Cosa dovremmo imparare dalla Russia



Beppe Mila    13 Maggio 2020       0

In questa periodo in cui il coronavirus si è appropriato in modo totale della nostra vita, spesso anche alcuni avvenimenti importanti vengono dimenticati.

Nel 2020 sono ormai 75 anni che l’Europa vive in pace, da inizio maggio del 1945, quando la Germania nazista firmò la resa senza condizioni. In Italia la fine della guerra si festeggia il 25 aprile, quest’anno senza celebrazioni pubbliche; in tutta l’Europa orientale e in Russia si festeggia invece il 9 maggio. In realtà la resa incondizionata fu firmata a Berlino dal feldmaresciallo Keitel nella tarda serata dell’otto maggio, ma per la differenza di fuso orario a Mosca era già il nove. Per questo la ricorrenza avviene in quel giorno. Questa festa è sicuramente la più importante per la Russia, più del 1° maggio e del 17 ottobre, e per comprenderlo basta ricordare che la Russia ebbe più di 21 milioni di morti. Per fare un paragone la Germania nazista ne ebbe poco più di sette milioni.

La Festa della Vittoria, così si chiama, è festeggiata oltre che in Russia in altri 14 Paesi dell’Europa Orientale e dell’Asia Minore, come ad esempio il Turkmenistan, ma è anche festeggiata in Israele. In quest’ultimo Paese, con delibera della Knesset, il Parlamento israeliano, è festa nazionale dal 2017.

Durante l'esistenza dell'Unione Sovietica, il Giorno della Vittoria era festeggiato in tutti i Paesi del blocco orientale, diventando una festa ufficiale a partire dal 1965. La guerra è diventata un tema di grande importanza nel cinema, la letteratura, lezioni di storia a scuola, i mass media e le arti. Negli anni '90 invece, sull’onda di un certo revisionismo, il Giorno della Vittoria era commemorato sottotono. Molto è cambiato invece da quando in Russia il Capo dello Stato è Vladimir Putin, governante amatissimo in Europa occidentale, specie dai movimenti sovranisti e da una certa destra. Putin ha iniziato a rilanciare il prestigio storico e culturale della Russia e le feste e commemorazioni nazionali ne sono diventati una componente importante. Il festeggiamento del 60° anniversario del Giorno della Vittoria in Russia nel 2005 è diventata la più grande festa nazionale e popolare dalla fine della Seconda guerra mondiale. Ma è nel 2015 che il 70º anniversario della vittoria sulla Germania nazista ha fatto mostra di grande orgoglio nazionale con una imponente parata i cui numeri parlano da soli: vi parteciparono infatti 16.000 soldati russi, 1.300 militari da 10 Paesi, circa 200 mezzi corazzati, 150 aerei ed elicotteri da combattimento hanno sfilato a Mosca in quella che è stata la più imponente parata della Russia contemporanea.

Quest’anno, nonostante fossero 75 anni da commemorare, anche “zar Putin” ha dovuto fare i conti con la pandemia, ma si è vista come sempre un'alta partecipazione popolare, con canti alle finestre dove ognuno esponeva la foto dei propri cari caduti in guerra.

In Europa occidentale invece oggi la situazione è un po’ diversa e spesso anche a livello istituzionale l’Europa in alcuni suoi organismi, equipara vergognosamente vittime e carnefici.

In Italia con la complicità delle istituzioni, è stato sdoganato il fascismo e oggi, in special modo, da parte di tanti “leoni da tastiera” si insulta in modo infamante la storia dei partigiani e della Resistenza, relegando l’antifascismo a macchietta da canticchiare nelle ricorrenze comandate.

In Russia oggi, nonostante sia completamente cambiato il governo e non ci sia più l’Unione Sovietica, dopo settantacinque anni l’antifascismo è ancora il valore fondante della nazione. L’antifascismo viene insegnato nelle scuole, così come il rispetto e la “venerazione” per la generazione che ha sacrificato tutto, spazzando via i nazisti dall’Europa.

Così non avviene in Italia, dove i monumenti ai partigiani vengono vandalizzati e insozzati di svastiche, con i partigiani quasi a doversi scusare di essere morti. Per nulla.


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