Si chiedono Dario Antiseri e Flavio Felice: “… è ormai tempo di prendere il coraggio a quattro mai e abbracciare con forza l’impegno di costituire un Partito di laici cattolici, fondato sull’idea della dignità della persona, alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa?”.
E della Carta Costituzionale, ci sembra necessario e doveroso aggiungere, anche in considerazione del contributo essenziale che i cattolici hanno offerto alla sua definizione.
La risposta è senz’altro positiva purché siano chiari i termini della questione ed il carattere nuovo dell’impresa che, attestandosi su un ceppo antico, sappia guardare a un soggetto politico, a un partito cioè, diretto a mettere in campo una classe politica di giovani, senza concedere nulla al revanscismo di esponenti politici già sperimentati tra prima e seconda Repubblica.
Una forza che sia competente e finalmente autonoma, libera e autentica, non subalterna ai canoni o della destra o della sinistra, capace di riproporre all’attenzione del sistema politico il concetto e la prassi degasperiano della “coalizione”.
Purché sia chiaro che la questione riguarda i laici. Cattolici, se hanno ricevuto il dono della fede che non è né un vanto da esibire e tanto meno garanzia di una qualche presunta superiorità di valore umano o morale o civile.
Oppure, uomini di buona volontà che, pur non avendo ricevuto il dono della fede, colgono sinceramente nella visione cristiana dell’uomo, della vita e della storia un giacimento di valori che merita di essere esplorato, alla ricerca di una fondazione stabile e sicura di quella ricchezza umana e civile che vi intravedono e li appassiona e li seduce, né più né meno di quanto succede ai credenti.
Purché sia chiaro – senza indulgere a filosofemi astratti che la politica mal sopporta, ma pur chiarendo il significato effettivo e non equivoco che attribuiamo a termini fondativi di una tale prospettiva d’azione – cosa intendiamo, ad esempio, per “persona” e per “dignità” della persona.
Si fa presto a dire “dignità della persona”. Lo dicono tutti, ma cosa intendiamo veramente? “Persona” intesa come quel singolo individuo, unico e irripetibile, che, ontologicamente fondato, esprime la sua originaria e costitutiva vocazione a porsi come “soggetto di relazioni”. Cosicché, muovendo da una identità inalienabile, cresce e si sviluppa, come opera perennemente incompiuta, secondo il sentimento inoppugnabile di quella dimensione trascendente che, lo sappia o meno, lo abita nella sua interiorità più profonda.
“Dignità” della persona intesa come riconoscimento del valore sacro e incontrovertibile di tutto ciò che è semplicemente e autenticamente “umano”, come lo sono l’embrione e il morente. Intesa nel senso in cui, ad esempio, al disabile gravissimo riconosciamo una dignità eccelsa, in un certo senso più evidente nella nudità delle sue attribuzioni funzionali. Eppure, è del tutto privato di quelle attitudini prestazionali secondo cui – assumendo i criteri economici e produttivi del mercato, i profili del prestigio sociale o piuttosto i canoni estetici oggi in voga – misuriamo il valore delle persone.
Purché sia chiaro che va riconosciuto il pluralismo delle opzioni politiche dei credenti, cosicché non si debba pensare a un proselitismo ossessivo orientato a una “unità” politica dei cattolici che, in termini di principio, non è mai esistita, neppure nei momenti della sua maggiore evidenza storica.
Purché sia chiaro che, consapevoli di essere una “minoranza attiva”, non pensiamo a “operazioni di potere”, ma piuttosto a un “compito di verità”.
In questa fase non si tratta di commisurare la bontà dell’iniziativa ad attesi o presunti successi in termini di immediato consenso, bensì di introdurre in un discorso pubblico “slabbrato” almeno qualcuno di quegli “atomi di verità” cui Aldo Moro non intendeva rinunciare per nessun motivo.
Augurandoci che in una società che è sì liquida – ma pur sempre densa, perfino stipata da mille relazioni che si intrecciano in ogni direzione – possano agire come quel pur minimale apporto in più che, aggiunto ad una soluzione satura, induce un processo di cristallizzazione che le conferisce una configurazione strutturata e stabile.
Se almeno queste – come pare, almeno secondo il percorso che “Politica Insieme” va sviluppando da tempo con il concorso prezioso di amici a loro volta in campo con altre insegne – sono condizioni accertate e condivise, si può osare imbarcarsi e avviare la navigazione.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
E della Carta Costituzionale, ci sembra necessario e doveroso aggiungere, anche in considerazione del contributo essenziale che i cattolici hanno offerto alla sua definizione.
La risposta è senz’altro positiva purché siano chiari i termini della questione ed il carattere nuovo dell’impresa che, attestandosi su un ceppo antico, sappia guardare a un soggetto politico, a un partito cioè, diretto a mettere in campo una classe politica di giovani, senza concedere nulla al revanscismo di esponenti politici già sperimentati tra prima e seconda Repubblica.
