni ad essa attinenti. Approdò quindi a “Stampa Sera” e nel 1970 fece ingresso a “Famiglia Cristiana”, voluto dall'allora direttore don Giuseppe Zilli. Del settimanale paolino diverrà vicedirettore, contribuendo a modernizzarne la linea dedicando molta attenzione alla nostra società ai suoi molteplici problemi e alle mille contraddizioni con inchieste su questo o quell'avvenimento. Un modo per accompagnare il mondo cattolico sulla strada del Concilio che stava aprendo, come non mai, la Chiesa al mondo contemporaneo e ad una maggior prossimità con l'uomo di oggi.
Direttore, per oltre un ventennio, del periodico “Il Nostro Tempo”, seguendo le orme del suo fondatore, don Carlo Chiavazza. Proprio don Chiavazza fu sempre il suo punto di riferimento sia dal lato umano sia nella professione di giornalista, svolta nel segno di un'attenta ricognizione dei fatti e di un grande rispetto delle persone coinvolte. Realizzò una testata capace di parlare, e non era cosa scontata, sia al mondo cattolico, spesso chiuso in se stesso, sia a quello laico, non di rado venato da una certa supponenza riguardo alla fede religiosa.
Del Colle seguì il dibattito politico, avendo come punto di riferimento la necessità di una più incisiva presenza cattolica nella scena pubblica, non mancando di rilevarne limiti ed insufficienze. Fu anche scrittore e divulgatore. Nel libro Olga e Gorbaciov raccontò l'evolversi della Perestroika nell'URSS di fine anni Ottanta e nel più recente Cattolici, dal potere al silenzio, steso a quattro mani con Pasquale Pellegrini, ci parlò del ruolo dei cattolici nella vita politica italiana.
Giornalista di indubbia onestà intellettuale, maestro per molti giovani – spesso incoraggiati a questa professione con un sorriso e qualche parola detta al momento giusto – ma soprattutto persona di grande umanità. Ed è in fondo questa la sua dote più importante: quella che vogliamo ricordare nel momento del commiato.
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