Proponiamo un’intervista di Fabio Cucculelli a Leonardo Becchetti, direttore del comitato scientifico di Benecomune.net e professore ordinario di Economia Politica della Facoltà di Economia dell’Università di Roma “Tor Vergata”. È inoltre Presidente del comitato scientifico di Next (Nuova Economia per Tutti) e membro del Comitato preparatorio delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani. Un passaggio: “Manca nel paese un pensiero forte con radici profonde nella ricchezza della nostra storia che ci porti fuori dalla crisi. Il manifesto di Politica Insieme e altri gruppi è un copione o uno spartito in cerca di autore. C’è scritta sopra la musica di cui ha bisogno il paese per ripartire”.
Iniziamo richiamando una frase tratta dal volume di Don Luigi Sturzo “Il Partito Popolare Italiano (1919-1922) dove il prete siciliano chiarisce il senso della sua scelta: “E’ superfluo dire perché non ci siamo chiamati partito cattolico: i due termini sono antitetici; il cattolicesimo è religione, è universalità; il partito è politica, è divisione. Fin dall’inizio abbiamo escluso che la nostra insegna politica fosse la religione ed abbiamo voluto chiaramente metterci sul terreno specifico di un partito, che ha per oggetto diretto la via pubblica” (p. 76). Avete sostenuto come la vostra scelta si ispira agli ideali sturziani sia nel merito che nel metodo. Ci può spiegare perché?
Manca nel paese un pensiero forte con radici profonde nella ricchezza della nostra storia che ci porti fuori dalla crisi. Il manifesto di politica Insieme è un copione o uno spartito in cerca di autore. C’è scritta sopra la musica di cui ha bisogno il paese per ripartire. Radici antiche e ricette nuove che fanno proprie le acquisizioni di frontiera delle scienze sociali: generatività, ricchezza di senso e soddisfazione di vita sono gli obiettivi chiave che si declinano poi in politiche e scelte in tutti i settori.
Chi lo interpreterà?
La competizione è aperta e l’esito tutt’altro che determinato. Se non lo faranno le forze politiche esistenti allora ben venga la nascita di qualcosa di nuovo. Che potrebbe avere gli ingredienti della visione sturziana che faceva appello alle radici cristiane mettendo assieme valori e sociale, non pretendendo di avere il monopolio dei voti cattolici e facendo appello agli uomini liberi e forti, al di là del loro credo o confessione. Nulla a che vedere come è chiaro con il partito unico dei cattolici paventato da alcuni.
Dopo aver dominato la scena per molti anni la presenza dei cattolici rappresenta una minoranza che può essere creativa e vitale, evitando di cadere nell’irrilevanza. Cosa serve alla politica italiana per tornare ad appassionare i cittadini? Quale contributo possono portare i credenti?
La domanda è posta nel modo corretto. Ai fini del bene comune e del bene del paese ciò che conta non è che fine fanno i cattolici in politica ma se l’ispirazione che scaturisce dalla visione sturziana e popolare può dare oggi un contributo al paese, affascinando credenti e non credenti.
Bisogna rendere i cittadini consapevoli che viviamo in una società ineguale e piena di squilibri sociali ma anche arida e povera di significati, dove la politica rischia di ridursi a rissa condominiale. Intanto viviamo il problema di un profondo disagio sociale con l’arretramento delle condizioni dei ceti più deboli e, in parallelo, anche quello dell’insostenibilità umana con intere fasce di popolazione che perdono le coordinate minime di senso dell’esistenza. Il più bell’articolo “politico” recente è stato a mio avviso quello di Susanna Tamaro sul “Corriere della Sera” a commento delle morti del sabato sera. Dove si è parlato della crisi di senso dei giovani in una società che crea ansie e incertezze sul loro futuro lavorativo mentre li vuole consumatori compulsivi, li rende schiavi dello sballo cancellando il senso vero della festa che era celebrazione dei momenti chiave dell’esistenza. Nel frattempo negli Stati Uniti, basso reddito, bassa istruzione, ossessione per la corsa allo status sociale e povertà di relazioni hanno creato la tempesta perfetta dell’epidemia di morti per disperazione (suicidi, overdose di oppioidi, morti per alcolismo) invertendo per la prima volta il tasso di mortalità dei bianchi non ispanici che non scende (come in tutto il resto del mondo) ma sale. La società italiana ha ancora un po’ di anticorpi per evitare di evitare la trappola dell’insostenibilità umana (se ci preoccupiamo della manutenzione dei luoghi fisici dove si costruiscono relazioni come famiglia, reti sociali, territori) ma ancora per poco e la politica oggi deve avere un duplice obiettivo. Curare le piaghe sociali e creare le condizioni per la generatività e la ricchezza di senso per tutti i cittadini. Non dobbiamo avere paura di dire che l’obiettivo deve essere alto, quella della felicità e della fioritura della vita.
