Considerazioni inattuali sul Parlamento. La prima: tagliare il numero dei parlamentari è – con rispetto parlando – una inutile stupidaggine: non porta a risparmi significativi, in compenso umilia il cuore pulsante della democrazia italiana. Difficile sostenerlo di questi tempi, con tutti ma proprio tutti (partiti populisti, partiti non populisti, ma senza attributi, stampa populista, stampa sedicente indipendente, grandi gruppi e se ve ne viene in mente qualcun altro aggiungetelo pure) impegnati a dare al popolo la sua libbra di carne. Eppure vogliamo dirlo: il referendum farà molto male e poco bene. Se qualcuno tra un paio d’anni sarà in grado di dimostrare che le cose, con i parlamentari dimezzati, vanno meglio faccia pure un fischio: sappiamo ammettere le sconfitte. Restiamo però moderatamente ottimisti.
Seconda considerazione inattuale: il virus che sta debilitando la nostra democrazia non è il Parlamento. E nemmeno i partiti. È piuttosto la mancanza di partiti veri, che a sua volta ha indebolito l’istituzione parlamentare. Risultato: tanti cacicchi e nessun statista, deputati e senatori sviliti al livello di alzatori di mano ben pagati e quindi eccessivamente pagati, perché ad alzare una mano senza sforzare le meningi finisce che lo stipendio non lo si merita abbastanza. Ergo: aboliamoli, questi parlamentari privilegiati. Nossignore, non è così. Se una democrazia, ed una democrazia parlamentare come la nostra, soffre è perché andiamo a pagare, al termine di un percorso accidentato che abbiamo voluto completare a tutti i costi, trent’anni di progressiva erosione dei meccanismi democratici. Basati sulla libera partecipazione dei partiti alla vita pubblica, sulla base di piattaforme programmatiche su cui il cittadino è libero di esprimersi.
Invece siamo corsi dietro agli uomini della Provvidenza e agli omini degli algoritmi, mettendo il cervello all’ammasso dopo averlo riempito di slogan. I cattolici, poi, da questo punto di vista sono doppiamente responsabili: avrebbero potuto riempire di valori il vuoto altrui, invece si sono accontentati di cosa? Di seggi parlamentari generosamente concessi da chi raccoglie pezzi della società per farli propri riducendoli a figurine Panini incollate per sempre nel loro album. E allora andiamo pure a votare, e togliamoci la soddisfazione di dare un calcio negli stinchi a quei nullafacenti privilegiati dei parlamentari. E poi mettiamoci sui nostri blog e sulle nostre chat a diffondere insofferenza, insoddisfazione e risentimento.
Ma non lamentiamoci, un giorno, del declino che si va facendo sempre più marcato, sempre più irreversibile. E quando ci renderemo conto di aver contribuito alla decadenza ci si guardi allo specchio, e si sappia che la colpa di quanto avvenuto è nostra, solo nostra. In una democrazia il popolo è sovrano. Se corre dietro alle ubbie dei populisti, poi la colpa è sua.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Seconda considerazione inattuale: il virus che sta debilitando la nostra democrazia non è il Parlamento. E nemmeno i partiti. È piuttosto la mancanza di partiti veri, che a sua volta ha indebolito l’istituzione parlamentare. Risultato: tanti cacicchi e nessun statista, deputati e senatori sviliti al livello di alzatori di mano ben pagati e quindi eccessivamente pagati, perché ad alzare una mano senza sforzare le meningi finisce che lo stipendio non lo si merita abbastanza. Ergo: aboliamoli, questi parlamentari privilegiati. Nossignore, non è così. Se una democrazia, ed una democrazia parlamentare come la nostra, soffre è perché andiamo a pagare, al termine di un percorso accidentato che abbiamo voluto completare a tutti i costi, trent’anni di progressiva erosione dei meccanismi democratici. Basati sulla libera partecipazione dei partiti alla vita pubblica, sulla base di piattaforme programmatiche su cui il cittadino è libero di esprimersi.
Invece siamo corsi dietro agli uomini della Provvidenza e agli omini degli algoritmi, mettendo il cervello all’ammasso dopo averlo riempito di slogan. I cattolici, poi, da questo punto di vista sono doppiamente responsabili: avrebbero potuto riempire di valori il vuoto altrui, invece si sono accontentati di cosa? Di seggi parlamentari generosamente concessi da chi raccoglie pezzi della società per farli propri riducendoli a figurine Panini incollate per sempre nel loro album. E allora andiamo pure a votare, e togliamoci la soddisfazione di dare un calcio negli stinchi a quei nullafacenti privilegiati dei parlamentari. E poi mettiamoci sui nostri blog e sulle nostre chat a diffondere insofferenza, insoddisfazione e risentimento.
Ma non lamentiamoci, un giorno, del declino che si va facendo sempre più marcato, sempre più irreversibile. E quando ci renderemo conto di aver contribuito alla decadenza ci si guardi allo specchio, e si sappia che la colpa di quanto avvenuto è nostra, solo nostra. In una democrazia il popolo è sovrano. Se corre dietro alle ubbie dei populisti, poi la colpa è sua.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Splendido articolo! Adesso qualcuno mi dica come si deve fare per metterne una copia in mano ad ognuno dei 60 milioni di italiani. Scherzi a parte, mentre è chiaro come la riduzione del numero dei parlamentari sia funzionale ai disegni di coloro che hanno interesse ad avere una democrazia formale, ma non sostanziale, non è altrettanto chiaro il motivo per cui non vi sia una significativa e proporzionata reazione da parte degli ambienti che riceveranno sicuramente un danno dal taglio dei parlamentari, mondo cattolico in primis. Intendo ad es. tutta quella parte di mondo cattolico (ed è la maggioranza) che non si sente adeguatamente rappresentata dai pochi privilegiati che hanno ottenuto un “posto”, anche quando sul piano delle idee gli stessi magari meritano consenso.
Sono del tutto d’accordo. Aggiungo solo un pensiero. La riduzione del numero dei parlamentari e le liste bloccate cancelleranno ogni possibilità di interlocuzione sul territorio tra rappresentanti e rappresentati. Si vuole solo un clic su di un argomento scelto dal vertice che lo pone. E questa è democrazia?
Partendo dal presupposto che condivido la linea generale dell’articolo e quindi sono assolutamente contrario nei confronti del taglio dei parlamentari, che non porta alcun risparmio e invece causa una diminuzione di democrazia e rappresentanza a mio modesto parere. Quello però che voglio inserire in forma di domanda provocatoria e riferita al titolo dell articolo: se non ci sono partiti veri, è compito dei cattolici anche proporre un partito vero, ma quando si passerà dalle parole ai fatti? Quando si deciderà di fare il grande salto nel vuoto? Sono l ultimo a dare una soluzione a questi dubbi, solo mi chiedo se continuare a ritardare e fermarsi sempre al vedere e giudicare senza passare all’agire, sia l’unica soluzione.