Non so quanto le persone che non vivono in Emilia-Romagna stiano seguendo la strana campagna elettorale che si sta svolgendo qui (chi scrive è di Parma).
Da un lato, un Presidente, Stefano Bonaccini, e un’amministrazione uscente di centrosinistra (Partito Democratico e altri), insieme a diversi nuovi alleati, che si presentano con i loro risultati e i programmi per il futuro. Dall’altra, una candidata (e per favore, si eviti ogni accusa di sessismo), la senatrice della Lega Lucia Borgonzoni, il cui mantra è “basta il PD”, di cui non si sanno e non si capiscono idee e programmi, autrice di boutades senza fondamento e numerose gaffes, tendenzialmente assente dalla scena, che in diverse occasioni (l’ultima con Sky) ha annullato all’ultimo momento confronti faccia faccia giornalistici e televisivi già annunciati, accompagnata o, più delle volte, direttamente sostituita dal leader nazionale della Lega, Matteo Salvini. Il quale ha tranquillamente ammesso davanti ai suoi delegati (galeotti gli appunti incautamente dimenticati da uno di essi) che è inutile negare il buon governo della Regione e bisogna puntare su altri temi (ovviamente, diciamo noi, generali e populisti): dal (solito) Bibbiano, alla (solita) immigrazione e via dicendo.
Un Salvini che considera le elezioni in questa Regione unicamente come test nazionale, principalmente nel tentativo di dare una spallata al Governo. Il leghista, del resto, che ha messo più o meno le sue tende qui per “coprire” la sua “candidata invisibile”, riceve l’applauso festante di piccole folle nei suoi vari blitz: segno che, comunque, ha dalla sua una parte di popolazione, nonostante tutti i guai che ha combinato stando al Governo. Ma questo lo si sapeva. Così come si sapeva che definire l’Emilia-Romagna una “regione rossa” è ormai un anacronismo – e non da oggi.
Delle “sardine” si è detto tanto e non c’è dubbio che il fenomeno sia stato la vera novità emersa in questa campagna elettorale: in tutte le città della regione, le autoconvocazioni in piazza hanno sempre avuto un’enorme adesione, senza slogan violenti, richiamando la Costituzione, il valore della buona politica e l’esigenza di agirla in modo serio e rispettoso. In più, questa reazione popolare (e non populista) ha avuto l’effetto benefico di dimostrare che i comizietti con qualche centinaio di persone di Salvini, fatti passare nei primi giorni di campagna dalla sua macchina comunicativa e da qualche organo di stampa compiacente come “bagni di folla”, diventavano ben poca cosa a fronte delle migliaia e migliaia di partecipanti agli eventi delle “sardine”, con ciò che ne consegue anche sul piano dell’utilizzabilità mediatica di certi più o meno numerosi assembramenti.
E i cosiddetti “cattolici democratici”? Ci sono, candidati prevalentemente nelle liste del Partito Democratico. Sapremo il 27 gennaio se il buon lavoro svolto dagli uscenti e le buone idee messe in campo dai nuovi candidati saranno premiate, come si spera, dall’elettorato.
A livello ecclesiale è importante sottolineare che negli ultimi giorni sono stati pubblicati due documenti: uno dell’Osservatorio della Conferenza Episcopale regionale sulle tematiche politico-sociali “Giovanni Bersani” e l’altro, ancora più rilevante dal punto di vista dell’ufficialità, direttamente dalla Conferenza Episcopale regionale, intitolato “La Regione, laboratorio di democrazia”. Essendo sintetici e molto chiari, non li riassumo qui ed invito a leggerli direttamente.
Entriamo ormai nell’ultima settimana di campagna elettorale e sappiamo che moltissime persone cominciano ad assumere decisioni proprio quando ci si approssima alla data del voto. Quindi i prossimi giorni saranno decisivi per l’esito delle elezioni, che – è inutile nasconderlo – potrebbero avere riflessi anche a livello nazionale, in un senso o nell’altro.
È un voto di grande importanza e c’è da augurarsi che anche chi non risiede in Emilia-Romagna ma conosce qualcuno che ci vive, dia una mano per far prevalere la coalizione di centrosinistra. Non per uno spirito di continuità o per una legge non scritta che vuole questa regione “di centrosinistra” per antonomasia. Ma perché, oltre a riconoscere la bontà dei risultati e dei programmi, occorre che prevalga, certamente anche dando un contributo critico dove necessario, un’idea di società e di politica profondamente democratica, egualitaria, radicata nei valori costituzionali e capace di riaffermare la funzione essenziale del pubblico a garanzia dei diritti sociali fondamentali di tutti i cittadini.
