Con la solita lucidità Guido Bodrato era intervenuto a metà febbraio con uno scritto dal titolo La lezione che arriva dalla Turingia. Affrontava le conseguenze derivanti dalle elezioni nel piccolo lander della Germania dell'Est, "dove le elezioni hanno reso evidente l'avanzata della destra radicale e il parallelo declino dei cristiano-democratici e dei liberali, cioè dei partiti che rappresentano l'elettorato moderato e conservatore”.
Non avendo la sinistra, nonostante la maggioranza relativa la possibilità di costituire un’alleanza, si è giunti “all'elezione alla presidenza della regione del candidato liberale, con il voto determinante dell'AFD, il partito della destra, nazionalista ed anti-europeista...”. Sappiamo che nel giro di un mese (dimissioni dell’eletto e rielezione del Presidente con una nuova maggioranza) le cose si sono raddrizzate. Ma intanto la frittata la si è fatta infrangendo la barriera ideale contro l’estrema destra!
Si chiedeva Bodrato: “In Turingia sta per crollare la diga eretta contro l'estrema destra? Dalle ceneri del nazismo, ma anche dall'eredità dei regimi comunisti, sta riemergendo il fantasma della dittatura del passato? (...) Perché i partiti moderati e riformisti che hanno scritto la storia della nuova Germania, stanno perdendo consensi? La domanda riguarda in particolare il CDU, il partito di centro (spesso citato come partito conservatore) che ha fatto da argine alla destra radicale, come nel '48 in Italia è stata la DC “diga anticomunista”. Aggiungeva Bodrato che nonostante “cambiamenti economici e sociali di straordinaria importanza, le regioni tedesche dell'Est si sentono ancora isolate, dimenticate da Berlino; si sentono ai margini della crescita economica che ha caratterizzato la Grande Germania (…) e per protesta votano la destra radicale (…). Il disagio sociale, accentuato dalla globalizzazione, spiega molto, ma non spiega tutto (...) ciò che sta accadendo, non solo in Germania”. E ci dice che ”se non ne abbiamo memoria, il passato può tornare”
Mi fermo qui nel riportare l’articolo di Bodrato (qui il link), che si sviluppa affrontando argomenti relativi alle leggi elettorali. Abbandoniamo anche la “vicenda” Turingia, dove – come già ricordato – per intervento della Merkel, il Presidente eletto coi voti dell’ultradestra si è dimesso ristabilendo un clima più consono al sistema democratico.
Ciò che va ripreso è invece il discorso sulla memoria, che interessa anche noi e l’Europa tutta. Perché i rigurgiti razzisti ed estremisti, anche dopo la pandemia, continuano ad espandersi in una società che sta perdendo gli anticorpi al nuovo fascismo che si presenta come una delle tante offerte politiche, come libera espressione non inquadrata nel politicamente corretto, come difesa del diritto alla propria sicurezza, ai propri valori, alla propria identità, come opposizione ad un governo dell’economia sempre più vincolato dall’austerità.
Memoria che deve essere sempre più mantenuta in vita e riproposta per quanto riguarda il periodo delle dittature nere e dei campi di sterminio; ma anche per la capacità esercitata nel dopoguerra, pur di fronte al pericolo del comunismo sovietico, dai partiti moderati di essere argine verso la destra neofascista; di mantenere su posizioni schiettamente democratiche gli elettori conservatori. Basti pensare a De Gaulle in Francia che pur opposto alle sinistre e con una visione in parte autoritaria seppe sempre difendere la democrazia da slittamenti destrorsi essendo lui il capo della Resistenza contro gli occupanti nazisti. E in Italia dove De Gasperi si oppose “nel '52 a un accordo con monarchici e neo-fascisti, proposto dal clerico-moderatismo, con il sostegno delle gerarchie ecclesiastiche della Capitale,“per salvare Roma dall'occupazione dei bolscevichi”.