In una recente intervista il professor Zamagni, che con Lei condivide questa avventura e molte altre, parla di “Politica Insieme”, associazione di formazione sociale nata un anno e mezzo fa a Roma con la partecipazione di persone da ogni parte d’Italia. Dopo una lunga preparazione ha pubblicato il manifesto di cui parliamo, che auspica la nascita di una forza politica che si qualifichi di centro e si ispiri a principi e valori della civiltà cristiana. Ci può spiegare la genesi di questa esperienza e la scelta del Manifesto. Chi ha aderito? Su quali contenuti e proposte si punta?
Hanno aderito molte persone di diverse estrazioni che si riconoscono in quella visione e che operano da anni sui territori. Quanto a noi professori, il nostro compito fuori dall’accademia (la cosiddetta “terza missione”) è quello di animare la vita sociale a 360 gradi. Dunque noi non entriamo direttamente in compagini politiche ma contribuiamo a costruire con le nostre conoscenze e le nostre esperienze uno spartito di qualità. Siamo civil servant a disposizione del Paese. Le vie della politica sono infinite e non sappiamo alla fine chi lo suonerà. L’importante è che ciò avvenga. Da questo punto di vista la competizione tra partiti è importante. Lo stimolo di nuovi contenuti è a mio avviso essenziale in questo momento storico. Non è il momento di restare allineati e coperti dietro una coalizione che sta governando ragionevolmente (e non ci voleva molto rispetto al disastro e ai rischi dei 14 mesi precedenti che purtroppo chi ha memoria corta dimentica) ma non sta vincendo la battaglia del consenso contro i rischi di derive populiste e sovraniste (non dimentichiamo i rischi di crisi finanziaria, la cultura d’odio e la manipolazione dei social). E’ il momento di stimolare al massimo l’intelligenza collettiva, un confronto tra le idee evitando la lettura riduttiva dell’attacco o del tradimento di A verso B. Se leggiamo la competizione delle idee politiche in questo modo non facciamo un servizio al paese e lo paralizziamo. Il Manifesto è un servizio al paese, ce lo chiedono implicitamente e talvolta esplicitamente, gli stessi politici impegnati oggi al fronte nel governo
Si è parlato del naturale sviluppo di questo manifesto verso la nascita di un partito di ispirazione cristiana con riferimento alle prossime elezioni regionali? Mi conferma questa ipotesi?
Per ora c’è il manifesto e un movimento e non possiamo ipotecare il futuro. Quello che è certo è che nel paese c’è una società civile forte che ha sperimentato buone pratiche sul campo. Ma si è anche un po’ stufata dello scarto tra la pre-politica che sperimenta e costruisce e il livello del dibattito politico fondato sulle paure degli italiani e sull’assenza di un fuoco ispiratore e di idee coraggiose. Di qui nasce l’esigenza di incidere anche sulla politica. Se una nuova forza nascerà è evidente che come ogni forza nascente si sperimenterà prima in elezioni locali. Ma questo lo decideranno gli amici di Insieme. Noi abbiamo svolto un ruolo di servizio costruendo uno spartito di cui pensiamo il paese abbia bisogno.
Ilvo Diamanti in un recente articolo dal titolo “Nell’Italia digitale il Centro scompare non solo in Parlamento osserva “oggi il Centro si sta restringendo e, anzi è quasi scomparso, soprattutto sul piano geo-politico” e sottolinea come l’area politica che era nelle mani della DC ormai valga il 10% e come le regioni rosse stiano ormai cambiando colore? Si dice che Insieme punti all’elettorato del Centro… come valuta questa analisi? A quale potenziale elettorato punterebbe?
