Dieci (s)punti di politica industriale



Roberto Pertile    11 Aprile 2020       1

1. C’è un consenso generalizzato nel ritenere che, a brevissimo termine, nel sistema produttivo italiano va immesso un significativo ammontare di mezzi finanziari liquidi, dando priorità alle piccole-medie imprese. Gli strumenti da impiegare: prestiti a lunga durata (dieci anni di ammortamento e tre di preammortamento, spread pari allo 0,1% sul tasso interbancario BCE, totale garanzia dello Stato), utilizzazione dei fondi europei nella loro pluralità, secondo una logica di solidarietà, in prima battuta; quelli italiani solo di riserva (il debito italico è già enorme, aumentarlo significa rendere molto, molto ardua la gestione economica del Paese). Questa liquidità va destinata alla copertura dei costi straordinari sostenuti a causa del coronavirus, in quanto è il “cigno nero” dell’attuale congiuntura economica. Questa erogazione va fatta senza passare per ministeri o enti locali o istituzioni anomale, evitando così i vincoli e i tempi burocratici che potrebbero vanificare l’effetto immediatezza. Vanno utilizzate, invece, le banche anche perché molte di esse già operano con i soggetti destinatari dei finanziamenti; le banche per queste somme devono fare lo sportello erogatore, essendo garantite al 100% dallo Stato, senza “istruttorie inutili” (il merito del credito è garantito dalla contabilità dei costi coronavirus). Tra i fondi può svolgere un ruolo importante il fondo europeo di garanzia per le PMI. A questo fine per il risanamento economico è imprescindibile la solidarietà europea.

2. Rinvio per le imprese al 2022 dei pagamenti delle imposte dirette e IVA di competenza 2019 da saldare nel 2020. Il rinvio al 2022 si giustifica sulla realistica previsione che 2021 sarà un anno di concentrazione delle varie obbligazioni targate 2020. Si vuole evitare un probabile intasamento difficile da gestire finanziariamente soprattutto da una PMI.

3. Rinvio di almeno 12 mesi del pagamento delle rate dei mutui contratti dalle imprese, senza penalità; cioè una semplice trasposizione temporale dei termini contrattuali.

4. La manovra a brevissimo termine perderebbe di efficacia, se non è accompagnata parallelamente da interventi a medio-lungo termine di carattere strutturale. La proposta è di dare priorità al sostegno all’innovazione ponendola al centro del sistema economico. Infatti, alla base della crescita economica oggi c’è l’innovazione tecnologica, che è diventata il motore della società. Su questo terreno il sistema produttivo italiano è in grave ritardo. Il capitale privato italiano non ha gradito gli investimenti ad alto rischio che caratterizzano la Ricerca & Sviluppo, investimenti che sono di conseguenza risultati insufficienti. Per cambiare indirizzo servono importanti risorse finanziarie, la cui disponibilità non è realisticamente ipotizzabile che venga da parte del settore privato.

5. Ci sono, quindi, le condizioni per pensare a un ruolo diretto dello Stato nel sostegno dell’innovazione nel sistema della produzione. Lo Stato eroga ogni anno elevate somme nell’attività di ricerca nelle università, nei centri e negli enti di ricerca pubblici. È un’attività attualmente svolta dai professori e dai ricercatori, sostanzialmente priva di vincoli tematici. Invece, per le ragioni del bene comune, data la scarsità delle risorse finanziarie disponibili, è percorribile un radicale cambiamento nella programmazione dell’attività di ricerca pubblica. Quest’ultima andrebbe organizzata secondo priorità decise a livello governativo, ad esempio al primo posto le tecnologie verdi, al secondo gli algoritmi dell’intelligenza artificiale, etc. Inoltre, può essere data la priorità alla ricerca di base. Va precisato che questa proposta prevede che una parte dello stipendio del singolo professore (il 50%?) sia destinata e vincolata al piano governativo delle priorità di ricerca. In tal modo, possono essere destinate alla ricerca somme nettamente superiori alle attuali.

All’obiezione che così viene limitata la libertà dell’università, la risposta è che viene privilegiato l’interesse generale della crescita della società.

6. Ricadute sul sistema produttivo. Prima di tutto con l’indirizzo proposto si possono mettere in essere piani e progetti di R&S che, altrimenti, con le sole forze del mercato non verrebbero fatti. La naturale ricaduta dei risultati è sulle imprese italiane, sia per le sinergie possibili tra pubblico e privato sia per una perseguibile logica di rete territoriale che produce sistema.

7. Imprese e R&S. Il sistema bancario italiano ha, nella maggior parte dei casi, rifiutato l’assunzione dei rischi medio-alti sovente presenti nei progetti di R&S. Non solo, in linea generale (fatto salvo il caso dell’istituto IMI negli anni Settanta) il sistema bancario italiano non ha avuto a disposizione risorse umane di elevata qualità, idonee a finanziare progetti tecnicamente complessi. A questo proposito, si potrebbe pensare alla creazione di un soggetto specializzato nel settore del finanziamento della R&S alle imprese di produzione. Senza molta fantasia, si potrebbe ricorrere a una sezione autonoma specializzata della Cassa Depositi e Prestiti, che potrebbe acquisire una elevata capacità di valutare il rischio dell’insuccesso tecnico e/o commerciale di una ricerca di base o applicata di una tecnologia d’avanguardia, cosa non facile da possedere.

8. Imprese, R&S, BEI. Per realizzare gli investimenti materiali connessi ai successi nel campo dell’innovazione, appare utile un accordo-quadro a medio termine del governo italiano con la BEI, che potrebbe anche fare sistema con CDP. Anche in questo caso va ideata una procedura idonea a “baipassare” i filtri burocratici a favore di rapporti diretti tra imprese e istituti finanziari.

9. Domanda pubblica. Altra area strategica per una efficace politica industriale da affiancare all’azione a breve, è quella relativa alla domanda di opere pubbliche. È diffuso il giudizio tra gli operatori che con l’attuale normativa è basso il grado di realizzazione di investimenti, con effetti negativi sulle infrastrutture, quindi sulla competitività delle imprese italiane. Il riferimento per un cambiamento può essere la via seguita per la ricostruzione del ponte Morandi di Genova. Fare questo, significherebbe produrre importanti opportunità di fatturato per le imprese che hanno da affrontare una domanda debole di beni e servizi anche nei prossimi anni.

10. Fare formazione, formazione, formazione.

(Tratto da www.ildomaniditalia.eu)


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