In Italia si seppe realizzare nei fatti quello che venne denominato Arco costituzionale, tenendo fuori le forze estreme da possibili alleanze e accordi di Governo. Quando saltò quel patto (siamo nel ’93 alle elezioni per l’elezione diretta del Sindaco di Roma) sdoganando la destra estrema e di volta in volta tutti i movimenti che inneggiavano e si rifacevano al ventennio, tutto scivolò nelle attuali contraddizioni, dove gruppi di destra si possono presentare alle elezioni e fare propaganda, nonostante le leggi Scelba e Mancino vietino ricostituzioni e apologie per quelle idee. Se si perde la memoria, l’onda nera ritorna e si sente sicura!
È tempo quindi di tornare alla ricostituzione dell’Arco costituzionale: tutti i partiti che accettano i principi costituzionali tengano fuori dalla alleanze le forze “nostalgiche” di un passato sconfitto dalla storia; e si impegnino anche a non introdurre nella legislazione elementi xenofobi o razzisti. Si può pensarla in maniera non sempre identica rispetto a tante questioni delicate (immigrati, omosessualità, aborto, famiglia, identità, difesa personale, sicurezza ecc..) ma gli eccessi, proprio per quegli argomenti, sono da evitare per non scivolare sulle posizioni dell’estremismo di destra.
Altrimenti è la morte non solo della democrazia, ma anche della nazione.
Qualcuno chiederà che c’entra tutto ciò con l’attuale fase. Nel momento in cui si chiede il contributo di tutti, pur nella diversità dei ruoli, deve essere chiaro che serve chiarezza sulla “costituzionalità” di ogni forza; perché il futuro e la salvezza non sono solo un fatto tecnico o economico o numerico, ma è soprattutto di coerenza nell’adesione alla Carta costituzionale e nel rispetto radicale dei diritti umani (di ogni uomo e di ogni etnia).
Allora, non escludere l’ultradestra è come consentire alla parte opposta di inglobare in una coalizione l’estremismo violento di sinistra. Non possiamo accompagnare il nostro futuro verso una guerra civile; ma per farlo bisogna disinnescare subito ciò che ne costituisce la miccia.
Perciò: nuovo Arco costituzionale e, insieme, un sistema elettorale che non sia l’anticamera del bipartitismo, annullando il nostro pluralismo politico.
Non avendo la sinistra, nonostante la maggioranza relativa la possibilità di costituire un’alleanza, si è giunti “all'elezione alla presidenza della regione del candidato liberale, con il voto determinante dell'AFD, il partito della destra, nazionalista ed anti-europeista...”. Sappiamo che nel giro di un mese (dimissioni dell’eletto e rielezione del Presidente con una nuova maggioranza) le cose si sono raddrizzate. Ma intanto la frittata la si è fatta infrangendo la barriera ideale contro l’estrema destra!
Si chiedeva Bodrato: “In Turingia sta per crollare la diga eretta contro l'estrema destra? Dalle ceneri del nazismo, ma anche dall'eredità dei regimi comunisti, sta riemergendo il fantasma della dittatura del passato? (...) Perché i partiti moderati e riformisti che hanno scritto la storia della nuova Germania, stanno perdendo consensi? La domanda riguarda in particolare il CDU, il partito di centro (spesso citato come partito conservatore) che ha fatto da argine alla destra radicale, come nel '48 in Italia è stata la DC “diga anticomunista”. Aggiungeva Bodrato che nonostante “cambiamenti economici e sociali di straordinaria importanza, le regioni tedesche dell'Est si sentono ancora isolate, dimenticate da Berlino; si sentono ai margini della crescita economica che ha caratterizzato la Grande Germania (…) e per protesta votano la destra radicale (…). Il disagio sociale, accentuato dalla globalizzazione, spiega molto, ma non spiega tutto (...) ciò che sta accadendo, non solo in Germania”. E ci dice che ”se non ne abbiamo memoria, il passato può tornare”
Mi fermo qui nel riportare l’articolo di Bodrato (qui il link), che si sviluppa affrontando argomenti relativi alle leggi elettorali. Abbandoniamo anche la “vicenda” Turingia, dove – come già ricordato – per intervento della Merkel, il Presidente eletto coi voti dell’ultradestra si è dimesso ristabilendo un clima più consono al sistema democratico.
