Mettiamoci in cammino, insieme



Domenico Galbiati    13 Luglio 2019       1

“Mettiamoci in cammino”. Insieme. Senza primogeniture, senza rivendicazioni o gelosie di ruolo, in modo collegiale, con un sentimento di grande gratuità.

Si può sintetizzare così il senso dell’ appuntamento di Torino organizzato dall’Associazione dei Popolari e che ha visto la partecipazione, oltre noi di Politica Insieme, di altre realtà piemontesi come Monviso in Movimento per il cuneese e Impegno Liberi e Forti di Alessandria, i bresciani dell’Associazione De Gasperi, l’Unione per il Trentino di Dellai, i Popolari per Cesena, collegati con l’Associazione Zaccagnini, e di Rete Bianca.

Mettiamoci in cammino, secondo l’urgenza del momento, come suggerisce Guido Bodrato.

L’ urgenza di mettere in rapporto tra loro esperienze che abbiano in comune la necessità di una interpretazione dell’attuale momento storico diretta ad impedire che si cada in una qualche forma di “democrazia illiberale”.

Per esplorare un territorio che ancora non conosciamo.

Per costruire il futuro; per rifondare una comunità; per affermare la dignità della persona e, a tal fine, la centralità del lavoro; per una nuova stagione dei “liberi e forti”, come ha affermato Alessandro Risso che, come responsabile dell’Associazione dei Popolari piemontesi, ha organizzato l’incontro.

Difficile portare a sintesi in un breve testo la mole di spunti che l’incontro ha offerto nelle relazioni e nel dibattito; a cominciare dal contributo scritto inviato da Renato Balduzzi in ordine al percorso politico-programmatico realizzato ad Alessandria in tema di migranti, attraverso il Consiglio Territoriale per l’Immigrazione; un modello importante di presenza e di azione a tutti gli effetti di carattere espressamente “politico” condotta, dentro la società civile, da componenti significative della stessa società civile ed in raccordo con le istituzioni pubbliche.

Al professor Guasco è stato affidato un compito quanto mai impegnativo: immaginare cosa avrebbe fatto Sturzo in una fase storica, in un contesto politico come l’attuale.

Ha ripercorso, dalla metà degli anni ‘90, l’intera stagione della cosiddetta “seconda repubblica”, riassumendola nel segno di una “grande contraddizione” tra le premesse programmatiche delle origini e gli esiti che ne sono seguiti.

Ha ricordato, in particolare, come Dossetti fin d’allora invitasse a prepararsi per i successivi vent’anni, avendo, evidentemente, compreso, a fronte di una fase storica dell’impegno politico del cattolici-democratici che si chiudeva, come un ripresa della loro presenza dovesse passare dalla paziente e lunga maturazione di una nuova consapevolezza.

Concetto ripreso anche da Giorgio Merlo che ha invocato una presenza unitaria dei territori e dei mondi vitali che fanno riferimento al mondo cattolico, secondo un modello federativo che riconosca a tutti gli attori che intendono concorre a questa nuova stagione di impegno, una piena e riconosciuta cittadinanza ideale, nel segno di una autonomia sostenuta dalla competenza di nuove classi dirigenti.

Un percorso che Lorenzo Dellai ha raffigurato in tre tappe, scandite in un ordine preciso: costruzione di “una” – e solo una, dunque, necessariamente comune e condivisa – comunità politica popolare, dotata di una precisa consapevolezza del proprio ruolo e della propria identità, autonoma; costruzione di una nuova idea di “centro”; solo a questo punto, costruzione di una nuova alleanza per il governo del Paese, chiamando a questa prova leadership effettivamente, radicalmente nuove.

Sapendo che, ad esse compete, anzitutto – come ha ricordato con grande determinazione, ancora una volta, Guido Bodrato – la responsabilità di affrontare a viso aperto, contrastare e combattere il dilagare di una visione autoritaria della democrazia.

La stessa riduzione del numero dei parlamentari ne è un segno.

Va, infatti, nella direzione di un contenimento della democrazia rappresentativa, a favore di una concentrazione del potere, verso forme di democrazia diretta ed illiberale, incline, ad Est, ai modelli putiniano e cinese , a quello trumpiano ad Ovest.


1 Commento

  1. È necessario riaprire il dialogo con le associazioni del laicato cattolico e con le esperienze civiche. È tornato il tempo di riconoscerci reciprocamente. Non c’è politica senza un terreno fertale sul quale attecchire. Il popolarismo ha bisogno di protagonismi coerenti. Buon lavoro!

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