Ogni indagine di opinione ottiene risultati che fanno riferimento alle forze esistenti in campo al momento. La nuova visione della società che sta emergendo come frontiera delle scienze sociali mette insieme persona, valori e sociale. Cerca soluzioni che rendano la vita felice, generativa e ricca di senso. La sussidiarietà circolare, le imprese benefit, le cooperative di comunità, i progetti di lavoro in carcere che riducono la recidiva, i meccanismi di gestione partecipata dei beni comuni, il budget di salute sono di centro, la finanza sostenibile, le 500 buone pratiche censite nel Paese sono di destra o di sinistra ? Parlare di sinistra, centro e destra è un linguaggio povero che si rifugia nella scelta di una squadra nella quale militare senza analizzare i problemi e le loro soluzioni migliori indipendentemente dalle ideologie.
La sintesi più bella politica che conosco è quella dell’articolo 3 della Costituzione che è una bellissima sintesi di bene comune, liberazione da lacci e lacciuoli per l’iniziativa privata e pari opportunità. Una visione generativa della società che va oltre i cliché della destra, del centro e della sinistra.
Se dovessi ridare un titolo a quel Manifesto lo chiamerei, riprendendo le parole di Mauro Magatti, “Generativi di tutto il Paese unitevi”… Se la felicità è generatività, collegare tra loro i generativi è felicità al quadrato e può salvare il Paese.
(Tratto da www.benecomune.net)
Iniziamo richiamando una frase tratta dal volume di Don Luigi Sturzo “Il Partito Popolare Italiano (1919-1922) dove il prete siciliano chiarisce il senso della sua scelta: “E’ superfluo dire perché non ci siamo chiamati partito cattolico: i due termini sono antitetici; il cattolicesimo è religione, è universalità; il partito è politica, è divisione. Fin dall’inizio abbiamo escluso che la nostra insegna politica fosse la religione ed abbiamo voluto chiaramente metterci sul terreno specifico di un partito, che ha per oggetto diretto la via pubblica” (p. 76). Avete sostenuto come la vostra scelta si ispira agli ideali sturziani sia nel merito che nel metodo. Ci può spiegare perché?
Manca nel paese un pensiero forte con radici profonde nella ricchezza della nostra storia che ci porti fuori dalla crisi. Il manifesto di politica Insieme è un copione o uno spartito in cerca di autore. C’è scritta sopra la musica di cui ha bisogno il paese per ripartire. Radici antiche e ricette nuove che fanno proprie le acquisizioni di frontiera delle scienze sociali: generatività, ricchezza di senso e soddisfazione di vita sono gli obiettivi chiave che si declinano poi in politiche e scelte in tutti i settori.
Chi lo interpreterà?
La competizione è aperta e l’esito tutt’altro che determinato. Se non lo faranno le forze politiche esistenti allora ben venga la nascita di qualcosa di nuovo. Che potrebbe avere gli ingredienti della visione sturziana che faceva appello alle radici cristiane mettendo assieme valori e sociale, non pretendendo di avere il monopolio dei voti cattolici e facendo appello agli uomini liberi e forti, al di là del loro credo o confessione. Nulla a che vedere come è chiaro con il partito unico dei cattolici paventato da alcuni.
Dopo aver dominato la scena per molti anni la presenza dei cattolici rappresenta una minoranza che può essere creativa e vitale, evitando di cadere nell’irrilevanza. Cosa serve alla politica italiana per tornare ad appassionare i cittadini? Quale contributo possono portare i credenti?
La domanda è posta nel modo corretto. Ai fini del bene comune e del bene del paese ciò che conta non è che fine fanno i cattolici in politica ma se l’ispirazione che scaturisce dalla visione sturziana e popolare può dare oggi un contributo al paese, affascinando credenti e non credenti.