Una forza che sia competente e finalmente autonoma, libera e autentica, non subalterna ai canoni o della destra o della sinistra, capace di riproporre all’attenzione del sistema politico il concetto e la prassi degasperiano della “coalizione”.
Purché sia chiaro che la questione riguarda i laici. Cattolici, se hanno ricevuto il dono della fede che non è né un vanto da esibire e tanto meno garanzia di una qualche presunta superiorità di valore umano o morale o civile.
Oppure, uomini di buona volontà che, pur non avendo ricevuto il dono della fede, colgono sinceramente nella visione cristiana dell’uomo, della vita e della storia un giacimento di valori che merita di essere esplorato, alla ricerca di una fondazione stabile e sicura di quella ricchezza umana e civile che vi intravedono e li appassiona e li seduce, né più né meno di quanto succede ai credenti.
Purché sia chiaro – senza indulgere a filosofemi astratti che la politica mal sopporta, ma pur chiarendo il significato effettivo e non equivoco che attribuiamo a termini fondativi di una tale prospettiva d’azione – cosa intendiamo, ad esempio, per “persona” e per “dignità” della persona.
Si fa presto a dire “dignità della persona”. Lo dicono tutti, ma cosa intendiamo veramente? “Persona” intesa come quel singolo individuo, unico e irripetibile, che, ontologicamente fondato, esprime la sua originaria e costitutiva vocazione a porsi come “soggetto di relazioni”. Cosicché, muovendo da una identità inalienabile, cresce e si sviluppa, come opera perennemente incompiuta, secondo il sentimento inoppugnabile di quella dimensione trascendente che, lo sappia o meno, lo abita nella sua interiorità più profonda.
“Dignità” della persona intesa come riconoscimento del valore sacro e incontrovertibile di tutto ciò che è semplicemente e autenticamente “umano”, come lo sono l’embrione e il morente. Intesa nel senso in cui, ad esempio, al disabile gravissimo riconosciamo una dignità eccelsa, in un certo senso più evidente nella nudità delle sue attribuzioni funzionali. Eppure, è del tutto privato di quelle attitudini prestazionali secondo cui – assumendo i criteri economici e produttivi del mercato, i profili del prestigio sociale o piuttosto i canoni estetici oggi in voga – misuriamo il valore delle persone.
Purché sia chiaro che va riconosciuto il pluralismo delle opzioni politiche dei credenti, cosicché non si debba pensare a un proselitismo ossessivo orientato a una “unità” politica dei cattolici che, in termini di principio, non è mai esistita, neppure nei momenti della sua maggiore evidenza storica.
Purché sia chiaro che, consapevoli di essere una “minoranza attiva”, non pensiamo a “operazioni di potere”, ma piuttosto a un “compito di verità”.
In questa fase non si tratta di commisurare la bontà dell’iniziativa ad attesi o presunti successi in termini di immediato consenso, bensì di introdurre in un discorso pubblico “slabbrato” almeno qualcuno di quegli “atomi di verità” cui Aldo Moro non intendeva rinunciare per nessun motivo.
Augurandoci che in una società che è sì liquida – ma pur sempre densa, perfino stipata da mille relazioni che si intrecciano in ogni direzione – possano agire come quel pur minimale apporto in più che, aggiunto ad una soluzione satura, induce un processo di cristallizzazione che le conferisce una configurazione strutturata e stabile.
Se almeno queste – come pare, almeno secondo il percorso che “Politica Insieme” va sviluppando da tempo con il concorso prezioso di amici a loro volta in campo con altre insegne – sono condizioni accertate e condivise, si può osare imbarcarsi e avviare la navigazione.
(Tratto da www.politicainsieme.com)
Cito: “classe politica di giovani senza lasciare nulla al revanscismo di esponenti politici già sperimentati”. Come fare ciò? Non possiamo mandare giovani come agnelli in mezzo ai lupi o, se preferite, libere galline tra libere volpi. Non possiamo nemmeno prestarci al riciclaggio dei soliti noti. Una soluzione sarebbe forse che nell’auspicato nuovo partito i seniores avessero un ruolo di saggi, ma non occupassero “poltrone”. Per rendere l’ idea cito come esempio da imitare l’amico qui editorialista Guido Bodrato e altri come lui disponibili a una presenza tanto incisiva quanto lontana da ogni vetrina.
Siamo in una stagione di vuoto assoluto. Di valori innanzitutto. La politica ha lasciato spazio ad una guerra tra bande assolutamente capeggiate da narcisi ossessionati dai “social”. Occorre ricostruire e richiamare all’impegno tutti coloro che hanno passione civile e che ritengono imperdonabile aver accantonato il popolarismo. Abbiamo bisogno di tutti. Urge un appello all’impegno e la voglia di ricostruire insieme un riferimento per i cattolici democratici. Adesso!