Abbiamo letto, e in alcuni casi pubblicato, diversi commenti sul fenomeno politico delle ultime settimane, le sedicenti “sardine”. Alcuni giudizi sono positivi, vi colgono interessanti aspetti di novità ed esprimono una sostanziale condivisione, talvolta velata da un benevolo paternalismo. Altri sono invece critici, considerando questa nuova espressione politica un dejà vu, un'ennesima riedizione del movimentismo di sinistra. Insomma, non ci sarebbe niente di nuovo rispetto a girotondi, movimento viola, arancioni di Pisapia, Alleanza popolare di Anna Falcone e Tomaso Montanari, solo elencando i primi che vengono in mente.
Chi ha ragione?
Quando posso cerco di farmi un'idea diretta delle cose.
Sabato 14 dicembre mi trovavo a Roma, e sono riuscito a passare intorno alle 17 a San Giovanni in Laterano, dove si stava svolgendo il grande raduno delle sardine nella capitale. I discorsi dal palco erano terminati da un pezzo, le prime tenebre avevano sostituito in fretta il sole tramontato, ma la piazza era ancora gremita. Ho così potuto camminare in lungo e in largo tra la gente, leggerne i messaggi su cartelli e sagome di pesci preparati col fai-da-te per l'occasione. Soprattutto ne ho ascoltato i dialoghi e ne ho osservato i volti.
C'erano persone di tutte le età, ma tante famiglie e tanti giovani. Quei giovani che, dalla TV, non si vedono alle convention di Forza Italia con il bolso Berlusconi, e che, di persona, non si vedono alle feste dell'Unità e neppure – ahinoi! – alle riunioni dei cattolici democratici interessati alla politica. Giovani sorridenti, con la faccia pulita, come si possono trovare in un liceo, in un campus universitario, tra gli scout o i volontari della Croce Verde. Famiglie come si vedono nelle vie dello shopping o all'uscita di scuola con i figli, ma senza l'assillo degli acquisti e del tempo che corre. Insomma, tantissime persone “della porta accanto”. Ragazzi, genitori e nonni accomunati dal ricordare alla classe dirigente che l'Italia ha bisogno di politiche lungimiranti e non di imbonitori che fanno a gara a chi urla di più. Quindi è stato naturale non ascoltare slogan ritmati, di quelli che dai cortei del Sessantotto si sono trasposti nelle curve degli stadi. Non è però mancata una colonna sonora in piazza San Giovanni: la melodia – non gridata ma quasi sussurrata – di “Bella ciao”, intonata da una, tre, dieci voci, con altre decine che vi si accodano, poi ripresa da capo in un'altra macchia di folla, e poi in un'altra ancora. Un canto che va apprezzato da ogni sincero democratico devoto alla Costituzione, non solo da un iscritto all'ANPI, quale sono.
Grande varietà di cartelli, invece. Molti quelli che chiedono solidarietà e integrazione, che rifiutano le logiche disumane dell'economia globale (“contro i pescecani del pianeta”) e delle sue degenerazioni (“razzismo e sovranismo sono frutto del liberismo selvaggio”). Ho notato, compiaciuto, che negli esibiti acronimi di SARDINE la E finale veniva declinata non solo con lo scontato “Ecologia” ma, in tanti casi, con “Europa”. Più “generazione Erasmus” che “collettivo studentesco”. C'erano sì gruppi organizzati, associazioni, sindacati ascrivibili al variegato mondo della sinistra, e non mancavano persone, specie avanti con gli anni, che nell'aspetto o nell'abbigliamento potevano richiamare manifestazioni con bandiere rosse e slogan per i “diritti”. Ma, a tenersi larghi, non pesavano più di un 20% dei presenti.
No, quella di San Giovanni a Roma non è stata una piazza di sinistra. Nell'angolo tra il monumento a san Francesco e la porta romana sulla Appia Nuova vi era uno striscione che invitava le sardine a fare un passo verso la politica: NEL MARE APERTO SENZA LA BUSSOLA CI SI PERDE. La bussola lì proposta era indicata in basso a destra dal simbolo con falce e martello, ma il materiale distribuito da un paio di attivisti comunisti veniva raccolto da pochi, con lo stesso interesse che si poteva avere per una gita in pullman con annessa promozione alla vendita di una batteria di pentole.
Ecco, le sardine mi sono apparse quello che dichiarano di essere: una presenza (maggioranza?) silenziosa che vuole archiviare la stagione dell'odio, delle urla, delle bugie, delle vuote promesse. Chiedono una Politica (con la P maiuscola, hanno scritto) ragionata, solidale, onesta, competente.