Bisogna rendere i cittadini consapevoli che viviamo in una società ineguale e piena di squilibri sociali ma anche arida e povera di significati, dove la politica rischia di ridursi a rissa condominiale. Intanto viviamo il problema di un profondo disagio sociale con l’arretramento delle condizioni dei ceti più deboli e, in parallelo, anche quello dell’insostenibilità umana con intere fasce di popolazione che perdono le coordinate minime di senso dell’esistenza. Il più bell’articolo “politico” recente è stato a mio avviso quello di Susanna Tamaro sul “Corriere della Sera” a commento delle morti del sabato sera. Dove si è parlato della crisi di senso dei giovani in una società che crea ansie e incertezze sul loro futuro lavorativo mentre li vuole consumatori compulsivi, li rende schiavi dello sballo cancellando il senso vero della festa che era celebrazione dei momenti chiave dell’esistenza. Nel frattempo negli Stati Uniti, basso reddito, bassa istruzione, ossessione per la corsa allo status sociale e povertà di relazioni hanno creato la tempesta perfetta dell’epidemia di morti per disperazione (suicidi, overdose di oppioidi, morti per alcolismo) invertendo per la prima volta il tasso di mortalità dei bianchi non ispanici che non scende (come in tutto il resto del mondo) ma sale. La società italiana ha ancora un po’ di anticorpi per evitare di evitare la trappola dell’insostenibilità umana (se ci preoccupiamo della manutenzione dei luoghi fisici dove si costruiscono relazioni come famiglia, reti sociali, territori) ma ancora per poco e la politica oggi deve avere un duplice obiettivo. Curare le piaghe sociali e creare le condizioni per la generatività e la ricchezza di senso per tutti i cittadini. Non dobbiamo avere paura di dire che l’obiettivo deve essere alto, quella della felicità e della fioritura della vita.
In una recente intervista il professor Zamagni, che con Lei condivide questa avventura e molte altre, parla di “Politica Insieme”, associazione di formazione sociale nata un anno e mezzo fa a Roma con la partecipazione di persone da ogni parte d’Italia. Dopo una lunga preparazione ha pubblicato il manifesto di cui parliamo, che auspica la nascita di una forza politica che si qualifichi di centro e si ispiri a principi e valori della civiltà cristiana. Ci può spiegare la genesi di questa esperienza e la scelta del Manifesto. Chi ha aderito? Su quali contenuti e proposte si punta?
Hanno aderito molte persone di diverse estrazioni che si riconoscono in quella visione e che operano da anni sui territori. Quanto a noi professori, il nostro compito fuori dall’accademia (la cosiddetta “terza missione”) è quello di animare la vita sociale a 360 gradi. Dunque noi non entriamo direttamente in compagini politiche ma contribuiamo a costruire con le nostre conoscenze e le nostre esperienze uno spartito di qualità. Siamo civil servant a disposizione del Paese. Le vie della politica sono infinite e non sappiamo alla fine chi lo suonerà. L’importante è che ciò avvenga. Da questo punto di vista la competizione tra partiti è importante. Lo stimolo di nuovi contenuti è a mio avviso essenziale in questo momento storico. Non è il momento di restare allineati e coperti dietro una coalizione che sta governando ragionevolmente (e non ci voleva molto rispetto al disastro e ai rischi dei 14 mesi precedenti che purtroppo chi ha memoria corta dimentica) ma non sta vincendo la battaglia del consenso contro i rischi di derive populiste e sovraniste (non dimentichiamo i rischi di crisi finanziaria, la cultura d’odio e la manipolazione dei social). E’ il momento di stimolare al massimo l’intelligenza collettiva, un confronto tra le idee evitando la lettura riduttiva dell’attacco o del tradimento di A verso B. Se leggiamo la competizione delle idee politiche in questo modo non facciamo un servizio al paese e lo paralizziamo. Il Manifesto è un servizio al paese, ce lo chiedono implicitamente e talvolta esplicitamente, gli stessi politici impegnati oggi al fronte nel governo
Si è parlato del naturale sviluppo di questo manifesto verso la nascita di un partito di ispirazione cristiana con riferimento alle prossime elezioni regionali? Mi conferma questa ipotesi?
Per ora c’è il manifesto e un movimento e non possiamo ipotecare il futuro. Quello che è certo è che nel paese c’è una società civile forte che ha sperimentato buone pratiche sul campo. Ma si è anche un po’ stufata dello scarto tra la pre-politica che sperimenta e costruisce e il livello del dibattito politico fondato sulle paure degli italiani e sull’assenza di un fuoco ispiratore e di idee coraggiose. Di qui nasce l’esigenza di incidere anche sulla politica. Se una nuova forza nascerà è evidente che come ogni forza nascente si sperimenterà prima in elezioni locali. Ma questo lo decideranno gli amici di Insieme. Noi abbiamo svolto un ruolo di servizio costruendo uno spartito di cui pensiamo il paese abbia bisogno.
Ilvo Diamanti in un recente articolo dal titolo “Nell’Italia digitale il Centro scompare non solo in Parlamento osserva “oggi il Centro si sta restringendo e, anzi è quasi scomparso, soprattutto sul piano geo-politico” e sottolinea come l’area politica che era nelle mani della DC ormai valga il 10% e come le regioni rosse stiano ormai cambiando colore? Si dice che Insieme punti all’elettorato del Centro… come valuta questa analisi? A quale potenziale elettorato punterebbe?
