Domenica 26 maggio, in contemporanea con gli altri Paesi europei, l’Italia ha votato per il Parlamento Europeo. A oltre quarant’anni dalla sua istituzione, l’attenzione dell’opinione pubblica è apparsa progressivamente aumentata. Ciò anche in considerazione delle prerogative del Parlamento europeo, cresciute nel tempo, e delle attese che su di esso si concentrano. Pur nella esistente complementarietà con le altre istituzioni, quali il Consiglio d’Europa e la Commissione Europea, che determinano una certa confusione nei ruoli e nelle decisioni.
Del resto è comprensibile. Il tentativo di unificare Paesi con tradizioni, istituzioni, culture diverse ha sicuramente comportato difficoltà difficili da conciliare. Tali difficoltà apparivano più agevoli quando le grandi famiglie politiche europee, socialisti, democristiani, liberali ecc… esercitavano una maggiore attrazione e capacità di unire i rappresentanti dei singoli Stati. Il parziale indebolimento di questa capacità, unitamente all’ingresso di Paesi prima accorpati, anche se con notevoli resistenze, nell’area del socialismo reale, ha reso più fragile e contendibile l’esistenza delle istituzioni europee. A ciò si è aggiunto il progressivo disinteresse dell’opinione pubblica all’operatività del sistema Europa, e non solo di questo.
In questa trasformazione, più evidente negli ultimi anni, sono sorti partiti e movimenti non omogenei alle grandi famiglie politiche, portatori di interessi frammentati e confliggenti, vagamente aspiranti ad una rigenerazione delle istituzioni, spesso con intenti egoistici e tra loro conflittuali. Risorgono, modificati nel tempo e variamente definiti, sentimenti nazionalistici, il cui superamento era alla base dell’Europa unita. Sentimenti che trovavano moderazione all’interno delle grandi correnti politiche continentali, che hanno svolto un’importante funzione unificatrice e correttiva delle possibili deviazioni riscontrabili nei singoli Stati.
L’emergere di queste rinnovate tensioni nazionalistiche, rende più importante la sfida per il consolidamento dell’Unione europea, e in qualche modo collega la fase attuale a quella costitutiva dell’Unione, sviluppatasi negli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale. Sarebbe veramente una triste evenienza se fossero sconfitte le forze culturali e politiche che hanno condotto all’unificazione europea. Esse verrebbero sostituite da quelle componenti rese marginali nella storia del dopoguerra, risorte ora a nuova vitalità a motivo della crisi economico sociale dell’ultimo decennio.
Serve impegno e lungimiranza per sostenere il ruolo dell’Europa unita, la più grande e meritevole realizzazione del secolo scorso.
Del resto è comprensibile. Il tentativo di unificare Paesi con tradizioni, istituzioni, culture diverse ha sicuramente comportato difficoltà difficili da conciliare. Tali difficoltà apparivano più agevoli quando le grandi famiglie politiche europee, socialisti, democristiani, liberali ecc… esercitavano una maggiore attrazione e capacità di unire i rappresentanti dei singoli Stati. Il parziale indebolimento di questa capacità, unitamente all’ingresso di Paesi prima accorpati, anche se con notevoli resistenze, nell’area del socialismo reale, ha reso più fragile e contendibile l’esistenza delle istituzioni europee. A ciò si è aggiunto il progressivo disinteresse dell’opinione pubblica all’operatività del sistema Europa, e non solo di questo.
In questa trasformazione, più evidente negli ultimi anni, sono sorti partiti e movimenti non omogenei alle grandi famiglie politiche, portatori di interessi frammentati e confliggenti, vagamente aspiranti ad una rigenerazione delle istituzioni, spesso con intenti egoistici e tra loro conflittuali. Risorgono, modificati nel tempo e variamente definiti, sentimenti nazionalistici, il cui superamento era alla base dell’Europa unita. Sentimenti che trovavano moderazione all’interno delle grandi correnti politiche continentali, che hanno svolto un’importante funzione unificatrice e correttiva delle possibili deviazioni riscontrabili nei singoli Stati.
L’emergere di queste rinnovate tensioni nazionalistiche, rende più importante la sfida per il consolidamento dell’Unione europea, e in qualche modo collega la fase attuale a quella costitutiva dell’Unione, sviluppatasi negli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale. Sarebbe veramente una triste evenienza se fossero sconfitte le forze culturali e politiche che hanno condotto all’unificazione europea. Esse verrebbero sostituite da quelle componenti rese marginali nella storia del dopoguerra, risorte ora a nuova vitalità a motivo della crisi economico sociale dell’ultimo decennio.
Serve impegno e lungimiranza per sostenere il ruolo dell’Europa unita, la più grande e meritevole realizzazione del secolo scorso.
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