Hanno riempito piazze in ogni regione italiana, e sono diventati in poche settimane protagonisti del dibattito politico. I loro rappresentanti hanno collezionato inviti in talk-show televisivi dove hanno fatto generalmente bella figura per la semplicità e coerenza del loro messaggio.
Adesso le sardine devono affrontare un doppio, difficile snodo. Il primo è il passaggio dalla critica alla proposta, che possa dare uno sbocco concreto al movimento, anche se tutte le prese di posizione sinora ascoltate escludono una loro diretta assunzione di responsabilità. Il secondo obiettivo sarà sottrarsi agli inevitabili tentativi di chi cercherà di “mettere il cappello” sul movimento. E i più insidiosi non sono certo i veterocomunisti già presenti nella piazza, ma certi “benpensanti” che appartengono alla cosiddetta “sinistra da salotto”, già protagonisti con esiti fallimentari della Seconda Repubblica. Meglio diffidare di tutti coloro che nella passata stagione con opere e omissioni hanno contribuito al declino morale, al discredito della politica, alla disillusione, all'ascesa dei populisti e della destra. Non sono titolati a dare buoni consigli.
Meglio trovare all'esterno del “teatrino” gli interlocutori con cui confrontarsi ed eventualmente intraprendere un cammino.
Chi ha ragione?
Quando posso cerco di farmi un'idea diretta delle cose.
Sabato 14 dicembre mi trovavo a Roma, e sono riuscito a passare intorno alle 17 a San Giovanni in Laterano, dove si stava svolgendo il grande raduno delle sardine nella capitale. I discorsi dal palco erano terminati da un pezzo, le prime tenebre avevano sostituito in fretta il sole tramontato, ma la piazza era ancora gremita. Ho così potuto camminare in lungo e in largo tra la gente, leggerne i messaggi su cartelli e sagome di pesci preparati col fai-da-te per l'occasione. Soprattutto ne ho ascoltato i dialoghi e ne ho osservato i volti.
C'erano persone di tutte le età, ma tante famiglie e tanti giovani. Quei giovani che, dalla TV, non si vedono alle convention di Forza Italia con il bolso Berlusconi, e che, di persona, non si vedono alle feste dell'Unità e neppure – ahinoi! – alle riunioni dei cattolici democratici interessati alla politica. Giovani sorridenti, con la faccia pulita, come si possono trovare in un liceo, in un campus universitario, tra gli scout o i volontari della Croce Verde. Famiglie come si vedono nelle vie dello shopping o all'uscita di scuola con i figli, ma senza l'assillo degli acquisti e del tempo che corre. Insomma, tantissime persone “della porta accanto”. Ragazzi, genitori e nonni accomunati dal ricordare alla classe dirigente che l'Italia ha bisogno di politiche lungimiranti e non di imbonitori che fanno a gara a chi urla di più. Quindi è stato naturale non ascoltare slogan ritmati, di quelli che dai cortei del Sessantotto si sono trasposti nelle curve degli stadi. Non è però mancata una colonna sonora in piazza San Giovanni: la melodia – non gridata ma quasi sussurrata – di “Bella ciao”, intonata da una, tre, dieci voci, con altre decine che vi si accodano, poi ripresa da capo in un'altra macchia di folla, e poi in un'altra ancora. Un canto che va apprezzato da ogni sincero democratico devoto alla Costituzione, non solo da un iscritto all'ANPI, quale sono.
Grande varietà di cartelli, invece. Molti quelli che chiedono solidarietà e integrazione, che rifiutano le logiche disumane dell'economia globale (“contro i pescecani del pianeta”) e delle sue degenerazioni (“razzismo e sovranismo sono frutto del liberismo selvaggio”). Ho notato, compiaciuto, che negli esibiti acronimi di SARDINE la E finale veniva declinata non solo con lo scontato “Ecologia” ma, in tanti casi, con “Europa”. Più “generazione Erasmus” che “collettivo studentesco”. C'erano sì gruppi organizzati, associazioni, sindacati ascrivibili al variegato mondo della sinistra, e non mancavano persone, specie avanti con gli anni, che nell'aspetto o nell'abbigliamento potevano richiamare manifestazioni con bandiere rosse e slogan per i “diritti”. Ma, a tenersi larghi, non pesavano più di un 20% dei presenti.
No, quella di San Giovanni a Roma non è stata una piazza di sinistra. Nell'angolo tra il monumento a san Francesco e la porta romana sulla Appia Nuova vi era uno striscione che invitava le sardine a fare un passo verso la politica: NEL MARE APERTO SENZA LA BUSSOLA CI SI PERDE. La bussola lì proposta era indicata in basso a destra dal simbolo con falce e martello, ma il materiale distribuito da un paio di attivisti comunisti veniva raccolto da pochi, con lo stesso interesse che si poteva avere per una gita in pullman con annessa promozione alla vendita di una batteria di pentole.
