L'Istituto nazionale di Statistica ha presentato il report relativo al 2018 sui flussi migratori in Italia. I numeri dicono che aumentano gli italiani che si trasferiscono all'estero mentre diminuiscono gli immigrati. Dell'ampio documento, che potete leggere nella sua completezza dal link posto in calce, traiamo la parte che riguarda la preoccupante fuga dei laureati.
Nel 2018, gli italiani espatriati sono prevalentemente uomini (56%). Fino ai 25 anni, il contingente di emigrati ed emigrate è ugualmente numeroso (entrambi 18mila) e presenta una distribuzione per età perfettamente sovrapponibile. A partire dai 26 anni fino alle età anziane, invece, gli emigrati iniziano a essere costantemente più numerosi delle emigrate: dai 75 anni in poi le due distribuzioni tornano a sovrapporsi.
L’età media degli emigrati è di 33 anni per gli uomini e 30 per le donne. Un emigrato su cinque ha meno di 20 anni, due su tre hanno un’età compresa tra i 20 e i 49 anni mentre la quota di ultracinquantenni è pari al 13%.
Considerando il livello di istruzione posseduto al momento della partenza, nel 2018 più della metà dei cittadini italiani che si sono trasferiti all’estero (53%) è in possesso di un titolo di studio medio-alto: si tratta di circa 33mila diplomati e 29mila laureati. Rispetto all’anno precedente le numerosità dei diplomati e laureati emigrati sono in aumento (rispettivamente +1% e +6%). L’incremento è molto più consistente se si amplia lo spettro temporale: rispetto a cinque anni prima gli emigrati con titolo di studio medio-alto crescono del 45%.
Quasi tre cittadini italiani su quattro trasferitisi all’estero hanno 25 anni o più: sono poco più di 84mila (72% del totale degli espatriati); di essi 27mila (32%) sono in possesso di almeno la laurea. In questa fascia d’età si riscontra una lieve differenza di genere: nel 2018 le italiane emigrate sono circa il 42% e di esse oltre il 35% è in possesso di almeno la laurea, mentre, tra gli italiani che espatriano (58%), la quota di laureati è pari al 30%. Rispetto al 2009, l’aumento degli espatri di laureati è più evidente tra le donne (+10 punti percentuali) che tra gli uomini (+7%), Tale incremento risente in parte dell’aumento contestuale dell’incidenza di donne laureate nella popolazione (dal 5,3% del 2008 al 7,5% del 2018).
L’altra faccia della medaglia è costituita dai rimpatri: nel 2018, considerando il rientro degli italiani di 25 anni e più con almeno la laurea (13mila), la perdita netta (differenza tra rimpatri ed espatri) di
popolazione “qualificata” è di 14mila unità. Tale perdita riferita agli ultimi dieci anni ammonta complessivamente a poco meno di 101mila unità.
La ripresa delle emigrazioni di cittadini italiani è da attribuire in parte alle difficoltà del nostro mercato del lavoro, soprattutto per i giovani e le donne e, presumibilmente, anche al mutato atteggiamento nei confronti del vivere in un altro Paese – proprio delle generazioni nate e cresciute in epoca di globalizzazione – che induce i giovani più qualificati a investire con maggior facilità il proprio talento nei Paesi esteri in cui sono maggiori le opportunità di carriera e di retribuzione.
I programmi specifici di defiscalizzazione, messi in atto dai governi per favorire il rientro in patria delle figure professionali più qualificate, non si rivelano quindi del tutto sufficienti a trattenere le giovani risorse che costituiscono parte del capitale umano indispensabile alla crescita del Paese.
REPORT_migrazioni_2018
Nel 2018, gli italiani espatriati sono prevalentemente uomini (56%). Fino ai 25 anni, il contingente di emigrati ed emigrate è ugualmente numeroso (entrambi 18mila) e presenta una distribuzione per età perfettamente sovrapponibile. A partire dai 26 anni fino alle età anziane, invece, gli emigrati iniziano a essere costantemente più numerosi delle emigrate: dai 75 anni in poi le due distribuzioni tornano a sovrapporsi.
L’età media degli emigrati è di 33 anni per gli uomini e 30 per le donne. Un emigrato su cinque ha meno di 20 anni, due su tre hanno un’età compresa tra i 20 e i 49 anni mentre la quota di ultracinquantenni è pari al 13%.
Considerando il livello di istruzione posseduto al momento della partenza, nel 2018 più della metà dei cittadini italiani che si sono trasferiti all’estero (53%) è in possesso di un titolo di studio medio-alto: si tratta di circa 33mila diplomati e 29mila laureati. Rispetto all’anno precedente le numerosità dei diplomati e laureati emigrati sono in aumento (rispettivamente +1% e +6%). L’incremento è molto più consistente se si amplia lo spettro temporale: rispetto a cinque anni prima gli emigrati con titolo di studio medio-alto crescono del 45%.
Quasi tre cittadini italiani su quattro trasferitisi all’estero hanno 25 anni o più: sono poco più di 84mila (72% del totale degli espatriati); di essi 27mila (32%) sono in possesso di almeno la laurea. In questa fascia d’età si riscontra una lieve differenza di genere: nel 2018 le italiane emigrate sono circa il 42% e di esse oltre il 35% è in possesso di almeno la laurea, mentre, tra gli italiani che espatriano (58%), la quota di laureati è pari al 30%. Rispetto al 2009, l’aumento degli espatri di laureati è più evidente tra le donne (+10 punti percentuali) che tra gli uomini (+7%), Tale incremento risente in parte dell’aumento contestuale dell’incidenza di donne laureate nella popolazione (dal 5,3% del 2008 al 7,5% del 2018).
L’altra faccia della medaglia è costituita dai rimpatri: nel 2018, considerando il rientro degli italiani di 25 anni e più con almeno la laurea (13mila), la perdita netta (differenza tra rimpatri ed espatri) di
popolazione “qualificata” è di 14mila unità. Tale perdita riferita agli ultimi dieci anni ammonta complessivamente a poco meno di 101mila unità.
La ripresa delle emigrazioni di cittadini italiani è da attribuire in parte alle difficoltà del nostro mercato del lavoro, soprattutto per i giovani e le donne e, presumibilmente, anche al mutato atteggiamento nei confronti del vivere in un altro Paese – proprio delle generazioni nate e cresciute in epoca di globalizzazione – che induce i giovani più qualificati a investire con maggior facilità il proprio talento nei Paesi esteri in cui sono maggiori le opportunità di carriera e di retribuzione.
I programmi specifici di defiscalizzazione, messi in atto dai governi per favorire il rientro in patria delle figure professionali più qualificate, non si rivelano quindi del tutto sufficienti a trattenere le giovani risorse che costituiscono parte del capitale umano indispensabile alla crescita del Paese.
REPORT_migrazioni_2018
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