Con una visione globale della realtà, papa Francesco ha fatto due interventi diretti sulla crisi, uno rivolto all’Europa e uno al mondo finanziario. Con il potere mediatico della sua catechesi, il Sommo Pontefice ha detto: “Non tirate troppo la corda o si spezza, almeno in Italia”.
Il governo innescando il meccanismo, tutti a casa salvo…, in realtà ha applicato il principio manzoniano per l’alta finanza: ”Va’, raccogli ove arato non hai; Spiega l’ugne; l’Italia ti do”.
Con la scusa di bloccare una epidemia, che è diventata come una serie televisiva, si può protrarre, sospendere e riprendere, con lo sparviero della morte molto ben rappresentato televisivamente nei drammi bergamaschi ad acuire l’immaginifico della massa. Mentre le strutture forti sono rimaste aperte e ritorneranno a pieno regime subito senza danno, le più deboli sono rinviate addirittura al 30 giugno.
Già era stato segnalato che il 20 per cento delle piccole attività non riapriranno, così il pericolo per loro è esponenziale. Non solo, ma molti – i più deboli – si troveranno le misure cautelari avviate, minacce di sequestri e pignoramenti perché essendo una misura urgente, durante la quarantena gli studi professionali hanno attivato e ottenuto i procedimenti.
Questo per il mercato immobiliare vuol dire un effetto domino incontenibile. Per quanto il promesso alleggerimento fiscale della cedolare secca su tutto il comparto sia una sanatoria necessaria, il mercato della locazione avrà un tracollo inarginabile: locali sfitti o occupati dalle procedure concorsuali, degrado di tutto il patrimonio.
Tutto ciò ricadrà sulla categoria dei locatori per il principio che la dignità umana, casa e lavoro, prevale sul diritto di proprietà nella nostra giurisprudenza. La normativa corrente è assegnata a una legislazione speciale che deroga dal codice generale delle leggi della Repubblica. Seguendo un principio di limitazione del diritto di proprietà, nel 1978 fu creata la prima legge speciale che regolava i contratti di locazione per Comuni con più di 5000 abitanti e immobili non sottoposti a vincolo storico artistico o ambientale. Considerata una norma di tutela del più debole, fu sottoposta a procedure giudiziarie già applicate nel diritto del lavoro. Essa, pur nata per chiudere un regime bellico, era considerata un passaggio obbligato da una gestione immobiliare senza un controllo coordinato ad un progetto sul territorio e la proprietà immobiliare.
Nella legislazione sopra richiamata la situazione attuale non è prevista per questo essa è destinata a creare contenziosi e precedenti giuridici pesanti. Per esempio non è prevista una interruzione di nessun contratto ex tunc se non per nullità. Al contrario, la risoluzione del contratto è regolata molto precisamente.
Il mercato immobiliare sarà o meglio è già oggetto di una duplice tensione, una dovuta a morosità l’altra a richieste di recessi non onerosi.
Avremo due problemi, uno meramente contrattuale e l’altro economico. Il problema contrattuale nasce dalla disposizione del principe di non potersi muovere e recarsi a scuola, università o lavoro, dall’altra il problema derivato della impossibilità sopraggiunta sempre per volontà del principe di non poter lavorare. Questa situazione genera una morosità, incolpevole senz’altro, che ricadrà su tutta la gestione immobiliare, quella del locatore e quella condominiale.
Ed esse ricadranno economicamente – alla fine – sul locatore.
Problemi contrattuali: il conduttore per tempi brevi impossibilitato – per rientro forzoso o per sospensione delle attività – ad usare il suo alloggio, temporaneamente, ha queste richieste possibili: recedere dal contratto, chiedere la sospensione del pagamento del canone o un sua temporanea/ definitiva riduzione.
Né la normativa eccezionale del governo Conte tra gennaio-aprile, né quella speciale del 78/98 prevede la soluzione contrattuale ex tunc, né giuridicamente essa sarebbe ammissibile, non sospendendo in nessun caso l’esecuzione del contratto.
