La scuola pubblica non statale continua a non ricevere l’attenzione necessaria da un mondo politico che non ne comprende l’importanza per il ruolo svolto in campo educativo e formativo. Così, la scuola paritaria deve contare solamente sulle proprie forze. La pandemia, così, fa ulteriormente emergere le criticità, mentre molti istituti sono a fronteggiare il rischio della chiusura.
Già il decreto “Cura Italia” si inizio aprile, che si era giustamente preoccupato di coloro che a causa del coronavirus rischiavano di perdere il lavoro o hanno visto fortemente limitate le loro entrate, ha “dimenticato” diverse categorie. Tra queste quella degli insegnanti e del personale non docente delle scuole paritarie, che sono circa 12.500, tra religiose e non. Complessivamente, il numero delle persone interessate dovrebbe essere oltre le 150mila unità.
Queste scuole hanno assicurato la continuità dell’anno didattico via telematica con una qualità della prestazione offerta certamente non inferiore a quella delle scuole pubbliche, se non migliore. La loro sopravvivenza dipende esclusivamente dalle rette corrisposte dai genitori di alunni e studenti, ma già si segnalano casi in cui, in maniera più o meno giustificata, alcuni genitori preannunciano l’intenzione di non voler o di non poter essere nelle condizioni di pagare il dovuto. Intanto, però, le scuole hanno continuato a corrispondere gli emolumenti mensili come se niente fosse stato cambiato dal coronavirus. Ma la situazione si è fatta insostenibile, e decine di gruppi e associazioni si sono mobilitate affinché si ripari a una grave mancanza, con un deciso cambio di passo da parte del Governo.
Rimanendo così le cose, il 30% delle scuole pubbliche paritarie a settembre chiuderà, a causa della crisi economica in atto dovuta alla pandemia. Già 70 scuole pubbliche paritarie hanno definitamente chiuso e 1500 studenti sono già senza la loro scuola.
Decine e decine di Associazioni no profit hanno denunciato le gravissime ingiustizie nei confronti dei 900.000 partecipanti alle scuole pubbliche paritarie nell’ambito delle misure che dovrebbero sostenere, invece, tutti in questo momento. Come se qualcuno volesse approfittare per uccidere un pezzo vivace e bello della società italiana, come le opere educative libere. Come se si volesse profittare dell’emergenza per livellare il pluralismo scolastico, condizione essenziale per qualsiasi democrazia, che non sarebbe più tale se vi fosse una unica e omologante educazione uguale per tutti.
Viene in mente quel passaggio de La storia infinita, il film diretto da W. Petersen nel 1984: “È più facile dominare chi non crede in niente. E questo è il modo più sicuro di conquistare il potere”.
Urge un colpo di reni per scongiurare la moria delle scuole pubbliche paritarie. E per salvare il pluralismo scolastico nella Res Publica.
Questo può avvenire soprattutto in occasione della imminente conversione del cosiddetto “Decreto Rilancio”. E all’appello di oltre 50 Associazioni hanno risposto con impegni precisi i gruppi parlamentari.
Ora è il momento dei fatti. Perciò, facciamo girare subito a tutti gli amici questo breve video di due minuti perché i prossimi giorni siano generosi e operosi, anche a Montecitorio.
Clicca qui per il video
Già il decreto “Cura Italia” si inizio aprile, che si era giustamente preoccupato di coloro che a causa del coronavirus rischiavano di perdere il lavoro o hanno visto fortemente limitate le loro entrate, ha “dimenticato” diverse categorie. Tra queste quella degli insegnanti e del personale non docente delle scuole paritarie, che sono circa 12.500, tra religiose e non. Complessivamente, il numero delle persone interessate dovrebbe essere oltre le 150mila unità.
Queste scuole hanno assicurato la continuità dell’anno didattico via telematica con una qualità della prestazione offerta certamente non inferiore a quella delle scuole pubbliche, se non migliore. La loro sopravvivenza dipende esclusivamente dalle rette corrisposte dai genitori di alunni e studenti, ma già si segnalano casi in cui, in maniera più o meno giustificata, alcuni genitori preannunciano l’intenzione di non voler o di non poter essere nelle condizioni di pagare il dovuto. Intanto, però, le scuole hanno continuato a corrispondere gli emolumenti mensili come se niente fosse stato cambiato dal coronavirus. Ma la situazione si è fatta insostenibile, e decine di gruppi e associazioni si sono mobilitate affinché si ripari a una grave mancanza, con un deciso cambio di passo da parte del Governo.
Rimanendo così le cose, il 30% delle scuole pubbliche paritarie a settembre chiuderà, a causa della crisi economica in atto dovuta alla pandemia. Già 70 scuole pubbliche paritarie hanno definitamente chiuso e 1500 studenti sono già senza la loro scuola.
Decine e decine di Associazioni no profit hanno denunciato le gravissime ingiustizie nei confronti dei 900.000 partecipanti alle scuole pubbliche paritarie nell’ambito delle misure che dovrebbero sostenere, invece, tutti in questo momento. Come se qualcuno volesse approfittare per uccidere un pezzo vivace e bello della società italiana, come le opere educative libere. Come se si volesse profittare dell’emergenza per livellare il pluralismo scolastico, condizione essenziale per qualsiasi democrazia, che non sarebbe più tale se vi fosse una unica e omologante educazione uguale per tutti.
Viene in mente quel passaggio de La storia infinita, il film diretto da W. Petersen nel 1984: “È più facile dominare chi non crede in niente. E questo è il modo più sicuro di conquistare il potere”.
Urge un colpo di reni per scongiurare la moria delle scuole pubbliche paritarie. E per salvare il pluralismo scolastico nella Res Publica.
Questo può avvenire soprattutto in occasione della imminente conversione del cosiddetto “Decreto Rilancio”. E all’appello di oltre 50 Associazioni hanno risposto con impegni precisi i gruppi parlamentari.
Ora è il momento dei fatti. Perciò, facciamo girare subito a tutti gli amici questo breve video di due minuti perché i prossimi giorni siano generosi e operosi, anche a Montecitorio.
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