Emilio Gentile: 25 luglio 1943



Aldo Novellini    27 Luglio 2019       0

Per la collana le dieci date che hanno fatto la storia d'Italia, lo storico Emilio Gentile, propone 25 luglio 1943 (edizioni Laterza), giorno in cui, dopo venti anni, cadde il fascismo. Una fine determinata dal Gran consiglio, supremo organo del regime, che si pronunciò (19 voti favorevoli, 7 contrari e un'astensione) per l'ordine del giorno redatto da Dino Grandi, con cui si chiedeva al Re di riprendere tutti i poteri, militari e politici, ceduti a suo tempo al Duce. Sappiamo che il pomeriggio successivo alla seduta del Gran consiglio, Vittorio Emanuele III esautorò Mussolini da qualsiasi incarico e nominò capo del governo, Pietro Badoglio, conosciamo meno bene, ed è quello su cui prova a far luce Gentile nel volume, cosa accadde esattamente nella notte del 25 luglio.

L'autore compie un'attenta ricognizione su quello che venne realmente detto, su chi promosse la riunione, sul contrapporsi dei diversi ordini del giorno. Incredibile a dirsi, ma di quella seduta, contrariamente a tutte le precedenti, non esiste alcun verbale. Tutto è dunque affidato agli appunti presi da qualche gerarca, alle ricostruzioni postume, viziate magari dal tentativo di offrire una personale versione dei fatti. Ad esempio, la famosa frase, attribuita a Mussolini, che al termine della seduta avrebbe detto “signori, con questo voto avete provocato la fine del regime” non sarebbe mai stata pronunciata. Nessuno dei gerarchi la riporta nei propri memoriali. Nessuno, tranne Grandi che la inserì nel proprio racconto del 25 luglio, facendogli comodo accreditare come decisiva per le sorti del fascismo la votazione del suo ordine del giorno. Analogamente fece Mussolini che, avendo forse adocchiato il libro di Grandi, confermò la frase nel suo memoriale, “Storia di un anno”, dell'estate del 1944, per mostrare la precisa volontà dei gerarchi di abbattere il regime e poterli così considerare dei traditori, meritevoli della condanna capitale, come era accaduto pochi mesi prima al processo di Verona.

Quella notte, sostiene Gentile, nessuno voleva realmente far cadere il fascismo e, d'altronde, per quale motivo i massimi gerarchi del regime avrebbero dovuto volere la loro stessa fine? Si trattava, semmai, di salvare il salvabile e, per l'appunto, quello era lo scopo della restituzione dei poteri al Re. Questi invece, da tempo, cercava un appiglio per destituire Mussolini e il voto dei gerarchi glielo offrì su un piatto d'argento.


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