L’uomo altera l’ambiente, che reagisce



Francesco Provinciali    5 Aprile 2020       0

Quando lessi le 40 pagine di evidenze scientifiche, priorità e raccomandazioni ai governi redatte a inizio maggio 2019 in sede OCSE dai rappresentanti di 130 Paesi aderenti all’IPBES (la piattaforma intergovernativa scientifico-politica sulla biodiversità e gli ecosistemi) per esaminare un Rapporto dell’ONU stilato in 3 anni di lavoro da parte di oltre 150 esperti, volto allo studio e all’approfondimento dei rischi delle biodiversità, ebbi la sensazione di un imminente “tsunami” globale che potrebbe portare in tempi definiti “relativamente brevi” all’estinzione di una serie di specie viventi che popolano i mari e la Terra, fino ad 1/8 di quelle attualmente censite, pari ad una cifra mostruosa di circa un milione di ‘specie’ animali e vegetali.

In questo caso oggetto di studio e dei risultati della ricerca condotta dagli scienziati era l’erosione lenta ma graduale della “biodiversità”: in pratica il pericolo paventato e sottoposto alla responsabilità dei governanti a livello planetario riguarda la scomparsa di specie viventi – animali e vegetali – a causa del deterioramento della “salute” degli ecosistemi che inglobano l’uomo e le altre forme di vita.

Ciò che influisce sull’alterazione delle biodiversità esistenti sono i comportamenti umani: sfruttamento del suolo e delle risorse naturali, come l’acqua e il legno, agricoltura intensiva, caccia e pesca, inquinamento ambientale, uso dei pesticidi, urbanizzazione e cementificazione selvaggia. Sono dunque gli stili di vita dissennati che – secondo il Rapporto dell’ONU – hanno già “alterato gravemente tre quarti delle superfici terrestri, il 40 per cento degli ecosistemi marini e la metà di quelli di acqua dolce”. Sono dati catastrofici che dovranno prima o poi indurre i governi ad assumere provvedimenti legislativi condivisi ed azioni urgenti di freno a questa deriva distruttiva del pianeta e della sua biodiversità.

Questo fenomeno, così grave e cupo nelle previsioni, finirà secondo l’ONU per condizionare e alterare le condizioni di vita e sopravvivenza della stessa specie umana, a lungo termine, poiché la biodiversità è garanzia di alimentazione, sostenibilità ambientale, acqua potabile, produzione di energia e di farmaci.

La Terra si trova – secondo il Rapporto – alla soglia della sesta estinzione di massa della sua storia, la prima attribuita ai comportamenti umani. Ma è trascorso quasi un anno da quel grido d’allarme rivolto ai decisori politici e nulla sembra essere stato fatto. Per mero inciso ricordo ancora una volta che in quei giorni veniva sottoscritto tra Italia e Cina un accordo atto a prevenire contagi, epidemie e pandemie nel flusso degli scambi umani e commerciali tra i due Paesi, dopo il Memorandum del marzo 2019.

“Improvvisamente” – come direbbe Dostoevskij – ci è capitata ora questa sciagura cosmica della pandemia da coronavirus e l’attenzione mondiale della scienza si è concentrata su questo evento, al fine di studiarne le cause, le analogie con le pestilenze del passato, le atipicità, l’evoluzione sofisticata del virus, il rapido e diffuso contagio e le conseguenze in atto oltre a quelle prevedibili come postumi latenti e pronti a riesplodere, la ricerca di un antidoto che ancora una volta funga da vaccino per la salvezza dell’umanità.

Intervistando recentemente il professor Arnaldo Benini, emerito all’Università di Zurigo, sul tema del Covid-19, per avere un punto di vista “esperto” sulla situazione, ho colto il nesso che lega le sue riflessioni e i suoi studi con le evidenze desumibili dal Rapporto ONU/OCSE. Sono sue le parole che riconducono a una visione più ampia del fenomeno così come si sta manifestando in modo tragico e dirompente, e lo fanno con deduzioni ineccepibili, che non limitano l’eziopatogenesi – cioè la scintilla che ha acceso il primo caso – a un errore o un atto deliberato avvenuto in laboratorio ovvero al consumo di carne cruda di pipistrello da parte di un cittadino di Wuhan, o comunque non la riconducono a questo evento se non come fattore scatenante del contagio: girano in rete le immagini dei mercati orientali dove si vedono topi, pipistrelli, cani, gatti e serpenti in vendita per il consumo alimentare. Così come circolano ipotesi di ricerche sulle alterazioni del genoma sfuggite di mano o usate come strumenti per guerre attraverso la diffusione dei virus patogeni. Tra ipotesi, algoritmi e studi demografici si potrà risalire all’incipit scatenante, mentre restano plausibili e sostenute dai molti silenzi iniziali le teorie complottiste, così come è evidente la differenza di abitudini alimentari e stili di vita tra Occidente e Oriente: ci sono consuetudini radicate in tradizioni antiche che dovrebbero renderci intellettualmente più onesti e meno inclini a usare la stupida demagogia quando discettiamo di integrazione per osmosi o quando riteniamo ancora sostenibile una globalizzazione che l’evidenza dei fatti e la diversità dei contesti ha ampiamente smentito più volte.