(Tratto da www.c3dem.it)
Da un lato, un Presidente, Stefano Bonaccini, e un’amministrazione uscente di centrosinistra (Partito Democratico e altri), insieme a diversi nuovi alleati, che si presentano con i loro risultati e i programmi per il futuro. Dall’altra, una candidata (e per favore, si eviti ogni accusa di sessismo), la senatrice della Lega Lucia Borgonzoni, il cui mantra è “basta il PD”, di cui non si sanno e non si capiscono idee e programmi, autrice di boutades senza fondamento e numerose gaffes, tendenzialmente assente dalla scena, che in diverse occasioni (l’ultima con Sky) ha annullato all’ultimo momento confronti faccia faccia giornalistici e televisivi già annunciati, accompagnata o, più delle volte, direttamente sostituita dal leader nazionale della Lega, Matteo Salvini. Il quale ha tranquillamente ammesso davanti ai suoi delegati (galeotti gli appunti incautamente dimenticati da uno di essi) che è inutile negare il buon governo della Regione e bisogna puntare su altri temi (ovviamente, diciamo noi, generali e populisti): dal (solito) Bibbiano, alla (solita) immigrazione e via dicendo.
Un Salvini che considera le elezioni in questa Regione unicamente come test nazionale, principalmente nel tentativo di dare una spallata al Governo. Il leghista, del resto, che ha messo più o meno le sue tende qui per “coprire” la sua “candidata invisibile”, riceve l’applauso festante di piccole folle nei suoi vari blitz: segno che, comunque, ha dalla sua una parte di popolazione, nonostante tutti i guai che ha combinato stando al Governo. Ma questo lo si sapeva. Così come si sapeva che definire l’Emilia-Romagna una “regione rossa” è ormai un anacronismo – e non da oggi.
Delle “sardine” si è detto tanto e non c’è dubbio che il fenomeno sia stato la vera novità emersa in questa campagna elettorale: in tutte le città della regione, le autoconvocazioni in piazza hanno sempre avuto un’enorme adesione, senza slogan violenti, richiamando la Costituzione, il valore della buona politica e l’esigenza di agirla in modo serio e rispettoso. In più, questa reazione popolare (e non populista) ha avuto l’effetto benefico di dimostrare che i comizietti con qualche centinaio di persone di Salvini, fatti passare nei primi giorni di campagna dalla sua macchina comunicativa e da qualche organo di stampa compiacente come “bagni di folla”, diventavano ben poca cosa a fronte delle migliaia e migliaia di partecipanti agli eventi delle “sardine”, con ciò che ne consegue anche sul piano dell’utilizzabilità mediatica di certi più o meno numerosi assembramenti.
E i cosiddetti “cattolici democratici”? Ci sono, candidati prevalentemente nelle liste del Partito Democratico. Sapremo il 27 gennaio se il buon lavoro svolto dagli uscenti e le buone idee messe in campo dai nuovi candidati saranno premiate, come si spera, dall’elettorato.
A livello ecclesiale è importante sottolineare che negli ultimi giorni sono stati pubblicati due documenti: uno dell’Osservatorio della Conferenza Episcopale regionale sulle tematiche politico-sociali “Giovanni Bersani” e l’altro, ancora più rilevante dal punto di vista dell’ufficialità, direttamente dalla Conferenza Episcopale regionale, intitolato “La Regione, laboratorio di democrazia”. Essendo sintetici e molto chiari, non li riassumo qui ed invito a leggerli direttamente.
Entriamo ormai nell’ultima settimana di campagna elettorale e sappiamo che moltissime persone cominciano ad assumere decisioni proprio quando ci si approssima alla data del voto. Quindi i prossimi giorni saranno decisivi per l’esito delle elezioni, che – è inutile nasconderlo – potrebbero avere riflessi anche a livello nazionale, in un senso o nell’altro.
È un voto di grande importanza e c’è da augurarsi che anche chi non risiede in Emilia-Romagna ma conosce qualcuno che ci vive, dia una mano per far prevalere la coalizione di centrosinistra. Non per uno spirito di continuità o per una legge non scritta che vuole questa regione “di centrosinistra” per antonomasia. Ma perché, oltre a riconoscere la bontà dei risultati e dei programmi, occorre che prevalga, certamente anche dando un contributo critico dove necessario, un’idea di società e di politica profondamente democratica, egualitaria, radicata nei valori costituzionali e capace di riaffermare la funzione essenziale del pubblico a garanzia dei diritti sociali fondamentali di tutti i cittadini.
(Tratto da www.c3dem.it)
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