Siamo tutti sardine?



Giorgio Merlo    13 Dicembre 2019       2

Stando a ciò che raccontano i cosiddetti “giornaloni”, ormai siamo quasi tutti sardine. Migliaia di persone in piazza – il che non può che essere salutato positivamente – a cantare “Bella ciao” o “Bandiera Rossa”; giovani e meno giovani che lanciano strali contro la destra, il centro destra, Salvini, la Lega e la Meloni; voglia di tacitare l’attuale opposizione politica e parlamentare; e, soprattutto, almeno stando alle dichiarazioni ufficiali, la voglia di ripristinare un linguaggio rispettoso, chiaro, coerente e profondamente democratico. Sottolineo stando alle dichiarazioni ufficiali perché, anche da queste parti, non mancano i segnali tipici di questa stagione politica della demonizzazione delle persone, degli attacchi personali e della delegittimazione morale e politica dell’avversario se non del nemico dichiarato.

Ora, al di là di tutto ciò che sappiamo a prescindere dalle dichiarazioni ufficiali – e cioè che si tratta, e del tutto legittimamente, di una piazza itinerante di sinistra anche se, curiosamente e misteriosamente, moltissimi lo smentiscono – e’ indubbio che su almeno tre elementi possiamo convenire.

Innanzitutto dobbiamo prendere atto che la politica italiana e’ sempre più liquida. Appena 3 mesi un autorevole esponente della politica italiana come Romano Prodi esaltava il Premier Conte per le sue capacità politiche e di governo, poi l’accordo strategico tra il Pd e il partito di Grillo e Casaleggio e oggi già si spertica le mani per il movimento delle sardine. Il tutto nell’arco di 90 giorni. Ecco, se un autorevole statista come Prodi – che appartiene di diritto alla vecchia politica – esprime questi giudizi, oggettivamente molto diversi tra di loro, vuol dire la politica liquida ha ormai contagiato l’intera società italiana. Purtroppo quasi nessuno escluso.

In secondo luogo, e questo va pur sottolineato anche se tutto è prematuro e rapido, il movimento delle sardine – che è e resta un movimento di sinistra come tutti i sondaggisti confermano – e’ destinato, forse, a cambiare in profondità l’offerta politica di questo campo della politica italiana. Dico questo campo perché, come è persin facile dedurre senza scomodare vari sondaggisti, questo protagonismo politico può essere un elemento potente per rinnovare il campo del centro sinistra nel nostro paese. Ovvero, con una nuova offerta politica, un nuovo linguaggio politico e anche con una nuova soggettualita’ politica e culturale.

In ultimo, se si vuole cercare di attenuare – perché di più non si può fare, purtroppo – la liquidità della politica italiana, ormai sempre più palese e dilagante, diventa urgente, anche per il movimento delle sardine, passare rapidamente dalla protesta bella e simpatica delle piazze alla proposta politica ed organizzata. E questo perché si corre veramente il rischio che una bella pagina democratica e di libera e disinteressata partecipazione, si trasformi altrettanto rapidamente in una delle tante mode passeggere del passato che abbiamo conosciuto, sperimentato e anche apprezzato – a volte – e che poi si sono prontamente eclissate nel momento in cui si doveva passare dalla protesta alla proposta. E le sardine non possono aggirare questo nodo. Per questo occorre sempre essere cauti a sposare a prescindere o a cavalcare, altrettanto a prescindere, la piazza. Un supplemento di riflessione, e di prudenza, a volte non guasta. Anche quando si parla delle simpatiche sardine.


2 Commenti

  1. A me pare di avere capito,ma forse mi sbaglio, che le sardine non abbiano nessuna intenzione di fare politica direttamente. Loro chiedono alla “politica” uno scatto in avanti di serietà, competenza e dignità. Insomma che i politici si occupino della polis, ovvero del bene comune e magari dei più deboli. Chiedono che i politici facciano il mestiere per cui sono stati eletti e per il quale vengono retribuiti.

  2. Concordo in larga misura con quanto scrive Giorgio Merlo. Tra l’altro, giustamente evidenzia che, nel movimento delle sardine, non mancano i segnali tipici di questa stagione politica della demonizzazione delle persone, degli attacchi personali e della delegittimazione morale e politica dell’avversario, se non del nemico dichiarato. Aggiungo che, sempre, il caratterizzarsi di qualunque soggetto politico come “anti” o come “contro” non lo porta da nessuna parte, ma ne maschera soltanto il vuoto di idee e di progetti. Inoltre, il clima di contrapposizione e di odio (oggi, denunciato strumentalmente da molte parti) non è un fenomeno esclusivo dell’attuale momento politico, ma viene da lontano percorrendo molta parte della storia del nostro paese. Ne ha scritto Galli della Loggia in “La morte della Patria”, polemizzando con quella visione delle vicende e della storia della penisola interpretate come il perenne conflitto tra due Italie: da un lato, un’Italia oligarchico-plebea, parassitaria, lazzarona, cattolico-controriformista, e via enumerando secondo una sequela di tratti negativi di volta in volta aggiornati in base alle necessità ideologico-politiche del momento; dall’altro lato, invece, un’Italia per antonomasia civile, colta, illuministico-protestante, democratica, e così via con le dovute variazioni sul tema. Il libro risale ad alcuni decenni fa, ma da allora nulla è cambiato in materia. Una simile visione dicotomica della realtà e della storia d’Italia, fondata sulla asserita presenza sul territorio di due popoli, antropologicamente e culturalmente opposti, nemici acerrimi tra loro, è, per se stessa, incompatibile con qualsivoglia cultura politica ispirata al concetto di nazione, o di paese, o di bene comune.

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