Sia i lavoratori che sono obbligati a casa, sia gli studenti a cui hanno chiuso le università e le scuole, sono coinvolti in questa problematica. Il proprietario o trova un giusto accordo o si dovrà accontentare di recuperare i locali, avrà comunque un calo di reddito.
Sempre nel settore abitativo si prospetta il problema della morosità come il più oneroso. Essa sarà tutta incolpevole, dovuta a mancanza di lavoro o a calo di reddito. Il fondo per l’integrazione delle locazioni previsto per legge non è attivo per sostanziale soppressione del governo Monti. Oggi viene usato un contributo per morosità incolpevole, dopo procedura, ma non supera il 50% delle morosità. Riattivare il precedente fondo necessiterebbe di un decreto e di relativi fondi (ma non se ne parla).
Comunque il proprietario sarà obbligato a accordarsi con il conduttore, che al massimo chiederà una rateazione o una riduzione di canone. È facile immaginare che questa riduzione sarà definitiva, non certo recuperabile in futuro.
La dottrina crescerà di qualche migliaio di volumi sulla normativa della giusta causa, avremo casistiche infinite, ma in pratica il petitum sarà questo: lo stato mi ha impedito di usare l’abitazione, mi ha impedito di lavorare, ecc. Chi deve pagare l’affitto? La risposta finale: “Il locatore perché l’immobile è suo e il conduttore bisognoso deve sopravvivere”. Le soluzioni intermedie che i sindacati contestano prevedono riduzioni di canoni inaccettabili, per la piccola e media proprietà.
Ancora di più questa motivazione è valida nel settore non abitativo. Per i negozi al dettaglio, per le strutture artigianali, per i settori del benessere che verranno aperte non prima del 30 giugno, la situazione sarà devastante. Senza immissione di denaro a fondo perduto, o la creazione di una bolla speculativa immobiliare, non è prevedibile un recupero, con conseguente abbandono degli immobili al degrado e perdita di valori, a cui si aggiungeranno gli oneri di recupero.
Le cose saranno ancora più sfavorevoli nel settore della spesa condominiale e delle forniture: contenziosi incredibili per le morosità sopraggiunte, dove il locatore dovrà fare fronte alle spese ordinarie e straordinarie della gestione, quindi ulteriori aggravi. Il comparto quindi cumula debiti a tutte le altre insolvenze che arriveranno, fiscali e bancarie.
L’apertura di credito che lo stato continua a millantare è l’apertura naturale all’arrivo degli usurai.
Come sappiamo lo stato italiano non può battere moneta autonoma, quindi non può fare immissione di denaro, né il sistema bancario può fare emissione.
Ecco che la profezia di papa Francesco, dopo l’epidemia, l’usura che ricadrà sui beni immobili.
L’usura agisce non sui poveri, ma è causata dai poveri. La loro indigenza porta immediatamente indigenza a chi aveva crediti con loro. La chiusura del mercato interno porta alla chiusura delle realtà dipendenti, insolvenze, impossibilità a mantenere i prezzi, speculazioni, abusi. La storia dirà chi, come e dove porta le responsabilità. La storia è una magistratura terribile anche se parzialmente manipolabile. Oggi la coscienza dei colpevoli non potrebbe bloccare gli effetti, se non si crea un meccanismo di tutela.
Chi ha innescato questo processo economico, che ha voluto rendersi almeno in Italia immune da procedimenti giudiziari, era cosciente che non avrebbe potuto delimitare i danni?
Il crollo del mercato interno – quello del piccolo negozio, del giovane che vuole entrare nella vita, del professionista – è alla fine uno degli scopi della recessione voluta: distruggere le sacche di resistenza all’invasione, privandole della loro maggiore riserva, l’immobiliare.
Un’Italia povera e umiliata, privata della sua identità economica interna, esce di nuovo malconcia dallo scontro con la realtà globalizzata che nelle nostre terre vuol dire il sogno di uno stato oligopolista tra società pubbliche e monopoli privati di settore che distruggono il diritto alla proprietà diffusa.
