Prima del vaccino, riscopriamo i nostri anticorpi



Eleonora Mosti    14 Novembre 2020       0

Siamo una società malata, da troppo tempo sofferente. Questa pandemia è solo una porzione di una sindrome generalizzata che ci vede tutti coinvolti. Userò il Covid-19 e la sua breve cronistoria per arrivare a descrivere gli elementi patologici presenti nel nostro vivere quotidiano che oggi, se non fermati, potrebbero essere più gravi della stessa pandemia. Ricordiamo dunque l’esperienza del coronavirus per arrivare meglio a comprendere lo stato attuale delle cose.

Si è parlato prima di pipistrelli, ma anche di virus da laboratorio tra le cause dell’inizio di una epidemia da Covid-19. Poi l’economia, gli affari sono stati i maggiori esportatori del virus. Alcuni Paesi, compresa l’Italia, già da tempo conoscevano il pericolo di possibili epidemie prima ancora che uscissero i primi pazienti. Poi ordini di distanziamento, uso delle mascherine, infine il lockdown.

Ma andiamo oltre, quale potrebbero essere le parole chiave all’interno di questa esperienza surreale? Suggerirei: separazione-solitudine-paura-morte.

Tutto vero, è ciò che abbiamo provato e che ancora proviamo in questo tempo di pandemia, in verità anche prima del Covid-19. Ma in questo momento, anche se per un attimo dovessimo attivare i nostri processi di difesa come risultano essere in dotazione nel nostro cervello per resistere e non desistere, quello dei Media, attraverso un martellamento fatto di immagini shock e parole di continuo allarme, di fatto rappresenta l’atto finale per condurre i nostri pensieri verso sentieri di vero e proprio panico.

La situazione è grave, vero, ma non per questo dobbiamo rimanere silenti e inermi di fronte a ciò che siamo costretti ad ascoltare e guardare. Tutte importanti le proteste dei commercianti, importanti le voci dei cittadini che si sentono rubare il proprio tempo e la libertà, la denuncia dei medici, ma nessuno o pochissime voci, reclamano a riguardo il pericolo di un clima che stiamo vivendo. Di fatto si sta disattivando sempre di più il nostro patrimonio atto a preservare la nostra esistenza da attacchi di panico o vissuti di frustrazione e disperazione. Le parole menzionate all’inizio – separazione, solitudine, paura, morte – sono la sequenza emotiva e reattiva (l’una consequenziale all’altra) utile per condurre alla “dipartita” del nostro patrimonio difensivo, fisiologico e psicologico, preposto all’equilibrio della vita di ogni persona.

Per capirci, se per la pandemia dobbiamo separarci gli uni dagli altri, questa conseguenza, contrastando col valore relazionale insito in ogni persona, andrebbe a creare nei soggetti un senso di solitudine, reazione emotiva che se prolungata nel tempo risulterebbe devastante. Infatti l’aver già vissuto un tempo di distanziamento tra le persone ha creato crisi di paura e spesso lo stesso panico può significare per molti la morte di ogni speranza. Quello che si sta vivendo è come la visione di un film i cui protagonisti sono altri da noi, ma per un gioco delle parti, nel finale tutti ci ritroviamo dentro allo stesso copione.

Ecco allora il richiamo, un SOS a chi governa certi processi a livello politico e mediatico, perché enorme è la loro responsabilità.

Già prima del Covid-19 eravamo stati ben condizionati da palinsesti diseducativi, con l’epidemia siamo arrivati a un avanzamento della comunicazione che educa alla disperazione e alla paura, in nome di un dovere di cronaca, quando poi questo ossessivo dovere di “cronaca” arriva a suscitare come reazione comportamenti irresponsabili.

Questo dire ha disattivato le nostre modalità “attentive” e al loro posto abbiamo pian piano attivato modalità di inerme accettazione da una parte ma anche di negazione del problema pandemia come meccanismo difensivo dall’altra. La prova di questo la vediamo in quelle persone che escono, girano per le strade come se nulla fosse, fino a poco tempo fa anche senza mascherina.

Altro livello di irresponsabilità risulta essere il comportamento poco istituzionale di certi politici tanto da far percepire agli italiani di essere in balia di un governo di incompetenti, così da suscitare nei cittadini sentimenti di ribellione, autorizzata da una sfiducia verso le autorità.

In questi giorni l’appello del presidente Conte è quello che tutti devono fare qualcosa. È vero, ma il senso di unità nazionale, non solo in tema politico, parte da una volontà unita alla testimonianza coerente di ogni parte che ne faccia appello.

