Polito e il centrosinistra che non c’è più



Giorgio Merlo    18 Giugno 2019       1

Antonio Polito, con la consueta intelligenza e puntualità, ha scritto recentemente sul “Corriere della Sera” un articolo che ha evidenziato la vera crisi del centrosinistra nel nostro Paese. Almeno per chi continua a credere in quella prospettiva. Dice Polito, giustamente, che in Italia non esiste più il centrosinistra. Ma semplicemente esiste solo una sinistra. O meglio, aggiungiamo noi, un partito che coltiva l'obiettivo di essere la voce della sinistra anche se registriamo, misteriosamente, che i suoi principali "testimonial" mediatici sono ancora e sempre l'espressione della cultura elitaria, aristocratica e alto borghese che da tempo fa di questa realtà una semplice "sinistra al caviale" o "dei centri storici ZTL", come viene comunemente definita nel linguaggio contemporaneo.


Ma, al di là di questo dettaglio, quello che vale la pena ricordare è ciò che richiama Polito. E cioè, dov'è oggi la coalizione di centrosinistra? Dove sono le forze politiche, come le definisce con efficacia l'editorialista del Corriere, che esprimono "l'ambientalismo, il liberalismo e il solidarismo cattolico"? In effetti, dopo la stagione della vocazione maggioritaria e della autosufficienza politica ed elettorale del Partito Democratico, assistiamo oggi ad una coalizione dove il PD dovrebbe distribuire le carte di chi copre il fianco destro, chi il fianco sinistro e chi il fianco centrista/cattolico della alleanza di centrosinistra.


È evidente a tutti, credo, e Polito lo ha richiamato con forza, che un progetto del genere non può che relegare la coalizione di centrosinistra a giocare un ruolo del tutto marginale e periferico nella competizione con il centrodestra e la destra. Fuorché si pensi che basti dar vita a un disordinato ed eterogeneo "civismo" – peraltro utile a livello locale ma scarsamente percorribile a livello nazionale – per reggere il confronto.


Ora, se è vero com'è vero, che senza una organizzazione politica di quelle aree culturali è perfettamente inutile continuare a blaterare di coalizione di centrosinistra, credo sia importante – almeno per noi, per la nostra cultura e per ciò che rappresentiamo nella vasta e variegata periferia italiana – iniziare un percorso di riorganizzazione politica e organizzativa. Lo diciamo da molto tempo e siamo anche perfettamente consapevoli che la tentazione identitaria non è più praticabile. O meglio, è una strada quasi scientificamente perdente come le ultime e ripetute consultazioni elettorali hanno ampiamente confermato.


Ma la costruzione di una forza di "centro" plurale, cattolica e laica, di governo e riformista, costituzionale e democratica, esterna ed estranea alla logica e alla cultura della radicalizzazione e dell'annientamento degli avversari politici perseguita tanto dalla destra quanto della sinistra, diventa quasi un imperativo etico oltre che un dovere politico.


Perché Polito ha semplicemente ragione. Se nel resto dell'Europa le forze riconducibili all'ambientalismo, al liberalismo e al solidarismo cattolico ci sono e sono organizzate politicamente, non si capisce il perché in Italia tutto ciò non debba esistere. O non debba più esistere. La vocazione maggioritaria è consegnata alla storia come è singolare e grottesco pensare di pianificare dall'alto la composizione di un'alleanza.


Occorre attrezzarsi. Altrimenti, come fa capire lo stesso Polito pur senza dirlo, si corre il rischio concreto di essere complici di questa ormai insopportabile anomalia tutta italiana.