In questo caso il primo usuraio vero è il principe (lo Stato), anche se da noi dobbiamo accontentarci di un semplice Conte.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Il governo innescando il meccanismo, tutti a casa salvo…, in realtà ha applicato il principio manzoniano per l’alta finanza: ”Va’, raccogli ove arato non hai; Spiega l’ugne; l’Italia ti do”.
Con la scusa di bloccare una epidemia, che è diventata come una serie televisiva, si può protrarre, sospendere e riprendere, con lo sparviero della morte molto ben rappresentato televisivamente nei drammi bergamaschi ad acuire l’immaginifico della massa. Mentre le strutture forti sono rimaste aperte e ritorneranno a pieno regime subito senza danno, le più deboli sono rinviate addirittura al 30 giugno.
Già era stato segnalato che il 20 per cento delle piccole attività non riapriranno, così il pericolo per loro è esponenziale. Non solo, ma molti – i più deboli – si troveranno le misure cautelari avviate, minacce di sequestri e pignoramenti perché essendo una misura urgente, durante la quarantena gli studi professionali hanno attivato e ottenuto i procedimenti.
Questo per il mercato immobiliare vuol dire un effetto domino incontenibile. Per quanto il promesso alleggerimento fiscale della cedolare secca su tutto il comparto sia una sanatoria necessaria, il mercato della locazione avrà un tracollo inarginabile: locali sfitti o occupati dalle procedure concorsuali, degrado di tutto il patrimonio.
Tutto ciò ricadrà sulla categoria dei locatori per il principio che la dignità umana, casa e lavoro, prevale sul diritto di proprietà nella nostra giurisprudenza. La normativa corrente è assegnata a una legislazione speciale che deroga dal codice generale delle leggi della Repubblica. Seguendo un principio di limitazione del diritto di proprietà, nel 1978 fu creata la prima legge speciale che regolava i contratti di locazione per Comuni con più di 5000 abitanti e immobili non sottoposti a vincolo storico artistico o ambientale. Considerata una norma di tutela del più debole, fu sottoposta a procedure giudiziarie già applicate nel diritto del lavoro. Essa, pur nata per chiudere un regime bellico, era considerata un passaggio obbligato da una gestione immobiliare senza un controllo coordinato ad un progetto sul territorio e la proprietà immobiliare.
Nella legislazione sopra richiamata la situazione attuale non è prevista per questo essa è destinata a creare contenziosi e precedenti giuridici pesanti. Per esempio non è prevista una interruzione di nessun contratto ex tunc se non per nullità. Al contrario, la risoluzione del contratto è regolata molto precisamente.
Il mercato immobiliare sarà o meglio è già oggetto di una duplice tensione, una dovuta a morosità l’altra a richieste di recessi non onerosi.
Avremo due problemi, uno meramente contrattuale e l’altro economico. Il problema contrattuale nasce dalla disposizione del principe di non potersi muovere e recarsi a scuola, università o lavoro, dall’altra il problema derivato della impossibilità sopraggiunta sempre per volontà del principe di non poter lavorare. Questa situazione genera una morosità, incolpevole senz’altro, che ricadrà su tutta la gestione immobiliare, quella del locatore e quella condominiale.
Ed esse ricadranno economicamente – alla fine – sul locatore.
Problemi contrattuali: il conduttore per tempi brevi impossibilitato – per rientro forzoso o per sospensione delle attività – ad usare il suo alloggio, temporaneamente, ha queste richieste possibili: recedere dal contratto, chiedere la sospensione del pagamento del canone o un sua temporanea/ definitiva riduzione.
Né la normativa eccezionale del governo Conte tra gennaio-aprile, né quella speciale del 78/98 prevede la soluzione contrattuale ex tunc, né giuridicamente essa sarebbe ammissibile, non sospendendo in nessun caso l’esecuzione del contratto.
Sia i lavoratori che sono obbligati a casa, sia gli studenti a cui hanno chiuso le università e le scuole, sono coinvolti in questa problematica. Il proprietario o trova un giusto accordo o si dovrà accontentare di recuperare i locali, avrà comunque un calo di reddito.
