Moro, amare il proprio tempo



Franco Franzoni    8 Maggio 2020       0

Lucio D’Ubaldo, ex senatore e direttore del Centro di Documentazione e Studi deill'ANCI, ha pubblicato recentemente un libro dal titolo Amare il nostro tempo. Appunti sul giovane Moro (edizioni Il Domani d’Italia, Roma 2020). Non si tratta dell’ennesimo lavoro biografico dato alle stampe su Aldo Moro, in occasione dell’anniversario del suo barbaro assassinio per mano delle Brigate Rosse, avvenuto proprio 42 anni fa, il 9 maggio 1978. Le pagine di D’Ubaldo vanno lette per ricordare come la gara dell’uomo con le difficoltà della vita variano con il variare del tempo.

Statista. “Moro è l’unico statista del Novecento – scrive l’autore – che abbia la forza di suscitare per memoria una sembianza di estasi intellettuale”.

Da giovane ha riflettuto sul partito, da leader di partito ha riflettuto sulla questione giovanile, specie sulla contestazione del ‘68.

Risplende nel suo percorso politico un esempio alto di coerenza. Non ha dato un pensiero alla DC, ma ha fatto della Dc un pensiero che sopravvive alla scomparsa della DC.

Bari. L’incontro tra Aldo Moro e la politica avviene a Bari. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, egli s’interroga a fondo sull’impegno politico dei cattolici. Sostiene anzitutto che la rinascita dell’Italia, in una prospettiva di pace e di progresso, rappresenta il modo per “amare il nostro tempo”.

Ma nella sua visione la pace non appartiene ai soli vincitori. Ognuno deve partecipare alla salvezza della Patria, ben sapendo che la democrazia vive di concordia civile.

Moro segue evidentemente l’indicazione della Chiesa stando a contatto soprattutto con il vescovo della sua città, Marcello Mimmi.

Costituente. Nel 1946 entrerà da indipendente nelle liste DC per l’Assemblea costituente. È nel medesimo tempo il più estraneo e il più organico agli sviluppi del progetto democristiano. Ne sarebbe diventato uno degli interpreti maggiori, se non dopo De Gasperi il maggiore.

Negli scritti giovanili, come pure in quelli della maturità, si coglie la critica al pragmatismo senz’anima e senza valori.

In ossequio alla regola del “tempo da amare” l’immagine messa a fuoco da Moro indica la prospettiva di un “partito nuovo”. Con un tocco di fantasia, nella manifestazione dei giovani DC a Bologna, proprio nei mesi cruciali del ‘68, parlerà di un partito che “si svolge nel tempo”.

Regista. Moro è il grande regista della politica di ricucitura nazionale attraverso il superamento della contrapposizione ideologica nata con la guerra fredda. Chiederà sempre il rispetto delle identità per assicurare al confronto con i comunisti una base di rigore. “Diversamente da Enrico Berlinguer – evidenzia D’Ubaldo - Moro ipotizzava l’idea di una transizione liberal-popolare orientata a completare il processo di allargamento delle basi democratiche dello Stato, per poi addivenire, conclusa la fase della salutare cooperazione, alla normale alternanza di governo senza più pericoli per le libertà individuali e collettive”.

Disegno. Il suo disegno è stato cancellato con la violenza terroristica e ne ha pagato il prezzo un’Italia infragilita nella fibra morale del suo organismo sociale. La “terza fase” è scomparsa con Moro.

Ora, mentre si riaffaccia ai giorni nostri la sollecitazione a discutere sul ruolo pubblico dei cattolici, viene da chiedersi se la lezione di Moro non possa dare spazio a un ripensamento - in chiave di consapevolezza critica - delle categorie del partito d’ispirazione cristiana.

Occorre uno sforzo eccezionale per reintegrare l’ideale democratico cristiano in un progetto di rinascita del Paese, immaginando un partito-movimento o un movimento-coalizione evocativi del partito che “si svolge nel tempo” lungo l’asse della politica di progresso espressa da Sturzo, De Gasperi e Moro.

In effetti, i cristiani devono amare questo tempo con piccoli e grandi esempi, senza rinnegare i percorsi della storia, con l’ardore necessario dei ricostruttori.

Per essere gli artefici, direbbe Moro, di un nuovo Risorgimento nazionale.


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