No, non è stata una retata di buonisti come ha erroneamente titolato “Il Giornale”. E nemmeno è, come ha dichiarato il ministro dell’interno Matteo Salvini, il pretesto perfetto per dare “meno soldi per i professionisti dell’accoglienza”.
Al contrario, l’inchiesta “Fake Onlus” della Procura di Milano, che ha portato all’arresto di undici persone con l’accusa di associazione per delinquere, truffa allo Stato e autoriciclaggio è una retata di presunti mafiosi. Ma soprattutto è la spia della vera emergenza italiana connessa al fenomeno dell’immigrazione: non quella degli sbarchi, ma quella dell’accoglienza e dell’integrazione. Un’emergenza aggravata, non risolta, dalle ultime scelte del governo gialloverde. Che ha eliminato i bandi SPRAR, che provavano a conciliare accoglienza e integrazione, lasciando campo libero ai soli bandi delle prefetture. E che, tagliando le risorse a disposizione, sta favorendo le realtà che vincono grazie a offerte al massimo ribasso, talvolta legate a doppio filo alla criminalità organizzata. Come le finte onlus che, stando alle ipotesi degli inquirenti, facevano finta di occuparsi di migranti, mentre invece aiutavano gli affiliati alla ‘ndrangheta – la grande emergenza italiana, ben più di qualche migliaia di migranti – ad uscire di galera.
Partiamo dall’inizio, però. Perché per capire i reati contestati bisogna partire da come funziona il sistema. In assenza di progetti SPRAR, i richiedenti asilo in Italia vengono smistati dalle prefetture, che emettono bandi pubblici finalizzati a scegliere la struttura più adeguata a ospitarli. Si tratta di soluzioni del tutto temporanee, in cui di accoglienza non si parla nemmeno tra le righe, finalizzate a ospitare i migranti fino a che un giudice non confermi o meno il loro status di rifugiati. Vince chi offre di meno, in questi casi. E infatti non sono infrequenti i casi in cui i migranti sono finiti stipati in ruderi senza alcun servizio, ospiti di cooperative sociali che fino al giorno prima si occupavano di edilizia, o magari nemmeno esistevano. Soldi facili, facilissimi. Secondo gli inquirenti, su 7 milioni erogati dallo Stato, le false onlus dell’inchiesta se ne tenevano quattro. E infatti la ’ndrangheta, fiutato il business, ci si è buttata a capofitto.
Altro sarebbe stato se al posto dei bandi delle prefetture ci fossero stati i bandi SPRAR, quelli che il governo ha ridotto ai minimi termini e che solo 2600 comuni su 8000 hanno adottato in Italia, nonostante sia il modo più semplice ed efficace per minimizzare i costi sociali connessi all’arrivo dei migranti e per vigilare su eventuali truffe ai danni dello Stato. Non solo: prevedendo programmi di integrazione attraverso il lavoro, i bandi SPRAR sono l’unica via per evitare che tutto il business dell’accoglienza finisca in mano a realtà interessate solo a fare offerte al ribasso e a fare il massimo dei profitti, sulla pelle di uomini e donne che sono passati dall’inferno. Che è quel che fa la ’ndrangheta, a quanto pare. Che già che c’è, usa quelle false onlus per tirare fuori dal carcere i propri affiliati, attraverso l’assunzione nella cooperativa come pena alternativa, in quanto attività socialmente utile.
Ecco: forse questo un tweet l’avrebbe meritato. Che la ‘ndrangheta non solo è presente al Nord, ma ha trovato modo di far soldi pure nel terzo settore, sulla pelle dei migranti, coi soldi pubblici. Che ormai è potenzialmente ovunque, anche dove non ce l’aspetteremmo mai. E che buona parte del risentimento sociale e della percezione d’insicurezza delle persone deriva anche dall’incapacità di proteggere le politiche sociali dal malaffare. Di questo, i paladini della legalità a tinte gialloverdi – siano essi i leghisti che hanno passato giorni a fare la morale a Carola Rakete, o i Cinque Stelle che fanno la morale a tutti dalla loro fondazione – avrebbero potuto spendere due parole. E invece si preferisce, al solito, fare la guerra ai migranti e stare zitti sulle mafie.