Ciò che va ripreso è invece il discorso sulla memoria, che interessa anche noi e l’Europa tutta. Perché i rigurgiti razzisti ed estremisti, anche dopo la pandemia, continuano ad espandersi in una società che sta perdendo gli anticorpi al nuovo fascismo che si presenta come una delle tante offerte politiche, come libera espressione non inquadrata nel politicamente corretto, come difesa del diritto alla propria sicurezza, ai propri valori, alla propria identità, come opposizione ad un governo dell’economia sempre più vincolato dall’austerità.
Memoria che deve essere sempre più mantenuta in vita e riproposta per quanto riguarda il periodo delle dittature nere e dei campi di sterminio; ma anche per la capacità esercitata nel dopoguerra, pur di fronte al pericolo del comunismo sovietico, dai partiti moderati di essere argine verso la destra neofascista; di mantenere su posizioni schiettamente democratiche gli elettori conservatori. Basti pensare a De Gaulle in Francia che pur opposto alle sinistre e con una visione in parte autoritaria seppe sempre difendere la democrazia da slittamenti destrorsi essendo lui il capo della Resistenza contro gli occupanti nazisti. E in Italia dove De Gasperi si oppose “nel '52 a un accordo con monarchici e neo-fascisti, proposto dal clerico-moderatismo, con il sostegno delle gerarchie ecclesiastiche della Capitale,“per salvare Roma dall'occupazione dei bolscevichi”.
In Italia si seppe realizzare nei fatti quello che venne denominato Arco costituzionale, tenendo fuori le forze estreme da possibili alleanze e accordi di Governo. Quando saltò quel patto (siamo nel ’93 alle elezioni per l’elezione diretta del Sindaco di Roma) sdoganando la destra estrema e di volta in volta tutti i movimenti che inneggiavano e si rifacevano al ventennio, tutto scivolò nelle attuali contraddizioni, dove gruppi di destra si possono presentare alle elezioni e fare propaganda, nonostante le leggi Scelba e Mancino vietino ricostituzioni e apologie per quelle idee. Se si perde la memoria, l’onda nera ritorna e si sente sicura!
È tempo quindi di tornare alla ricostituzione dell’Arco costituzionale: tutti i partiti che accettano i principi costituzionali tengano fuori dalla alleanze le forze “nostalgiche” di un passato sconfitto dalla storia; e si impegnino anche a non introdurre nella legislazione elementi xenofobi o razzisti. Si può pensarla in maniera non sempre identica rispetto a tante questioni delicate (immigrati, omosessualità, aborto, famiglia, identità, difesa personale, sicurezza ecc..) ma gli eccessi, proprio per quegli argomenti, sono da evitare per non scivolare sulle posizioni dell’estremismo di destra.
Altrimenti è la morte non solo della democrazia, ma anche della nazione.
Qualcuno chiederà che c’entra tutto ciò con l’attuale fase. Nel momento in cui si chiede il contributo di tutti, pur nella diversità dei ruoli, deve essere chiaro che serve chiarezza sulla “costituzionalità” di ogni forza; perché il futuro e la salvezza non sono solo un fatto tecnico o economico o numerico, ma è soprattutto di coerenza nell’adesione alla Carta costituzionale e nel rispetto radicale dei diritti umani (di ogni uomo e di ogni etnia).
Allora, non escludere l’ultradestra è come consentire alla parte opposta di inglobare in una coalizione l’estremismo violento di sinistra. Non possiamo accompagnare il nostro futuro verso una guerra civile; ma per farlo bisogna disinnescare subito ciò che ne costituisce la miccia.
Perciò: nuovo Arco costituzionale e, insieme, un sistema elettorale che non sia l’anticamera del bipartitismo, annullando il nostro pluralismo politico.
Isolare gli estremisti e costruire una alleanza di governo tra diversi e’stato il capolavoro della DC, partito di dialogo e non una tifoseria scalmanata. Se non si torna alla politica orientata al popolo ci troveremo in balia del fuoco fatuo di chi vede la politica come specchio di una evanescente pubblica opinione.