Dobbiamo tornare allora alla riflessione personale sul tempo che stiamo vivendo, con un fermo immagine sulle azioni che sentiamo valide per la nostra “sopravvivenza”. A prescindere da quello che ascoltiamo o vediamo. Occorre rieducare le nostre menti alla libertà, al discernimento, alla ricerca di quel sano silenzio interiore, voce della nostra coscienza che suscita azioni di bene per noi. Al contrario oggi siamo condizionati da messaggi esterni dai contenuti contraddittori che ci creano insicurezza, dubbio, disorientamento. Per fare un esempio: laddove si richiama un comportamento accorto e responsabile per arginare contagi, nuoce ai cittadini ricevere una comunicazione ambivalente, spesso aggressiva tra gli esperti invitati a parlare. Risultato: la curva epidemica continua ad essere alta perché le persone si sentono in diritto di mantenere comportamenti dettati da irresponsabilità appresa soprattutto da stili degli stessi media che propinano di tutto in nome di una certa audience.

A mio parere un governo che non è in grado di monitorare, controllare e rispondere alle normali reazioni delle persone che questa epidemia ha posto in evidenza, educando la collettività alla consapevolezza e partecipazione sociale, esprime solo un totale fallimento. Cosa fare allora?

La nuova Politica deve poter rispondere ai nuovi scenari che si costruiranno dopo l’epidemia del Covid-19. Intanto, nell’immediato, solo ritornando in noi, con un semplice atto di autocoscienza potremo recuperare il “noi” di appartenenza. Occorrono più azioni di auto-responsabilità, organizzate da pensieri che ricercano il proprio e l’altrui bene. Mi riferisco all’esercizio di un de-condizionamento dai messaggi allarmistici che ascoltiamo ogni giorno propinati come un mantra e dalla contestazione ragionata verso chi ci rappresenta. Questo per riattivare in noi la funzione naturale di quegli organi atti alla nostra conservazione della specie, al nostro benessere. In poche parole lasciarsi guidare dal nostro istinto “pensato e benevolo”, piuttosto che lasciarsi catturare da propositi indotti che hanno il solo scopo di immobilizzare ogni volontà, atto, pensiero. Il condizionamento a subire certi processi, figli del relativismo etico, è la più grave forma di pandemia che possa esistere. Il tornare ad essere in grado di saper gestire il nostro patrimonio fatto di corpo, anima e vissuto psicologico in armonia, questo deve essere riposto tra le priorità di un percorso di risanamento nazionale tanto urgente quanto la scoperta del vaccino stesso contro il Covid-19.

Non potrà che farci bene uscire un po’ alla volta da certi circuiti mediatici patologici. Il profondo senso dell’unità così tanto richiamato da tutti, sarà allora l’incontro di persone autentiche e di nuovo libere di esserci, ognuno con la propria ricchezza. Persone che han saputo dare valore e senso a questo tempo di tempesta ma anche di riflessione sul nostro andare avanti, riscoprendo le priorità autentiche. Diversa, innaturale e falsa sarebbe quell’unità costruita da persone condizionate, uguali nell’incapacità di esprimere se stesse, morte rispetto alla volontà di rialzare lo sguardo alla ricerca di speranze verso un futuro rubato da chi è servo di quel male subdolo e strisciante che vorrebbe continuare a regnare su tutti noi.

Purtroppo la prima chance di guarigione collettiva, la fine del primo lockdown, è stata superata dalla poca memoria che ci caratterizza come popolo. Durante la scorsa estate abbiamo ritrovato qualche abbraccio, qualche doverosa abbronzatura, gli immancabili aperitivi serali in compagnia di amici e il coronavirus è tornato peggio di prima.

Se ogni persona non comprende il valore della propria responsabilità agita, perché riconquistata da una consapevolezza di essere protagonista unico del bene di tutti, sarà difficile uscire da questa calamità. Banchi con le rotelle, il rosso, l’arancio, il giallo? un ennesimo fallimento della politica attuale, che attraverso questi tentativi ritarda il processo di autostima degli italiani. Il sentimento italico non può essere più mortificato da una politica che ancora una volta non esprime la scuola delle buone pratiche che comunque esistono e ci appartengono come popolo. Ma ormai siamo in piena riserva.

Sveliamo dunque il significato di certi segni che da tempo viviamo e che la pandemia ha messo solo in risalto e usciamo da quei circuiti di morte che non ci appartengono, perché i virus sono tanti e di varia natura. I più pericolosi sono quelli che puntano alla morte dei cervelli e delle anime. Tutti dobbiamo collaborare partendo dal risveglio personale, frutto di una consapevolezza ritrovata e una rieducazione del nostro vivere.

Occorre andare oltre la realizzazione di un vaccino di una casa farmaceutica, certo importante, ma non essenziale se la morte della nostra intelligenza, coscienza, volontà, bellezza culturale, unici anticorpi che potranno cambiare l’Italia del dopo Covid, viaggia indisturbata producendo continue vittime.

Riscopriamo gli anticorpi che sono in noi, patrimonio in dotazione gratuita, in tutti e per tutti.

(Tratto da www.politicainsieme.com)


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