A settantacinque anni da quel lontano 25 aprile 1945, più che mai questa data è il giorno della Festa di tutti gli italiani, senza esclusione alcuna. Quel giorno, ormai inciso nella nostra storia, fu il punto di arrivo di una Guerra di Liberazione nazionale contro un nemico che da un anno e mezzo calpestava il suolo della nostra patria. Una lotta che ha coinvolto idealità e culture politiche molto diverse tra loro, che nel dopoguerra si contrapposero aspramente, ma che in quel frangente seppero trovare la massima unità di intenti.
È bene ricordare questo aspetto corale della Resistenza: al riscatto del nostro Paese parteciparono comunisti e cattolici, liberali e socialisti, monarchici e azionisti. Ciascuno con la propria ideologia, ciascuno con la propria visione sul futuro, ma con la comune volontà di liberare l'Italia e riconquistare la dignità nazionale. Comunque la si guardi, anche al netto degli errori che furono commessi e che non vanno sottaciuti, la Resistenza resta una delle pagine più belle della nostra vicenda nazionale.
Il 25 aprile fu il punto di approdo di una lotta, ma anche, se non soprattutto, un punto di partenza. Da lì nasce quella nuova Italia democratica che sarà poi edificata negli anni successivi. Un Paese finalmente libero e padrone del proprio destino. Una nazione che, di lì a poco, si doterà di quella Carta costituzionale, frutto della tante idee maturate nel corso della Resistenza e momento fondante della nostra comunità nazionale.
Nei suoi principi c'è la nostra stessa convivenza civile. C'è la carta di identità di chi siamo e di cosa vogliamo essere: una grande nazione ancorata all'Europa e aperta al mondo, partecipe della difesa dei diritti umani e della pace internazionale. C'è una precisa idea di società dentro la Costituzione. Una società basata sulla centralità della persona che trova nell'articolo 3, la sua più elevata ispirazione, laddove si dice che è “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo delle persona umana...”.
Ebbene, tutto questo è stato reso possibile grazie al 25 aprile, a quell'insurrezione nazionale dopo diciotto mesi di sanguinosa lotta costellata di morti e di stragi. Questo è stato il passaporto per far rientrare l'Italia nel novero delle grandi democrazie: da lì è germogliato un Paese nuovo. Ecco perché si tratta della festa di tutti gli italiani,
In questo 2020, festeggiamo il 75°anniversario in modo diverso, alle prese con un'emergenza sanitaria mai vista prima e con ricadute economiche e sociali che fanno rabbrividire. Non sappiamo bene come e quando usciremo da questa prova, ma sappiamo che per uscirne occorre ritrovare una forte coesione nazionale. Si tratta di riprendere quello spirito che appartenne alla guerra di Liberazione. Allora per il riscatto verso la libertà, oggi per un rinnovato salto di qualità della nostra convivenza civile e democratica. Questa dura prova ci deve permettere di costruire una nuova Italia più unita e solidale: capace di puntare sulla scuola, come momento di crescita per le nuove generazioni, sulla sanità pubblica, come imprescindibile snodo per la tutela della salute di tutti, sull'ambiente, per realizzare finalmente uno sviluppo sostenibile.
Il 25 aprile, ci dice tutto questo: non parla del nostro passato ma guarda al nostro avvenire.
È bene ricordare questo aspetto corale della Resistenza: al riscatto del nostro Paese parteciparono comunisti e cattolici, liberali e socialisti, monarchici e azionisti. Ciascuno con la propria ideologia, ciascuno con la propria visione sul futuro, ma con la comune volontà di liberare l'Italia e riconquistare la dignità nazionale. Comunque la si guardi, anche al netto degli errori che furono commessi e che non vanno sottaciuti, la Resistenza resta una delle pagine più belle della nostra vicenda nazionale.
Il 25 aprile fu il punto di approdo di una lotta, ma anche, se non soprattutto, un punto di partenza. Da lì nasce quella nuova Italia democratica che sarà poi edificata negli anni successivi. Un Paese finalmente libero e padrone del proprio destino. Una nazione che, di lì a poco, si doterà di quella Carta costituzionale, frutto della tante idee maturate nel corso della Resistenza e momento fondante della nostra comunità nazionale.
Nei suoi principi c'è la nostra stessa convivenza civile. C'è la carta di identità di chi siamo e di cosa vogliamo essere: una grande nazione ancorata all'Europa e aperta al mondo, partecipe della difesa dei diritti umani e della pace internazionale. C'è una precisa idea di società dentro la Costituzione. Una società basata sulla centralità della persona che trova nell'articolo 3, la sua più elevata ispirazione, laddove si dice che è “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo delle persona umana...”.
Ebbene, tutto questo è stato reso possibile grazie al 25 aprile, a quell'insurrezione nazionale dopo diciotto mesi di sanguinosa lotta costellata di morti e di stragi. Questo è stato il passaporto per far rientrare l'Italia nel novero delle grandi democrazie: da lì è germogliato un Paese nuovo. Ecco perché si tratta della festa di tutti gli italiani,
In questo 2020, festeggiamo il 75°anniversario in modo diverso, alle prese con un'emergenza sanitaria mai vista prima e con ricadute economiche e sociali che fanno rabbrividire. Non sappiamo bene come e quando usciremo da questa prova, ma sappiamo che per uscirne occorre ritrovare una forte coesione nazionale. Si tratta di riprendere quello spirito che appartenne alla guerra di Liberazione. Allora per il riscatto verso la libertà, oggi per un rinnovato salto di qualità della nostra convivenza civile e democratica. Questa dura prova ci deve permettere di costruire una nuova Italia più unita e solidale: capace di puntare sulla scuola, come momento di crescita per le nuove generazioni, sulla sanità pubblica, come imprescindibile snodo per la tutela della salute di tutti, sull'ambiente, per realizzare finalmente uno sviluppo sostenibile.
Il 25 aprile, ci dice tutto questo: non parla del nostro passato ma guarda al nostro avvenire.
Sono nato il 22 agosto 1945, quindi poco dopo il 25 aprile. Ricordo che da piccino mio padre mi ripeteva spesso:”Abbiamo lottato tanto per la libertà. Viva la libertà”. Lo dobbiamo ribadire anche ora, nella fase di Risorgimento dopo la pandemia.