Ecco, le sardine mi sono apparse quello che dichiarano di essere: una presenza (maggioranza?) silenziosa che vuole archiviare la stagione dell'odio, delle urla, delle bugie, delle vuote promesse. Chiedono una Politica (con la P maiuscola, hanno scritto) ragionata, solidale, onesta, competente.
Hanno riempito piazze in ogni regione italiana, e sono diventati in poche settimane protagonisti del dibattito politico. I loro rappresentanti hanno collezionato inviti in talk-show televisivi dove hanno fatto generalmente bella figura per la semplicità e coerenza del loro messaggio.
Adesso le sardine devono affrontare un doppio, difficile snodo. Il primo è il passaggio dalla critica alla proposta, che possa dare uno sbocco concreto al movimento, anche se tutte le prese di posizione sinora ascoltate escludono una loro diretta assunzione di responsabilità. Il secondo obiettivo sarà sottrarsi agli inevitabili tentativi di chi cercherà di “mettere il cappello” sul movimento. E i più insidiosi non sono certo i veterocomunisti già presenti nella piazza, ma certi “benpensanti” che appartengono alla cosiddetta “sinistra da salotto”, già protagonisti con esiti fallimentari della Seconda Repubblica. Meglio diffidare di tutti coloro che nella passata stagione con opere e omissioni hanno contribuito al declino morale, al discredito della politica, alla disillusione, all'ascesa dei populisti e della destra. Non sono titolati a dare buoni consigli.
Meglio trovare all'esterno del “teatrino” gli interlocutori con cui confrontarsi ed eventualmente intraprendere un cammino.
In Francia i sinistri da salotto erano definiti “gauche caviar” sinistrini da caviale, che,iniziati con J.P. Sartre, proseguiti con les philosophes (gli intellettuali critici di tutto), abilissimi a demolire tabù e valori tradizioni, non hanno saputo costruire una visione alternativa credibile e praticabile, lasciando spazio al nazionalismo alla Le Pen o al tecnocratismo alla Macron. Da noi stanno pontificando sulla “inesperinza” dei giovani o sulla loro “vulnerabilità” da parte di chi la politica la sa fare. Forse stanno sul Titanic a mangiare tartufi e caviale senza comprendere che l’iceberg è sempre più vicino e che i giovani lo hanno già visto e non vogliono buttarsi giù danna nave, ma, forse, buttare giù capitano e ciurma.
All’analisi di Risso che condivido vorrei aggiungere solo un pensiero. A me pare che almeno un messaggio è chiaro: il modo di fare politica a base di slogan e di insulti che ha caratterizzato questi ultimi anni non è più tollerabile ed i sondaggi che riflettono gli stati d’animo del momento non rappresentano un progetto di società. Devono allora passare alla proposta? Diamo loro il tempo di evolvere senza pretendere di fare le mosche cocchiere e senza tentare di mettersi alla testa del plotone ma soltanto dialogando pacatamente con loro.
E’ la solita storia della gente comune che si ribella ai politici incapaci e arroganti che si annidano in tutti i partiti e che da sempre non applicano le leggi economiche e sociali ma quelle che ingrossano la loro boria e le loro tasche. Nulla di nuovo sotto il sole. Ho partecipato anche io a manifestazioni di questo genere e, poi, ho visto che qualcuno metteva sopra il cappello e riusciva sempre a trarne qualche utile. I DEM con la loro occupazione quasi totale dei mass media provano a trarne vantaggio. Spero e credo non ci riusciranno perché le “sardine” non possono che aspettarsi una ennesima fregatura.
Che piacere leggerti, caro, carissimo Michele (Zolla). Sono totalmente d’accordo con te con l’angoscia che purtroppo per questo sciagurato Paese di egoisti, spesso solo “tifosi” degli idoli politici e raramente interpreti di un pensiero politico, non siano più ne sufficienti ne influenti movimenti più o meno spontanei. Meglio di niente ma chi avalla le posizioni populiste e oltranziste oggi in voga è quasi sempre impermeabile alla mobilitazione di movimenti quali le “Sardine” e all’elaborazione di alternative socio-politiche. E gli altri stupidamente assistono… come è già purtroppo successo in passato. Ovviamente spero di sbagliarmi e comunque mi conforta che qualcuna creda ancora di porre rimedio a questo demoralizzante scenario.