Torino ha bisogno di fare



Intervista ad Andrea Rolando    25 Novembre 2019       0

Pubblichiamo l'intervista che Francesco Antonioli ha fatto per “Repubblica” all'urbanista Andrea Rolando, con amare considerazioni sulla mancanza di progettualità che da anni contraddistingue la realtà torinese.

Andrea Rolando classe 1963, biellese di nascita, torinese per studi e per scelta, è docente ordinario al Politecnico di Milano. Insegna Analisi della città e del territorio e lavora al Dipartimento di architettura e studi urbani. Continua, ostinatamente, a "pendolare" con il capoluogo lombardo. Ha curato nel 2014 "Torino. Verso la strategia territoriale metropolitana". "Considerando gli ultimi anni di vuoto è ancora abbastanza aggiornato...", dice allargando le braccia. Era tra i partecipanti alla presentazione del ventesimo Rapporto Rota alla Nuvola della Lavazza. E scalpitava.

Professor Rolando, il futuro di Torino è rinviato?
"Io amo da matti questa città, pensavo ci fosse più polemica positiva alla Nuvola Lavazza. Mi è parso comunque di avvertire un clima nuovo, più positivo. Io m'inalbero su questi temi. Confronto le Università, penso alla nuova Bocconi progettata dalle archistar Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa e quasi finita. Guardo i parchi urbani sulle ferrovie, Porta Nuova e City Life, Linate e la linea 4 della metropolitana..."

Va bene, sappiamo che con Milano il confronto è impietoso...
"Sì, però, è buon esercizio anche indignarsi un po'. Il concorso per la biblioteca al Valentino? Fermo. Il grattacielo della Regione e la cittadella della salute? Andamento lento. Le tre fermate del metrò verso piazza Bengasi? Ferme. La manifattura tabacchi? Ferma. Il Palazzo del lavoro? Bruciato. La Cavallerizza? Vabbè, mi viene il magone...".

C'è una congiuntura avversa e non tutto dipende dalla classe dirigente locale.
"Non tutto, d'accordo. Torino è in una fase difficile. Serve un forte scatto d'orgoglio".

Un punto di partenza?
"Perché, mi domando, il sistema non riesce a vedersi in una dimensione metropolitana? Capisco che sia complesso, ma ci sono il Canavese, le Alpi, il Pinerolese... Enormi potenzialità per presentarsi area con numeri forti. Ci proviamo una buona volta?".

Sono anni che lo si ripete. Una battaglia persa?
"Milano si è presa il ruolo che le spetta, senza timori. Ragiona in chiave di territorio esteso, fa massa critica. Torino è inchiodata dalla paura che Milano le porti via qualche pezzo. Emblematica la vicenda Olimpiadi 2026... Invece è la sinergia la chiave per un futuro senza il freno tirato".

Il Mi-To si è rivelato un po' fallimentare. O no?
"Non si è mai innestato in modo virtuoso. C'è un report immobiliare dell'Urban Land Institute del 2018, di cui si è parlato pochissimo, e al quale ho anche collaborato, che invece ne sottolinea le opportunità. Fa capire molto bene il valore aggiunto che deriverebbe da una alleanza strategica tra i due poli".

Lei si è occupato di "strategia spaziale" per Torino. Che significa?
"Abbiamo individuato tre possibili grandi aree direttrici di sviluppo: Grugliasco, Settimo e poi Moncalieri e la collina. Si tratta di possibilità ancora aperte su cui puntare. Con una visione. Avevamo immaginato delle similitudini tra Rho e Settimo. Ma per attuare una competizione cooperativa bisogna accettare ciò che Milano è. Questo è il punto.
Caselle non è Malpensa: per questo bisogna orientarsi a collegarci al meglio con gli aeroporti milanesi".

Torino ha eccellenze ancora inespresse?
"La qualità del paesaggio, per esempio: non è fruttata per nulla. Ci sono gli assi di quattro fiumi – Po, Stura, Dora e Sangone – che andrebbero giocati con coraggio, un po' come Milano quando ha affrontato il dossier dei Navigli. Con l'ex vicesindaco Montanari, avevo avuto modo di ragionare sull'utilizzo del Motovelodromo per il progetto Vento, la ciclabile da Venezia a Torino. Si poteva studiare un hub per le due ruote, immaginare in grande... Ne è uscito poi un bando imbarazzante".

L'economia non può pensare di riscattare il terreno perduto con il turismo...
"Certo. Però i decisori pubblici debbono anche sapersi fare accompagnare da chi ha idee. Ho apprezzato molto l'industriale Marco Lavazza quando alla presentazione del Rapporto Rota ha detto alla sindaca Chiara Appendino: 'Lasciatevi consigliare da chi investe e magari ha buone idee'. Solo così si può guardare insieme più lontano. La crisi morde, ma approfittiamone almeno per pensare e mettere in campo insieme delle strategie, come fece Amsterdam negli anni Trenta".

Troppi progetti strategici creano inflazione...
"Allora si razionalizzino, si semplifichino. Come per le leggi. Pochi strumenti, ma efficaci e coraggiosi. Torino ne ha assolutamente bisogno".


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