Il trasformismo, come quasi tutti sanno, è la nuova cifra della politica italiana. Tutti i passaggi cruciali, a cominciare dal post elezioni del marzo 2018, lo hanno ampiamente confermato. Al di là dei pronunciamenti ufficiali dei vari capi e capetti dei partiti, quello che conta rilevare è la radicale dissociazione tra ciò che viene ripetutamente detto in pubblico e ciò che viene sistematicamente poi praticato concretamente. Appunto, un’operazione squisitamente trasformistica. Di qui la caduta di credibilità dei partiti e dei politici. Al punto che, come ha scritto recentemente Alessandra Ghisleri, la credibilità dei politici è oggi appena sopra il 4%, qualche decimale in più rispetto alla stagione in cui il capo dei 5 stelle Beppe Grillo inveiva, insultava e demoliva nelle piazze tutti i partiti, tutti i politici e tutta la politica italiana. Nel lontano 2008. Facendo di tutta l’erba un fascio. E la situazione di oggi è sostanzialmente uguale a quella stagione, seppur con caratteristiche diverse.
Ora, si tratta di capire se i comportamenti concreti dei politici da un lato e le strategie politiche dei partiti dall’altro, soprattutto sul versante delle alleanze, saranno dominate esclusivamente dalla pratica trasformistica o meno. Che nel nostro Paese, va pur detto, ha sempre attecchito anche se in misura circoscritta e delimitata. Ma da quando i partiti si sono trasformati in puri cartelli elettorali alle dirette dipendenze del capo e, in particolare, le prospettive politiche sono funzionali esclusivamente a ragioni di convenienza e di tatticismo di potere, è del tutto scontato che la politica perde credibilità, autorevolezza, prestigio e qualità.
Ma, appunto, adesso si tratta di sciogliere il nodo decisivo. E cioè, o la politica vuole recuperare credibilità e autorevolezza oppure decide di appaltare il suo futuro al solo potere, a prescindere da tutto il resto. Se si persegue la prima strada è del tutto evidente che alcuni ingredienti saranno fondamentali. Competenza, radicamento territoriale, cultura politica, rigore morale e una precisa strategia politica. Caratteristiche di una politica che appare formalmente archiviata e consegnata alla storia ma che, invece, conserva tuttora una bruciante attualità e modernità. Sempreché non si elevi il trasformismo a regola di comportamento politico e personale. Se, al contrario, dovessero prevalere i criteri che ispirano e disciplinano l’ideologia trasformistica, è chiaro che la politica sarebbe destinata a ridursi a pura merce di scambio sganciata da qualsiasi tensione ideale e proiettata esclusivamente al raggiungimento e alla conservazione del potere.
Molto semplicemente, è questa la vera sfida politica da affrontare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Certo, in un clima di ricostruzione tutto è più difficile e più complesso. Perché dopo la terribile emergenza sanitaria che ci ha travolti, ricostruire la politica non sarà una operazione nè semplice né facile. Ma la sfida vera resta tutta sul campo. E cioè, o si ricostruisce la credibilità della politica oppure la politica verrà sacrificata sull’altare della convenienza, della superficialità, del pressapochismo e della povertà culturale ed ideale. Si tratta di scegliere. Con intelligenza, coerenza e coraggio.
Ora, si tratta di capire se i comportamenti concreti dei politici da un lato e le strategie politiche dei partiti dall’altro, soprattutto sul versante delle alleanze, saranno dominate esclusivamente dalla pratica trasformistica o meno. Che nel nostro Paese, va pur detto, ha sempre attecchito anche se in misura circoscritta e delimitata. Ma da quando i partiti si sono trasformati in puri cartelli elettorali alle dirette dipendenze del capo e, in particolare, le prospettive politiche sono funzionali esclusivamente a ragioni di convenienza e di tatticismo di potere, è del tutto scontato che la politica perde credibilità, autorevolezza, prestigio e qualità.
Ma, appunto, adesso si tratta di sciogliere il nodo decisivo. E cioè, o la politica vuole recuperare credibilità e autorevolezza oppure decide di appaltare il suo futuro al solo potere, a prescindere da tutto il resto. Se si persegue la prima strada è del tutto evidente che alcuni ingredienti saranno fondamentali. Competenza, radicamento territoriale, cultura politica, rigore morale e una precisa strategia politica. Caratteristiche di una politica che appare formalmente archiviata e consegnata alla storia ma che, invece, conserva tuttora una bruciante attualità e modernità. Sempreché non si elevi il trasformismo a regola di comportamento politico e personale. Se, al contrario, dovessero prevalere i criteri che ispirano e disciplinano l’ideologia trasformistica, è chiaro che la politica sarebbe destinata a ridursi a pura merce di scambio sganciata da qualsiasi tensione ideale e proiettata esclusivamente al raggiungimento e alla conservazione del potere.
Molto semplicemente, è questa la vera sfida politica da affrontare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Certo, in un clima di ricostruzione tutto è più difficile e più complesso. Perché dopo la terribile emergenza sanitaria che ci ha travolti, ricostruire la politica non sarà una operazione nè semplice né facile. Ma la sfida vera resta tutta sul campo. E cioè, o si ricostruisce la credibilità della politica oppure la politica verrà sacrificata sull’altare della convenienza, della superficialità, del pressapochismo e della povertà culturale ed ideale. Si tratta di scegliere. Con intelligenza, coerenza e coraggio.
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