Restano pochi giorni per salvare l’Unione Europea. Sembra un’affermazione azzardata, perché le istituzioni europee funzioneranno anche dopo la crisi epidemica. Però se verrà confermata la chiusura di Germania e Stati del Nord riguardo agli Eurobond e alle richieste degli Stati più in difficoltà, si favorirà la tesi del <ognuno si salvi da solo> e le tentazioni dell’exit dall’Unione.
Sappiamo che fare da soli è un’impresa impossibile (anche il Papa ci ha ricordato “nessuno si salverà da solo, ci salveremo solo tutti insieme”), quindi è necessario fare di tutto per aiutare chi è ancora rigido ad una maggiore solidarietà nell’applicare le regole; altrimenti il sogno che si è via via concretizzato dal 9 maggio 1950 imploderà.
Non deve prevalere l’impostazione di chi vorrebbe far “pagare” ad ogni Stato quelli che sono considerati “errori” per sforamento di bilancio e mancate riforme, come sembrava delineare la nefasta dichiarazione della Lagarde. Qui non c’è una questione di deficit, ma un virus, di cui non sono colpevoli le politiche economiche degli Stati membri.
Sono significative le parole di Mattarella e di Draghi, che sollecitano a cambiare gli schemi e gli interventi tradizionali: “L’Europa intervenga prima che sia troppo tardi”.
L’Europa, anche se lo percepiamo poco, ha saputo contribuire alla crescita; basti pensare, per citarne solo alcuni, gli interventi quali il Fondo sociale europeo, Erasmus, gli Investimenti nelle infrastrutture, il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (supporto ai lavoratori che perdono l’impiego a causa di cambiamenti dei modelli di commercio globali), la Garanzia Giovani per affrontare la disoccupazione giovanile, il supporto alle piccole e medie imprese, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.
Per questo la chiusura registrata nella videoconferenza dei Capi di Stato e di Governo delude quanti sperano ancora nel progetto Europeo; e mostra l’eccessivo peso degli Stati.
Mi chiedo perciò se “cambiare gli schemi e gli interventi tradizionali” non significhi pensare da subito a cambiare le Istituzioni. Arrivare alla costituzione della Federazione Europea; condividere la sovranità su tutta una serie di materie in modo da sottrarle al sistema dei veti e/o dell’unanimità; assegnare poteri legislativi al Parlamento (eletto su liste di partiti sovranazionali), il quale sceglie il Governo federale con una propria maggioranza politica; avere istituzioni economiche, militari, scientifiche, culturali, non nominati dagli Stati ma dai rappresentati eletti dal popolo.
Se continuiamo a ragionare come se la soluzione dei problemi fosse in una trattativa tra controparti (i francesi contro i tedeschi, gli spagnoli contro i polacchi, gli italiani contro gli olandesi, ecc.) non solo l’Europa non andrà avanti ma si sfascerà. Io ovviamente spero ancora che esista in Europa una dirigenza politica di livello che sappia imprimere una svolta decisa verso la Federazione.
(Tratto da www.argomenti2000.it)
Sappiamo che fare da soli è un’impresa impossibile (anche il Papa ci ha ricordato “nessuno si salverà da solo, ci salveremo solo tutti insieme”), quindi è necessario fare di tutto per aiutare chi è ancora rigido ad una maggiore solidarietà nell’applicare le regole; altrimenti il sogno che si è via via concretizzato dal 9 maggio 1950 imploderà.
Non deve prevalere l’impostazione di chi vorrebbe far “pagare” ad ogni Stato quelli che sono considerati “errori” per sforamento di bilancio e mancate riforme, come sembrava delineare la nefasta dichiarazione della Lagarde. Qui non c’è una questione di deficit, ma un virus, di cui non sono colpevoli le politiche economiche degli Stati membri.
Sono significative le parole di Mattarella e di Draghi, che sollecitano a cambiare gli schemi e gli interventi tradizionali: “L’Europa intervenga prima che sia troppo tardi”.
L’Europa, anche se lo percepiamo poco, ha saputo contribuire alla crescita; basti pensare, per citarne solo alcuni, gli interventi quali il Fondo sociale europeo, Erasmus, gli Investimenti nelle infrastrutture, il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (supporto ai lavoratori che perdono l’impiego a causa di cambiamenti dei modelli di commercio globali), la Garanzia Giovani per affrontare la disoccupazione giovanile, il supporto alle piccole e medie imprese, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.
Per questo la chiusura registrata nella videoconferenza dei Capi di Stato e di Governo delude quanti sperano ancora nel progetto Europeo; e mostra l’eccessivo peso degli Stati.
Mi chiedo perciò se “cambiare gli schemi e gli interventi tradizionali” non significhi pensare da subito a cambiare le Istituzioni. Arrivare alla costituzione della Federazione Europea; condividere la sovranità su tutta una serie di materie in modo da sottrarle al sistema dei veti e/o dell’unanimità; assegnare poteri legislativi al Parlamento (eletto su liste di partiti sovranazionali), il quale sceglie il Governo federale con una propria maggioranza politica; avere istituzioni economiche, militari, scientifiche, culturali, non nominati dagli Stati ma dai rappresentati eletti dal popolo.
Se continuiamo a ragionare come se la soluzione dei problemi fosse in una trattativa tra controparti (i francesi contro i tedeschi, gli spagnoli contro i polacchi, gli italiani contro gli olandesi, ecc.) non solo l’Europa non andrà avanti ma si sfascerà. Io ovviamente spero ancora che esista in Europa una dirigenza politica di livello che sappia imprimere una svolta decisa verso la Federazione.
(Tratto da www.argomenti2000.it)
Fare il salto che Baviera auspica (e io con lui) vorrebbe dire uscire dal paneconomicismo anarcocapitalistico che ideologicamente è attualmente alla base della UE.
Senza una rivoluzione culturale che rimetta al centro l’uomo, non come “fattore di produzione” (uomo ad una dimensione) ma come “zòon politikòn” con tutto ciò che ciò spiritualmente sottintende, l’Europa non sarà in grado di costruire nuove realtà politicamente indipendenti e sovrane, ancorché efficacemente (cosa oggi impossibile) cooperanti con gli altri stati dell’ecumene.
Temo che sia un’impresa disperata.