1 Commento

  1. Sono tornato da qualche giorno a Messina, da Caltagirone, ove si è svolto un Convegno internazionale dal 14 al 16 u.s. per il Centenario dell’Appello di Don Luigi Sturzo.
    L’analisi di Polito è pienamente da condividere. Ed è da tempo che mi affanno, insieme ad amici, di operare in tal senso.E’ una assoluto obbligo da parte dei cattolici (di carità politica, con le parole di Don Luigi), unitamente a tutti coloro di buona volontà che interpretano laicamente i valori etici del cristianesimo, prendersi sulle spalle la propria parte di carico di responsabilità. Il contrario lo interpreto come assoluta viltà davanti agli uomini e davanti a Dio – e lunga è l’elencazione dei peccati legati alla viltà. E’ davanti agli occhi di tutti, non per mera opportunità da cogliere per trovarsi spazio e potere da gestire, la possibilità di svolgere un ruolo insostituibile nell’area storicamente appartenente ai valori del liberalismo, della solidarismo cattolico, della socialdemocrazia, dell’ambientalismo salutista non salottiero, …. Forse con le parole del papa Francesco potremmo chiamarlo dell’area dell’ecologismo umano che supera le tante divisioni e unisce gli uomini che amano veramente gli uomini oltre ogni limite, di appartenenza e confine, di confessione, razza e condizione. Mi sembra oggi abbondantemente superato il dogma dell’obbligo dell’astensionismo dei cattolici dal potersi ritrovare in un luogo comune per il dovere imposto (da chi?), per non più svolgere il ruolo di utili idioti. Credo che questo ruolo, o condizione, o scelta, di essere utili idioti rientri in una fattispecie di peccato, di cui mi è difficile definirne il nome. Forse l’accidia, ma forse anche la superbia, Certamente il peccato generale dell’omissione è quello che li comprende tutti. Quand’ero piccolo, in età di catechismo, un padre domenicano mi spiegò che la gravità degli atti di omissione non fosse meno grave degli atti impuri. Quando questi si consideravano atti contro l’integrità sessale della persona. Mi diede una spiegazione così semplice che ancora oggi la ricordo. L’atto impuro, mi diceva è anche quello di non preoccuparsi se il cestino del tuo compagnetto di banco è vuoto. E cioè mi spiegava che l’atto di omissione, di non preoccuparmi dell’eventuale fame del mio compagnetto, era un atto impuro. Perchè per essere puri bisogna esserlo tutti. Dell’impurità, nella vita, di uno siamo responsabili tutti. Questo concetto, grazie al mio domenicano, questo l’ho capito e mi è stato facile capire, un po’ più grandetto, pure Don Sturzo che ha fatto da sacerdote appieno il suo dovere in politica (da santo cristiano una santa politica). E da grandetto ho capito che commettere atti impuri significa consentire ad altri di agire irresponsabilmente, cioè guardando fare e non agire al contrario. Credo che sia trascorso molto tempo e molti atti impuri sono stati commessi anche per colpa dei cattolici, cosiddetti utili idioti. Per cui è il tempo giusto di rimboccarsi le maniche ed agire. Ogni minuto che passa significa lasciare nel mare aperto poveri sventurati, fare morire di fame gente che non ha colpa, fare spendere allo Stato fiumi di denaro irresponsabilmente,lasciare marcire nelle carceri poveri derelitti per anni ed anni senza avere la giusta condanna, obbligare centinaia di migliaia di ragazzi partire dalle loro terre meridionali in cerca di lavoro per non avere fatto della questione meridionale un problema europeo, determinando uno sconquasso antropologico in un territorio destinato a svendere ogni cosa all’interno di un gigantesco processo di desertificazione umano in corso, facilitando lo sviluppo di un malessere sociale impressionante in cui le malevite di ogni genere, distribuite in ogni angolo del Paese mietono vittime di ogni tipo, nascoste e camuffate e sotterrate da pretesi indici di qualità (Pil regionali) della vita di stampo continentale. Le separazioni,i divorzi crescenti, gli abbandoni, le solitudini, la quantità di persone che aumenta a dismisura che possono completare la loro vita solo nelle case di riposo per anziani, ed innumerevoli altri drammatici problemi, non può lasciarci indifferenti. Così come non possono lasciarci indifferenti tutti i problemi che stanno a sud dell’Italia, così come ad est, ed anche ovest e a nord. Sono anche quelli i nostri problemi. Ma ci sono le opportunità da cogliere, utilizzare ed impreziosire; perchè no! E la politica può e deve fare questo. E’ il tempo di prendersi le responsabilità. E’ un peccato, veramente un peccato, lasciare la responsabilità della direzione politica del Paese nelle mani di persone non qualificate e abilitarle ad agire e decidere per conto di tutti, quando queste non hanno le doti morali, competenziali, e la capacità rappresentativa necessaria per svolgere quel ruolo. E’ mia assoluta convinzione che quando si perde si perde in due e quando si vince si vince in due. Finora, se hanno governato, e da decenni, leaders senza popolo dietro, hanno perso i leaders ed il popolo. Oggi è tempo che vinca il popolo con i leaders espressi dal popolo. Per vincere e perdere è da intendere vincere le partite della giustizia, della sicurezza, del lavoro, dell’istruzione, del benessere, della salute, della serenità e unità della famiglia, della possibilità di programmare il futuro, di evitare l’emigrazione e assicurare il più possibile anche a chi è fuori dell’Italia un po’ di pace e benessere, ecc.. Questo è vincere secondo me. Perdere è l’esatto contrario.

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