Vi ricordate di quel simpaticone di Paolo Ferrero, già segretario nazionale di Rifondazione Comunista nonché Ministro del secondo Governo Prodi? Cioè di quel Ministro che scese in piazza contro il Governo di cui faceva parte contribuendo in prima persona, com’è ovvio e scontato, a decretarne la fine anticipatamente?
Ecco, oggi abbiamo un fan di quell’ex ministro e dirigente politico, ed è l’ex capo politico del partito dei 5 Stelle, il Ministro Di Maio. Sì perché proprio Di Maio ha deciso, di comune accordo con il suo partito, di scendere in piazza contro il Governo di cui fa parte il prossimo 15 febbraio a Roma. Formalmente contro i vitalizi – che, come tutti sanno, sono e restano per i 5 Stelle in cima all’agenda politica del nostro paese, talché sarebbe opportuno valutare di portare l’intera questione prima a Bruxelles e, se necessario, anche all’ONU – ma sostanzialmente per riaffermare i capisaldi costitutivi del programma di quel partito, a cominciare dalla abolizione della prescrizione e la riforma della giustizia. E poi vedere quali altri temi la piazza solleverà.
Ora, sia chiaro, nessuno mette in discussione la facoltà dei singoli partiti di scendere in piazza per riaffermare il proprio progetto politico. “È la democrazia, bellezza”, direbbe giustamente Massimo D’Alema. Ma il punto politico di questi comportamenti – che si ripetono curiosamente a prescindere dalle vicende politiche contingenti e dalle diverse fasi storiche – riguarda un altro aspetto. E cioè, l’opposizione al governo di norma arriva quasi sempre dall’interno del governo stesso più che non dall’opposizione. Era così un tempo ed è così adesso. Con una aggravante, però, per quanto riguarda la politica contemporanea. Perché siamo abituati a sentire quasi a reti unificate e quotidianamente che viviamo nella stagione del cambiamento e del rinnovamento totale rispetto al passato. Un passato che, a detto dei professionisti del nuovismo, non solo non deve più essere riproposto ma va addirittura ripudiato e rinnegato. Questo, del resto, è il cuore del “vaffa day” di grillina memoria. Per non parlare della “rottamazione” di renziana memoria, due facce della stessa medaglia.
Ecco perché rispetto alla stagione di Ferrero non è cambiato molto. Anzi, non è cambiato nulla.
Il malcostume politico continua ad imperversare. Con la differenza che adesso lo si pratica, più che nel passato, in nome del cambiamento e della profonda discontinuità rispetto a ciò che ci ha preceduto. Che, come detto poc’anzi, deve essere solo raso al suolo dai novelli rivoluzionari.
Ecco, oggi abbiamo un fan di quell’ex ministro e dirigente politico, ed è l’ex capo politico del partito dei 5 Stelle, il Ministro Di Maio. Sì perché proprio Di Maio ha deciso, di comune accordo con il suo partito, di scendere in piazza contro il Governo di cui fa parte il prossimo 15 febbraio a Roma. Formalmente contro i vitalizi – che, come tutti sanno, sono e restano per i 5 Stelle in cima all’agenda politica del nostro paese, talché sarebbe opportuno valutare di portare l’intera questione prima a Bruxelles e, se necessario, anche all’ONU – ma sostanzialmente per riaffermare i capisaldi costitutivi del programma di quel partito, a cominciare dalla abolizione della prescrizione e la riforma della giustizia. E poi vedere quali altri temi la piazza solleverà.
Ora, sia chiaro, nessuno mette in discussione la facoltà dei singoli partiti di scendere in piazza per riaffermare il proprio progetto politico. “È la democrazia, bellezza”, direbbe giustamente Massimo D’Alema. Ma il punto politico di questi comportamenti – che si ripetono curiosamente a prescindere dalle vicende politiche contingenti e dalle diverse fasi storiche – riguarda un altro aspetto. E cioè, l’opposizione al governo di norma arriva quasi sempre dall’interno del governo stesso più che non dall’opposizione. Era così un tempo ed è così adesso. Con una aggravante, però, per quanto riguarda la politica contemporanea. Perché siamo abituati a sentire quasi a reti unificate e quotidianamente che viviamo nella stagione del cambiamento e del rinnovamento totale rispetto al passato. Un passato che, a detto dei professionisti del nuovismo, non solo non deve più essere riproposto ma va addirittura ripudiato e rinnegato. Questo, del resto, è il cuore del “vaffa day” di grillina memoria. Per non parlare della “rottamazione” di renziana memoria, due facce della stessa medaglia.
Ecco perché rispetto alla stagione di Ferrero non è cambiato molto. Anzi, non è cambiato nulla.
Il malcostume politico continua ad imperversare. Con la differenza che adesso lo si pratica, più che nel passato, in nome del cambiamento e della profonda discontinuità rispetto a ciò che ci ha preceduto. Che, come detto poc’anzi, deve essere solo raso al suolo dai novelli rivoluzionari.
Lascia un commento