Risposta a Mieli, “negazionista” del centro



Raffaele Reina    10 Febbraio 2020       0

Il ritorno ciclico della vexata quaestio sulla possibile resurrezione del centro nella politica italiana è valida ipotesi per dare utili contributi al buon governo del Paese. Chi la snobba e la scarta sbrigativamente, come fanno taluni opinionisti di orientamento laicista, è abituato a percepire poco del panorama politico internazionale e nazionale. Paolo Mieli qualche sera fa in una trasmissione televisiva sostenne con categorica perentorietà che in Italia esiste solo destra e sinistra. Una tesi ardita, considerata la storia italiana che sin dall’epoca del “connubio”, 1852, tra Cavour e Rattazzi, è prevalsa una politica centrista o di stampo moderato. Alla luce forse della riunificazione più volte fallita tra i cattolici di cultura democristiana e popolare, Mieli è arrivato alla conclusione che non è possibile avere un Centro in Italia. Un ragionamento che può riguardare l’attuale contingenza politica, tutta fatta di improvvisazioni e camaleontismi, priva di supporti culturali e storici, ma mai si può ritenere che la politica essendo attività nobile e libera possa avere carattere scientifico, come crede Mieli.

La sua affermazione la si può considerare opinione eccentrica, rispettabile, ma mai potrà avere i requisiti di postulato: un’azione comune per vivificare il centro, insomma è possibile concordando su principi, valori, patrimonio identitario. E quindi, partendo da qui è pensabile un percorso, la cui prima verifica dovrebbe essere la prossima tornata elettorale per l’elezione del nuovo Parlamento. Essa potrebbe risultare una valida tappa, funzionale al rilancio di una scelta politica più aderente alle aspettative di tanti astenuti, che stanchi di confusi e logorroici scontri tra partiti hanno rinunciato al diritto di voto, rifugiandosi nell’astensione. Un aspetto questo che va sottolineato con chiarezza: risulta pertanto preziosa l’attività che giorno dopo giorno stanno alimentando donne e uomini di libere associazioni, come quelle coinvolte nel “Manifesto Zamagni”, che ritengono utile l’impegno generoso per migliorare la democrazia.

Sono donne e uomini che non hanno trascurato gli insegnamenti derivanti dal “popolarismo” e hanno scelto di seguire gli storici insegnamenti sturziani, da cui è nato il centro, e quindi la democrazia, non curandosi della commedia politica italiana, negli ultimi anni diventata quasi tragedia. La ricchezza culturale che parte da Rosmini, Gioberti e giunge a Murri, Sturzo, De Gasperi, fino ai “professorini” di Dossetti e Fanfani, La Pira e Lazzati è risultata preziosa per una sintesi storico-politica funzionale alla ricerca del bene comune. Nessuno può consentirsi di considerarla residuale arnese da tenere nel deposito dei ferri vecchi. È stata, invece, la strada maestra per dare risposte ai problemi degli italiani, che guardavano alla pace fra i popoli, fra le classi in un concetto nuovo di democrazia.

Oggi, visto quanto realizzato dal centro, sostenuto soprattutto dai cattolici in politica nel XX secolo, ricomponendo tutti gli elementi di novità, di progresso, di espansione tecnologica e di coscienza globalizzata è ancora possibile affidare all’esperienza del cattolicesimo politico una valida prospettiva di governo, funzionale alla realizzazione del bene comune.

(Tratto da www.formiche.net)


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