Sempre nel settore abitativo si prospetta il problema della morosità come il più oneroso. Essa sarà tutta incolpevole, dovuta a mancanza di lavoro o a calo di reddito. Il fondo per l’integrazione delle locazioni previsto per legge non è attivo per sostanziale soppressione del governo Monti. Oggi viene usato un contributo per morosità incolpevole, dopo procedura, ma non supera il 50% delle morosità. Riattivare il precedente fondo necessiterebbe di un decreto e di relativi fondi (ma non se ne parla).
Comunque il proprietario sarà obbligato a accordarsi con il conduttore, che al massimo chiederà una rateazione o una riduzione di canone. È facile immaginare che questa riduzione sarà definitiva, non certo recuperabile in futuro.
La dottrina crescerà di qualche migliaio di volumi sulla normativa della giusta causa, avremo casistiche infinite, ma in pratica il petitum sarà questo: lo stato mi ha impedito di usare l’abitazione, mi ha impedito di lavorare, ecc. Chi deve pagare l’affitto? La risposta finale: “Il locatore perché l’immobile è suo e il conduttore bisognoso deve sopravvivere”. Le soluzioni intermedie che i sindacati contestano prevedono riduzioni di canoni inaccettabili, per la piccola e media proprietà.
Ancora di più questa motivazione è valida nel settore non abitativo. Per i negozi al dettaglio, per le strutture artigianali, per i settori del benessere che verranno aperte non prima del 30 giugno, la situazione sarà devastante. Senza immissione di denaro a fondo perduto, o la creazione di una bolla speculativa immobiliare, non è prevedibile un recupero, con conseguente abbandono degli immobili al degrado e perdita di valori, a cui si aggiungeranno gli oneri di recupero.
Le cose saranno ancora più sfavorevoli nel settore della spesa condominiale e delle forniture: contenziosi incredibili per le morosità sopraggiunte, dove il locatore dovrà fare fronte alle spese ordinarie e straordinarie della gestione, quindi ulteriori aggravi. Il comparto quindi cumula debiti a tutte le altre insolvenze che arriveranno, fiscali e bancarie.
L’apertura di credito che lo stato continua a millantare è l’apertura naturale all’arrivo degli usurai.
Come sappiamo lo stato italiano non può battere moneta autonoma, quindi non può fare immissione di denaro, né il sistema bancario può fare emissione.
Ecco che la profezia di papa Francesco, dopo l’epidemia, l’usura che ricadrà sui beni immobili.
L’usura agisce non sui poveri, ma è causata dai poveri. La loro indigenza porta immediatamente indigenza a chi aveva crediti con loro. La chiusura del mercato interno porta alla chiusura delle realtà dipendenti, insolvenze, impossibilità a mantenere i prezzi, speculazioni, abusi. La storia dirà chi, come e dove porta le responsabilità. La storia è una magistratura terribile anche se parzialmente manipolabile. Oggi la coscienza dei colpevoli non potrebbe bloccare gli effetti, se non si crea un meccanismo di tutela.
Chi ha innescato questo processo economico, che ha voluto rendersi almeno in Italia immune da procedimenti giudiziari, era cosciente che non avrebbe potuto delimitare i danni?
Il crollo del mercato interno – quello del piccolo negozio, del giovane che vuole entrare nella vita, del professionista – è alla fine uno degli scopi della recessione voluta: distruggere le sacche di resistenza all’invasione, privandole della loro maggiore riserva, l’immobiliare.
Un’Italia povera e umiliata, privata della sua identità economica interna, esce di nuovo malconcia dallo scontro con la realtà globalizzata che nelle nostre terre vuol dire il sogno di uno stato oligopolista tra società pubbliche e monopoli privati di settore che distruggono il diritto alla proprietà diffusa.
In questo caso il primo usuraio vero è il principe (lo Stato), anche se da noi dobbiamo accontentarci di un semplice Conte.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
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