Ogni indagine di opinione ottiene risultati che fanno riferimento alle forze esistenti in campo al momento. La nuova visione della società che sta emergendo come frontiera delle scienze sociali mette insieme persona, valori e sociale. Cerca soluzioni che rendano la vita felice, generativa e ricca di senso. La sussidiarietà circolare, le imprese benefit, le cooperative di comunità, i progetti di lavoro in carcere che riducono la recidiva, i meccanismi di gestione partecipata dei beni comuni, il budget di salute sono di centro, la finanza sostenibile, le 500 buone pratiche censite nel Paese sono di destra o di sinistra ? Parlare di sinistra, centro e destra è un linguaggio povero che si rifugia nella scelta di una squadra nella quale militare senza analizzare i problemi e le loro soluzioni migliori indipendentemente dalle ideologie.
La sintesi più bella politica che conosco è quella dell’articolo 3 della Costituzione che è una bellissima sintesi di bene comune, liberazione da lacci e lacciuoli per l’iniziativa privata e pari opportunità. Una visione generativa della società che va oltre i cliché della destra, del centro e della sinistra.
Se dovessi ridare un titolo a quel Manifesto lo chiamerei, riprendendo le parole di Mauro Magatti, “Generativi di tutto il Paese unitevi”… Se la felicità è generatività, collegare tra loro i generativi è felicità al quadrato e può salvare il Paese.
(Tratto da www.benecomune.net)
Intervista interessante e stimolante. Finalmente un intellettuale che fa il suo mestiere. Non indica un obiettivo cattopolitico o peggio una tattica partitica centrista, ma un metodo culturale e pre-politico, che condivido: creare le premesse culturali (stimoli, linguaggio, principi, eventuali obiettivi) e profetiche (prefigurare le società italiana ed europea futura) per coinvolgere i giovani e stimolare i “diversamente giovani” sin’ora astensionisti ed in generale le persone, credenti e non credenti, ma di “buona volontà”, in un percorso che evidenzi sia i limiti e la crisi, soprattutto esistenziale, dell’attuale classe politico-mediatica “radical-sessassottina” sia le potenzialità di un Italia che, stando fuori (si pensi ai numerosi giovani “fuorusciti” negli ultimi 10 anni), ha visto altre esperienze di gestione della cosa pubblica (vedi lo scandalo del Mose) efficaci, efficienti e volte al bene comune.
“Manca nel paese un pensiero forte con radici profonde nella ricchezza della nostra storia che ci porti fuori dalla crisi”. Credo che Leonardo Becchetti alluda, con queste parole, alla storia del popolarismo sturziano e del cattolicesimo democratico, ma è difficile che si possa conservare una memoria storica particolare quando, da anni, è la storia, nel suo complesso, ad essere sempre più messa da parte sui banchi di scuola (a cominciare dalle elementari e dalla media) dove dovrebbe essere coltivata e promossa. Secondo le direttive del MIUR, il numero di ore ad essa dedicate è sempre più ridotto ed i contenuti sono sempre più stravolti rispetto a quando la storia era uno dei pilastri della cultura umanistica, fondamento della nostra civiltà. Contenuti lontani dalla “nostra storia”, quella italiana ed europea, (per dare spazio alle vicende del resto del mondo, messe sullo stesso piano di quanto attiene al nostro paese e continente), e caratterizzati dal rifiuto del racconto storico in quanto tale, necessariamente ancorato a fatti, vicende, luoghi, personalità e date che ne costituiscono l’impalcatura; il tutto respinto perché sarebbe nozionistico e sostituito da un bla-bla intriso di sociologia, antropologia, economia, riferimenti politico-istituzionali, metodologie di ricerca storica, etc., incomprensibili per bambini e ragazzi. E nella media superiore, le cose non vanno meglio. Se non sappiamo più da dove veniamo, non possiamo sapere chi siamo, che identità e quali radici abbiamo. Ma rispondere a questa esigenza è ritenuto politicamente scorretto, una manifestazione di nazionalismo, quando non di razzismo, per tutti coloro che vogliono un mondo privo di confini, senza nazioni, senza culture definite e non omologate, inadatte o restie a piegarsi a quanto esige la società globale.