Niente di nuovo sotto il sole.
(Tratto da www.linkiesta.it)
Al contrario, l’inchiesta “Fake Onlus” della Procura di Milano, che ha portato all’arresto di undici persone con l’accusa di associazione per delinquere, truffa allo Stato e autoriciclaggio è una retata di presunti mafiosi. Ma soprattutto è la spia della vera emergenza italiana connessa al fenomeno dell’immigrazione: non quella degli sbarchi, ma quella dell’accoglienza e dell’integrazione. Un’emergenza aggravata, non risolta, dalle ultime scelte del governo gialloverde. Che ha eliminato i bandi SPRAR, che provavano a conciliare accoglienza e integrazione, lasciando campo libero ai soli bandi delle prefetture. E che, tagliando le risorse a disposizione, sta favorendo le realtà che vincono grazie a offerte al massimo ribasso, talvolta legate a doppio filo alla criminalità organizzata. Come le finte onlus che, stando alle ipotesi degli inquirenti, facevano finta di occuparsi di migranti, mentre invece aiutavano gli affiliati alla ‘ndrangheta – la grande emergenza italiana, ben più di qualche migliaia di migranti – ad uscire di galera.
Partiamo dall’inizio, però. Perché per capire i reati contestati bisogna partire da come funziona il sistema. In assenza di progetti SPRAR, i richiedenti asilo in Italia vengono smistati dalle prefetture, che emettono bandi pubblici finalizzati a scegliere la struttura più adeguata a ospitarli. Si tratta di soluzioni del tutto temporanee, in cui di accoglienza non si parla nemmeno tra le righe, finalizzate a ospitare i migranti fino a che un giudice non confermi o meno il loro status di rifugiati. Vince chi offre di meno, in questi casi. E infatti non sono infrequenti i casi in cui i migranti sono finiti stipati in ruderi senza alcun servizio, ospiti di cooperative sociali che fino al giorno prima si occupavano di edilizia, o magari nemmeno esistevano. Soldi facili, facilissimi. Secondo gli inquirenti, su 7 milioni erogati dallo Stato, le false onlus dell’inchiesta se ne tenevano quattro. E infatti la ’ndrangheta, fiutato il business, ci si è buttata a capofitto.
Altro sarebbe stato se al posto dei bandi delle prefetture ci fossero stati i bandi SPRAR, quelli che il governo ha ridotto ai minimi termini e che solo 2600 comuni su 8000 hanno adottato in Italia, nonostante sia il modo più semplice ed efficace per minimizzare i costi sociali connessi all’arrivo dei migranti e per vigilare su eventuali truffe ai danni dello Stato. Non solo: prevedendo programmi di integrazione attraverso il lavoro, i bandi SPRAR sono l’unica via per evitare che tutto il business dell’accoglienza finisca in mano a realtà interessate solo a fare offerte al ribasso e a fare il massimo dei profitti, sulla pelle di uomini e donne che sono passati dall’inferno. Che è quel che fa la ’ndrangheta, a quanto pare. Che già che c’è, usa quelle false onlus per tirare fuori dal carcere i propri affiliati, attraverso l’assunzione nella cooperativa come pena alternativa, in quanto attività socialmente utile.
Ecco: forse questo un tweet l’avrebbe meritato. Che la ‘ndrangheta non solo è presente al Nord, ma ha trovato modo di far soldi pure nel terzo settore, sulla pelle dei migranti, coi soldi pubblici. Che ormai è potenzialmente ovunque, anche dove non ce l’aspetteremmo mai. E che buona parte del risentimento sociale e della percezione d’insicurezza delle persone deriva anche dall’incapacità di proteggere le politiche sociali dal malaffare. Di questo, i paladini della legalità a tinte gialloverdi – siano essi i leghisti che hanno passato giorni a fare la morale a Carola Rakete, o i Cinque Stelle che fanno la morale a tutti dalla loro fondazione – avrebbero potuto spendere due parole. E invece si preferisce, al solito, fare la guerra ai migranti e stare zitti sulle mafie.
Niente di nuovo sotto il sole.
(Tratto da www.linkiesta.it)
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