Afferma il professor Benini: “L’umanità utilizza e violenta la natura spietatamente. Si è estesa e dilaga in tutti gli angoli della terra, sconvolgendo ecosistemi remoti e antichi di millenni, costruendo strade, estirpando e asfaltando boschi e foreste, usando a profusione e senza criterio concimi tossici e antibiotici, inquinando aria, laghi, mari, fiumi e torrenti, trivellando in terra e in mare. L’alterazione violenta degli ambienti è una delle cause delle mutazioni degli agenti patogeni e quindi delle epidemie e pandemie. È assurdo cercare l’origine della pandemia attuale in un mercato cinese. Nel 2017 uno dei maggiori virologi, l’americano Ralph S. Baric, alla domanda circa il pericolo di una pandemia catastrofica, ammonì che la prima barriera preventiva sono le infrastrutture di sanità pubblica: maggiore igiene, strutture mediche più efficienti e un sistema di assistenza in grado di attivarsi velocemente. Inoltre era indispensabile rafforzare la ricerca per capire i virus. Parole al vento. Si sono ridotti, anche drasticamente, in Italia e altrove i fondi per la ricerca e la sanità pubblica (…). L’aumento enorme della popolazione, ammassata in città di dimensioni che facilitano contagi e inquinamenti, l’aumento della temperatura, la polluzione che altera e indebolisce i polmoni: tutto ciò ed altro ancora hanno portato da anni virologi, epidemiologi, biologi a prevedere un big crash micidiale. Non è un caso che le epidemie da coronavirus si siano ripetute negli ultimi anni fino alla penetranza di quella attuale. Passata la buriana, si continuerà ad asfaltare, sradicare, inquinare”.

Secondo il professor Benini la pericolosità del Covid-19 è causata alle sue repentine mutazioni circa 30 volte più frequenti degli altri coronavirus. Il 28 febbraio si sono trovate 350 diverse sequenze genomiche, il 9 marzo altre 50. In questo quadro patogeno risulta persino difficile trovare un vaccino che possa fronteggiare queste mutazioni genomiche. Appare quasi superfluo evidenziare quanto questa tesi sia persino sovrapponibile con le conclusioni del Rapporto ONU/OCSE sulla scomparsa della biodiversità.

Ma il dato più eclatante che emerge dall’intervista del professor Benini riguarda la sostenibilità ambientale tra umanità e pianeta, specie se – come è accaduto negli ultimi decenni – la crescita della specie umana ha raggiunto dimensioni innaturali: cresce di 70 milioni di persone all’anno e ha raggiunto i 7 miliardi e mezzo di abitanti. Secondo gli studi del biologo Edward O. Wilson una volta superati i 6 miliardi di abitanti la presenza dell’uomo diventa incompatibile con l’ambiente: essa si può rallentare per eventi patogeni o – per lo stesso motivo – può arrestarsi all’improvviso.

È come se la natura mettesse un limite all’espansione degli esseri umani sulla terra, una sorta di crollo per incompatibilità: è questa la ragione principale dello scatenarsi delle pandemie, che diventano fenomeni aberranti di autoregolazione di una soglia di tollerabilità sistemica. Ecco dunque che i concetti di estinzione della biodiversità per mano dell’uomo e di sostenibilità antropocentrica nel contesto planetario diventano interrelati e complementari. Le pandemie sono dovute a mutazioni genetiche di tipo selettivo, a reazioni della natura che usa i virus RNA come arma micidiale di selezione naturale. Non è un caso che statisticamente ciò avvenga attualmente in danno delle persone più deboli e anziane. Una umanità in espansione illimitata diventa indebolita e vulnerabile agli attacchi di virus che dimorano abitualmente in ospiti animali: il Covid-19 sembra dunque attaccare l’uomo per traslazione zoogenetica.

A fronte di un quadro allarmante di evidenze, raccomandazioni, dati, statistiche, proiezioni che la scienza mette a disposizione dei decisori politici a livello mondiale sia in tema di contesto ambientale in progressivo e irreversibile degrado, sia per il ripetersi di epidemie a rapido contagio ed alta letalità, sia per i pericoli di mutazioni e alterazioni genetiche che possono portarci improvvisamente verso un big crash devastante, le risposte che arrivano dalla politica oscillano tra l’incosciente indifferenza, lo smantellamento dei sistemi sanitari, l’assenza di protocolli internazionali di difesa e profilassi, la confusione di competenze istituzionali.

Abbiamo avuto anche in questa occasione prove generali di colpevole sottovalutazione della pandemia, dalla teoria dell’immunità di gregge, ai ritardi nell’adottare misure drastiche di isolamento, al monitoraggio dei casi, all’assenza di dotazioni sanitarie per gli ospedali o per i comuni cittadini, a cominciare dalla telenovela delle mascherine e dei respiratori.

Il 31 marzo scorso, mentre i politici italiani – accertata l’indisponibilità dell’Europa ad aiutarci – avviavano in sordina la strategia del dopo (senza essersi curati del prima, è del lontano 31 gennaio il Decreto governativo sullo stato di emergenza sanitaria), programmando passeggiate per i bambini, modalità di pratica dello jogging, riapertura graduale di fabbriche, uffici, scuole, centri estetici e negozi di generi non essenziali (dopo aver tambureggiato con ogni mezzo con l’atto di fede “restate a casa, ce la faremo”) , la rivista “Nature” usciva con un articolo che paventava una prossima più feroce recrudescenza del virus. Ha ragione il professor Benini quando sostiene che la “dabbenaggine dei politici è insigne: cercano di non convincere gli elettori al meglio ma di soddisfarne i desideri”.

Qualcuno, preso da una trance fideistica intravvede già la luce in fondo al tunnel: ma non sa o finge di non sapere che può trattarsi di un treno che procede a folle velocità contro di noi.

Speriamo – è un dovere e un appiglio per tutti – che dal big crash non ci separi ormai solo la buia galleria dell’incoscienza.


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